– di Claudia Porrello-
The Dressmaker – Il diavolo è tornato è stato proiettato in anteprima nazionale durante il Torino Film Festival, all’interno della sezione Festa Mobile, fuori concorso. Il film, già presentato al Toronto Film Festival, vede protagonista il Premio Oscar Kate Winslet e sarà distribuito nelle sale italiane nel 2016, il prossimo 28 aprile, con Eagle Pictures.
Tratto dall’omonimo romanzo best-seller di Rosalie Ham, The Dressmaker è ambientato interamente in Australia, nello stato di Victoria, nel 1950, ed è diretto dalla regista australiana Jocelyn Moorhouse. Il film, titolare di 12 nominations agli AACTA Awards, è appena uscito in Australia con un notevole successo di pubblico e critica, un incasso e da record. Una pellicola tutta al femminile, dall’autrice del romanzo, alla regista, alla protagonista Premio Oscar. La Winslet interpreta il magnetico personaggio di Tilly Dunnage, affascinante e talentuosa sarta e creatrice di moda che, dopo anni trascorsi in diversi atelier di moda d’Europa, torna nella sua città natale per stare accanto a Molly, l’eccentrica madre (interpretata dall’attrice candidata all’Oscar Judy Davis. Tilly si innamora di Teddy (Liam Hemsworth), uomo dall’animo puro e sincero e, armata di ago e filo e grande esperienza, trasforma le donne dell’angusta Dungatar, infliggendo una sottile vendetta ai suoi detrattori. Da bambina Tilly era stata accusata di omicidio e per questo cacciata.
The Dressmaker è una pellicola drammatico che sa di commedia o viceversa, in cui la tragicità degli eventi narrati viene sapientemente dissacrata grazie ad una sceneggiatura brillante, cucita addosso al grande talento dei protagonisti. Gli attori sono perfettamente assortiti nei loro ruoli intrisi di apparenze celate o ostentate: pedine e insieme parti attive di una vita di paese bigotta ed opprimente. The Dressmaker è un’intelligente metafora di quanto le malelingue possano condizionare la vita delle persone: in una realtà in cui le apparenze sono tutto, a Tilly non resta che combattere i suoi nemici sfruttando le loro stesse debolezze, irretendo i responsabili della sua rovina col fascino irresistibile dell’apparire belli ed in forma smagliante grazie ad un abito capace di farli sentire non più se stessi ma chi desiderano essere. Tilly, invece, non vuole altro che riappropriarsi della propria identità e del proprio rapporto con una madre che ha fatto dell’oblio un’arma per non cedere alla disperazione, vittima anche lei di una piccola e torbida società di falsi perbenisti, costretti dalla scaltrezza di Tilly a liberare l’armadio dagli scheletri per fare posto ai loro nuovi sfavillanti abiti…
Kate Winslet dimostra ancora una volta la sua impeccabile padronanza della scena, costruendo un personaggio carismatico e torbidamente seducente, una donna maledetta dalla pochezza dei suoi concittadini, che sconta la pena di una falsa identità alla quale finisce, suo malgrado, per aderire. La regia, elegante e di grande impatto scenico, completa il sontuoso quadro dell’opera della Moorhouse e, insieme alle splendide interpretazioni attoriali e alla ricca sfilata di oltre 350 abiti, ha il merito dell’ottima riuscita del film. L’Australia è dipinta come il West, e vista attraverso un paesino derelitto e minuscolo nel pieno del deserto della vita e del conformismo degli anni ‘50, teatro di un’epica vendetta.
Fin dall’inizio, da quando la Tilly di Kate Winslet si presenta in scena con un grand’abito che stona terribilmente con la natura selvaggia e i paesani “bastardi” che la circondano, è chiaro che questo è un film in cui un singolo si erge a nuova autorità morale, in cui si combatte per un principio e una visione di mondo. Nel western la necessaria presa di posizione, la conversione etica di una comunità o anche solo il suo piccino ostinarsi su pregiudizi e vigliaccherie, è lo stimolo all’eroismo. Ed eroina è Tilly che con le sue forze intende rimettere tutto a posto e capire cosa sia successo davvero quando fu accusata di omicidio, perché lei pare non essere più in grado di ricordarlo.
Necessariamente pieno di humour ma anche duro, The Dressmaker ha davvero il piglio migliore per quasi tutta la sua durata. Jocelyn Moorhouse ha saputo ideare una commedia intelligente con un bersaglio molto facile e molto grande, cioè l’ottusità di una comunità bigotta, contemporaneamente sedotta dalla modernità dei vestiti di Tilly; tiene fermo l’obiettivo del western ma ci arriva con la commedia sentimentale.
Un’ottima prova, che si spera sia vista e apprezzata dal pubblico italiano tutto.