Voto in Senato va in archivio. La vera sfida tra Conte e Renzi comincia ora. E solo uno di loro due resterà in piedi.

Data: gennaio 19, 2021

In: TOP, COSTUME E SOCIETà,

Visto: 2021

di Stefano Fabbri – Finita la breve stagione dei numeri di favorevoli, contrari e astenuti, calata l’adrenalina da aula parlamentare, la vera sfida per il governo (e per i suoi detrattori) in realtà comincia ora: dopo il voto del Senato. Certo, i numeri hanno un loro significato. A conclusione di una giornata in cui tutti li hanno dati, i numeri (ed in tutti i sensi), segnata da voci, rumors, piccoli e grandi inganni, posizionamenti e riposizionamenti, nella quale non è mancato neanche il colpo di scena del senatore ritardatario al voto, il governo ha ottenuto la fiducia con 156 sì a fronte di 140 no e di 16 astensioni. La soglia dei 161 voti favorevoli non è stata neanche inseguita: 161 è  la metà più uno dei componenti del Senato con tutti presenti. 

Senato della Repubblica Italiana

In pratica una chimera: basta un raffreddore, la laurea del figlio, un ritardo del treno o più drammaticamente, come è accaduto, un senatore malato di Covid perché il plenum non sia a posti esauriti. Poi, volendo, sui numeri qualche riflessione del tutto accademica si può anche fare. Ad esempio se si fosse votato con il vecchio regolamento del Senato secondo il quale
i voti di astensione andavano sommati a quelli contrari si avrebbe avuto una perfetta parità. E’ accademia, appunto. Che potrebbe far pensare però che la mossa di Matteo Renzi di rifugiarsi con i suoi nel limbo dell’astensione conduca verso una conclamata e concreta ininfluenza sulle sorti del governo presieduto da Giuseppe Conte. Ma la partita è appena cominciata. Di sicuro c’è che in questa roulette russa solo uno dei due resterà in piedi. Il problema è solo quando. Conte ha fallito il suo tentativo di allargare la maggioranza Leu, Pd, M5s ? Presto per dirlo. Il processo di rafforzamento della sua maggioranza, se avrà successo, potrà essere misurato solo tra qualche settimana, con appoggi a scoppio ritardato, una volta spenti i riflettori sul voto di fiducia. Renzi ha sbagliato a non dare una spallata votando no? Era una strada sbarrata: il suo gruppo non sarebbe riuscito a tenere l’unità interna con uno strappo così forte. Dunque, come succede con i gatti quando litigano, siamo ancora ai soffi e alle grida da raccapriccio, al rizzare il pelo e guardarsi di traverso. Poi parte la zuffa ed i contendenti felini tornano sulle proprie posizioni come se niente fosse in attesa del prossimo scontro. O incontro, dipende. E’ tuttavia molto probabile che la linea tracciata da Conte e che esclude Renzi per manifesta inaffidabilità sarà difficilmente cancellata e potrebbe essere solo oltrepassata da qualche singolo parlamentare renziano che decida di saltarla per rafforzare la maggioranza. Improbabile, al momento che accada il contrario. Ma lo scenario che si apre sarà di tipo “vietnamita”: imboscate improvvise nella giungla parlamentare, mimetismi da vietcong e assalti a sorpresa senza esclusione di colpi. Lo stesso leader di Italia Viva nelle sue dichiarazioni prima del voto lo ha fatto capire: la composizione
delle commissioni parlamentari, uno dei gangli fondamentali della formazione dei provvedimenti da approvare, potrebbe non sempre riflettere quella della maggioranza. Rendendo così accidentato il percorso del governo. Ma questa guerriglia sarebbe capita da un Paese che attende come il pane, e non è un modo di dire, l’approvazione di misure
che contribuiscano a mitigare gli effetti della pandemia Covid?

Corona Virus - Covid 19
Covid – 19

Lo stesso Paese che non ha capito la natura di questa crisi, reputandola inspiegabile, perché sia stata provocata con uno strappo spesso con motivazioni, magari importanti, ma che non hanno grande attinenza con i compititi urgenti di questa fase. Strappo che Renzi ora tenta di rammendare evocando la disponibilità ad un governo di unità nazionale, “ma senza la destra”, dunque più o meno quello che c’era prima che il Rottamatore provocasse la crisi. Probabilissimo è che il passo di Renzi sia stato suggerito dal desiderio di contare di più sulla decisione di impiego degli oltre 200 miliardi del Recovery Fund, ma c’è sicuramente altro. Ad esempio il rischio percepito dal capo di Iv che un presidente del Consiglio al quale i sondaggi attribuiscono oltre il 50% di gradimento possa indurre Conte a formare una propria forza politica capace di occupare uno spazio centrista che l’arrancante Italia Viva cerca da tempo di conquistare senza schiodarsi da uno scarso 3% di voti potenziali attribuito dagli stessi sondaggi. Uno spazio sul quale si è registrato anche un certo interesse del mondo cattolico e delle sue gerarchie. Per questo la sfida tra Renzi e Conte non è ancora finita e per questo, necessariamente, alla fine solo uno di loro due resterà in piedi.

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