-di Claudia Porrello-
“Le nostre voci spiegano le ali, per garantire ai tuoi desideri un milione di cose belle. Tutti i dispiaceri, tutti i problemi e tristezza svaniranno all’interno della luce dell’amore…” [dalla colonna sonora del film]
Dei film Premi Oscar 2017 quali Moonlight, La La Land, Il cliente, Manchester by the Sea e non solo, si è parlato, visto e letto più che a sufficienza, così come dell’imbarazzante gaffe di fine cerimonia per cui verrà ricordata l’89° edizione della notte cinematografica più glamour dell’anno. Che altre piacevoli sorprese ci hanno riservato invece le pellicole vincitrici delle cosiddette “categorie secondarie” e meno inflazionate a livello mediatico? Una tra queste è l’ungherese Sing, di Kristóf Deák ambientato nella Budapest del ’91, che si è portato a casa l’Academy Award per il miglior cortometraggio, come “Best Live Action Short Film”. Gli altri 4 candidati di questa edizione erano Ennemis Intérieurs (Francia), La Femme et la TGV (Francia / Svizzera), Silent Nights (Danimarca) e Timecode (Spagna), accomunati tra loro per aver trattato – come ha ricordato l’attrice Salma Hayek durante la premiazione – “argomenti profondamente rilevanti e ancorati alla realtà contemporanea, come la separazione e l’integrazione”.

Dorka Gáspárfalv in una scena del film
Sing – il cui titolo originale in lingua ungherese è Mindenki (“tutti”) – parla proprio di integrazione e racconta la storia di Zsófi, una bambina dai lunghi capelli biondi che sta cercando di inserirsi nella sua nuova scuola, pur tra i piccoli dispetti dei compagni di classe. La possibilità di entrare a far parte del famoso coro di voci bianche, per cui l’istituto scolastico è rinomato in tutta l’Ungheria, rappresenta per lei una grande opportunità. Zsófi inizia questa esperienza con grande entusiasmo, ma scopre molto presto l’oscuro segreto che si cela dietro la fama del coro diretto da un’insegnante dal doppio volto. La Maestra Erika è una donna dagli occhi glaciali e severi che, nascondendosi dietro l’immagine dell’insegnante perfetta, sa bene come circuire i suoi alunni, umiliarli e ricattarli, al solo scopo di non minacciare ma incrementare il proprio prestigio personale, non certo quello del suo coro, che vuole mantenga il primato di migliore del Paese. Seguendo il suo perverso ragionamento intimerà a Zsófi – che ha sì una bella voce ma non eccezionale – di non cantare a voce alta, ma di mimare le parole come se cantasse realmente, cosa che la piccola inizierà a fare durante le prove che precedono un’importante competizione canora. L’accaduto porterà la bambina a rattristarsi, vergognarsi e credere di aver qualcosa in meno rispetto agli altri, fino a che non racconterà del colloquio con l’insegnante all’amichetta Liza (altra protagonista del film), una delle voci più angeliche del coro. Liza scoprirà che sono parecchi i bambini a far soltanto finta di cantare, e la situazione porterà “tutti” i membri del coro – come cita il titolo originale del film – a coalizzarsi tra di loro e ideare un piano per far valere la propria “voce” contro ciò che non è giusto, a difesa del propria dignità e dell’amore per la musica.
“La vita sulla terra è una grande avventura, periodi belli si alternano a periodi brutti. Continuiamo a cantare, continuiamo a ridere e lasciamo da parte i problemi! Questo mondo appartiene ai coraggiosi, solo loro troveranno la gioia” [dalla colonna sonora del film]

Una scena del film
Ispirandosi alla storia vera che gli fu raccontata da un amico, il regista Kristóf Deák – classe 1982, collaboratore di Spielberg in Munich e noto in Ungheria per aver diretto parte della serie tv Hacktion – scrive e dirige questo piccolo successo della durata di 25 minuti che ha i bambini come fonte d’ispirazione e assoluti protagonisti. E’ a loro che Deák ha dedicato il premio ricevendo la statuetta, definendoli “le uniche persone che possono rendere il mondo un posto migliore per noi”. Le debuttanti Dorka Gáspárfalvi e Dorottya Hais sono state scelte per i ruoli di Zsófi e Liza tra più di 80 bambine, mentre il coro, realmente tale, è quello della scuola elementare musicale di Bakáts Tér. Sono diversi i Paesi che hanno ospitato Sing in concorso a vari festival prima che rientrasse nella cinquina dell’Academy, come Stati Uniti, Canada, Giappone, Germania, Francia, Spagna e altri ancora. La ragione per cui in tutti, il messaggio del film sia stato percepito con la stessa calorosa accoglienza – ha affermato il regista – è da ricercare nelle tematiche universali che affronta, tra queste il sacrificare qualcosa per far parte di un gruppo, la corruzione, l’accettazione di compromessi necessari durante la crescita e la mancanza di empatia tra grandi e i bambini.
In questo dramma infantile è forte e chiara la volontà di mettere sotto accusa la prevaricazione degli adulti nei confronti dei più piccoli, una grave forma di bullismo se vogliamo, esercitata sui più deboli all’interno di un ambiente educativo, e messa in atto con il comportamento – di contro – antieducativo di un personaggio a cui l’educazione stessa, attraverso l’arte della musica, sarebbe affidata in modo ancor più urgente. Soffermandosi sulla figura negativa della temuta insegnante – interpretata dall’attrice Zsófia Szamosi – priva di ogni principio di moralità, a guardarla si potrebbe quasi paragonarla a una SS dentro un lager, a cui non è permessa violenza fisica ma solo psicologica: con la parola, che diventa mortificazione, con lo sguardo, che fa da contraltare agli sguardi d’intesa e d’amicizia che si scambiano tra loro i giovani cantanti. Di fronte a tale ingiustizia e alla scelta se sfidare la corruzione del sistema o adattarsi allo stesso, l’unione farà la forza e le piccole vittime del sopruso / abuso subito, ripagheranno la loro aguzzina con la stessa moneta, punendola con il loro silenzio che per loro rappresenta un inno alla libertà, urlata a gran voce.
“Una parabola di ribellione contro l’ingiusto e la corruzione dell’autorità” [New York Times]

Zsófia Szamosi in una scena del film
Sing è diretto magistralmente, ed è capace di mostrare al suo spettatore l’alternanza tra la dimensione individuale – di Zsófi e della sua crescita personale in un contesto dapprima estraneo – e quella collettiva – rappresentata dalle scene in cui è il canto delle voci bianche a dominare tutto. Il filo conduttore musicale armonizza tra loro le varie parti del film che conducono l’una dopo l’altra al significativo finale, alla “resa dei conti”, come un fiume in piena. L’espressività dei giovanissimi attori – delle due protagonista in particolare – dà alla narrazione quel tono di dolcezza complice del coinvolgimento emotivo del pubblico, che non potrà far altro che apprezzare questa piccola grande storia dedicata al mondo dell’infanzia, amara e gioiosa insieme.
Anche quest’anno l’Ungheria si è dunque aggiudicata un Oscar. La vittoria di Sing segue infatti quella de Il figlio di Saul di László Nemes premiato la scorsa edizione come Miglior Film Straniero. La precedente nomination nella storia del Paese l’aveva ottenuta nel 1964 il cortometraggio Koncert, di István Szabóche. La casa di produzione di Sing, Meteor Film, ha affidato la distribuzione festivaliera del cortometraggio in Italia alla Prem1ere Film, società barese che da anni è impegnata nella realizzazione e promozione di cortometraggi di qualità, decretando così la prima volta in cui una realtà cinematografica italiana viene incaricata della diffusione di un corto vincitore del Premio Oscar.