OSCAR 2016-László Nemes stupisce Cannes. Sulle orme di Béla Tarr

VINCITORE OSCAR 2016 MIGLIORE FILM STRANIERO

di Andrea Chimento

ll regista esordiente ha stupito tutti al Festival di Cannes con Son of Saul, la sua opera prima che ha conquistato il Grand Prix della Giuria

In molti si sono sentiti cinematograficamente orfani quando Béla Tarr, uno dei più grandi maestri della storia della settima arte, ha annunciato il ritiro dopo l’uscita de Il cavallo di Torino nel 2011. Regista ungherese nato nel 1955, Tarr ha inanellato una serie di capolavori tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo: basti pensare al torrenziale Satantango (1994, sette ore di durata), all’apocalittico e memorabile Le armonie di Werckmeister (2000) o al cupo L’uomo di Londra (2007), ispirato a Simenon.

Tra gli ultimi eredi di un cinema pensato per “scolpire il tempo” (giusto per citare Andrej Tarkovskij, uno dei suoi maestri), Tarr ha lasciato nel mondo della settima arte un vuoto impossibile da colmare.

Per questi motivi, è stato ancor più emozionante ascoltare e leggere il suo nome durante l’annuncio del programma del 68° Festival di Cannes, conclusosi con la vittoria del francese Dheepan di Jacques Audiard.

Tra tanti nomi celebri (da Nanni Moretti a Jia Zhang-ke), il direttore della kermesse Thierry Frémaux ha annunciato in concorso un certo László Nemes, sconosciuto esordiente ungherese che avrebbe presentato la sua opera prima, Son of Saul.

Son of SaulLa sorpresa, però, si è presto trasformata in speranza quando si è scoperto che Nemes era stato proprio assistente di Béla Tarr, ne L’uomo di Londra, prima di aver diretto alcuni cortometraggi.

La speranza si è poi trasformata in meraviglia di fronte a una delle pellicole più intense, sentite e originali degli ultimi anni.

Nonostante l’ambientazione già più volte mostrata sul grande schermo (Auschwitz, nel 1944), Nemes è miracolosamente riuscito a dare un tocco nuovo al suo lavoro.

Già, perché Son of Saul è un film in cui il contesto (seppur esplicito) è lasciato sempre fuori fuoco e fuori campo per seguire da vicino le gesta e le espressioni del protagonista, un ebreo ungherese costretto ad aiutare i nazisti nei loro propositi di sterminio. Non serve mostrarci un realtà che già abbiamo visto, che già conosciamo bene: attraverso un uso a mano della cinepresa e dei lunghi piani-sequenza, Nemes costruisce un’opera che ci proietta all’interno di un contesto drammatico, dove ammiriamo soltanto il profilo della figura di cui siamo portati a prendere il punto di vista.

Una figura che, alla ricerca di un affetto e di un ultimo bagliore di un’umanità ormai scomparsa, si autoconvince che il piccolo cadavere che si trova davanti è quello di suo figlio. Così si dà ancora un obiettivo nella vita: dargli degna sepoltura.

Debordante seppur concentrato solo sul personaggio che si trova al centro del quadro, il film punta molto su un notevole apparato sonoro capace di creare immagini attraverso i rumori, le esplosioni, il respiro.

Un’opera impressionante, soprattutto se si pensa che si sta parlando di un esordio; matura e meritatamente premiata sulla Croisette con il Grand Prix della Giuria.

Nemes, a soli 38 anni, è già un “autore” con cui dover fare i conti, che ha un suo stile personale, completamente diverso da quello del suo mentore: non fatevi ingannare dall’ uso dei long take, Nemes non vuole giocare di maniera imitando Tarr, usa il colore (a differenza di tutte le ultime opere del Maestro) e porta avanti riflessioni di altra natura.

Tarr racconta l’approssimarsi inevitabile dell’Apocalisse tramite metafore e allegorie; Nemes un universo realistico e storico in cui l’Apocalisse (paradossalmente) è già venuta. Nonostante le differenze, il respiro cinematografico, però, è (quasi) lo stesso. Che venga proprio dall’Ungheria il regista che, nei prossimi anni, riuscirà a riempire quel vuoto lasciato dall’ autore de Le armonie di Werckmeister?

 

Nell’articolo alcune immagini dal film

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One Response to OSCAR 2016-László Nemes stupisce Cannes. Sulle orme di Béla Tarr

  1. Valeria Ronzani Valeria Ronzani ha detto:

    Grazie Andrea, una recensione impeccabile e davvero illuminante