Vauro: la satira italiana

– di Gianmarco Caselli –

Vauro, in arte Vauro Senesi: un nome che va in parallelo con la storia della satira italiana, fondatore della storica rivista “Il Male”, direttore di “Boxer” e collaboratore di tante altre, nonché volto noto televisivo in trasmissioni come Anno Zero e Servizio Pubblico. Un nome che ha fatto la satira italiana e al quale, per questo, è stato conferito il Premio Lucca Underground Festival 2018, già conferito quest’anno anche a Massimo Zamboni. Vauro durante la serata a lui dedicata non si risparmia in attacchi contro tutto e tutti, anche contro il partito di cui rivendica la paternità: il PCCM (Partito Comunista dei Cazzi Miei) che vede un solo presidente, un solo segretario e un solo iscritto: lui. Ovviamente, essendo un partito di sinistra, riesce comunque ad avere due correnti interne.

In occasione della premiazione Vauro ha rilasciato un’intervista per noi.

Nel suo attaccare i politici di ogni parte, ha mai avuto paura di eventuali conseguenze?

No. Mai. Il che non significa che non ci siano e non continuino ad esserci conseguenze di ogni tipo: da pressioni perché io venga allontanato da reti televisive, trasmissioni o testate giornalistiche. Credo che il record di denunce che mi sono state fatte ce l’abbia Salvini.

Come è nato IL MALE? Per caso? Per gioco?

Il padre del vecchio male è Pino Zac, un carissimo vignettista satirico che lavorava anche su Paese Sera. Fondò “Quaderno del sale”, rivista editata da un personaggio che aveva varie società fra cui una di lavatrici. Gli serviva una società in perdita per mascherare i bilanci. E fece questo “Quaderno del sale”. Il giornale però ebbe successo, quindi non aveva bilanci in rosso. La redazione di conseguenza venne chiusa da un giorno all’altro. In redazione eravamo stati presi a lavorare anche io e Vincino. Un giorno così arrivammo in redazione e trovammo la porta chiusa. Chiamammo i carabinieri che sfondarono la porta. Trovammo la redazione completamente vuota. Capimmo e allora la occupammo. Credo sia stata la prima occupazione facilitata dalle forze dell’ordine. A quel punto decidemmo di fare un giornale da soli. Il distributore era Parrini che ci anticipò i soldi. Voleva che il nuovo giornale avesse un nome simile a quello appena chiuso, così lo chiamammo Il Male.

Pensando a Charlie Hebdo, deve esserci un limite alla satira?

Il limite è quello che la satira deve superare. La satira nasce per travalicare i limiti. Ci fosse un limite invalicabile non ci sarebbe la satira.

Da giornalista, come vede la situazione dell’informazione nel nostro paese?

Vedo una situazione di pesantissimo conformismo. Ci sono pochissime inchieste. Buona parte dell’informazione in qualche modo si adatta al potere del momento. Infatti non capisco le strilla che arrivano dai 5 Stelle che volevano, anche prima delle elezioni, interviste con inconsistenza di contraddittorio. “Puttane” si può anche gridare, ma da che pulpito viene questa offesa.

Quanto ne ha risentito la satira italiana dei cambiamenti politici degli ultimi anni?

La satira è un termometro della politica in cui la colonnina di mercurio tende a salire molto. Risente di ogni cambiamento politico. Mi fa venire la febbre immediatamente. In realtà siamo in una situazione gattopardesca, tutto cambia perché niente cambi. Sta accadendo questo: si fanno grandi dichiarazioni ma nella sostanza non c’è un cambiamento percettibile. Anche le scene di questo governo sono degne della Prima Repubblica fra i due contraenti del contratto.

Da poco è scomparso il suo compagno di viaggio: Vincino

Quando se ne è andato ho disegnato una vignetta in cui ho scritto: “Abbiamo disegnato insieme grandi mostri, mi lasci solo con i mostriciattoli”. Non sono degne le stature dei personaggi dei politici di adesso: nella Prima Repubblica avevamo grandissimi mascalzoni, ma almeno erano grandissimi.

Come è cambiata la satira con i social network?

Nei social network ci si trova tutto e il contrario di tutto. Troppo spesso gli utenti dei social gridano lo slogan che uno vale uno. Tutti sembrano essere esperti di tutto. E così vediamo spuntare anche esperti di satira. A volte qualcuno tira fuori – e pubblica – qualcosa che funziona. E gli autori dei post sono felicissimi perché arrivano i like. La satira, quella vera, è nemica dei like.

Quando è quindi che funziona la satira, che si capisce che è vera satira?

Quando suscita reazioni di sdegno, indignazione, incazzatura.

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