-di Andrea Chimento- OMAGGIO A INGRID BERGMAN ULTIMA PUNTATA
Chi non ha mai avuto il dubbio che Ingrid e Ingmar Bergman fossero imparentati? Normale pensarci, soprattutto considerando che si tratta di due dei massimi rappresentanti di un’intera cinematografia nazionale.
Il regista e l’attrice svedese non sono consanguinei, e le loro carriere sono procedute parallelamente senza (quasi) mai incrociarsi.
Se la diva, con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, iniziò a lavorare negli Stati Uniti, l’autore stava ancora imparando, preparandosi a dirigere il suo primo lungometraggio proprio dopo il termine del conflitto (sarà Crisi, del 1946, la sua opera prima).
Mentre la filmografia di Ingrid passava dalle mani di Hitchock a quelle di Rossellini, tra Hollywood e cinema europeo d’autore, quella di Ingmar procedeva a spron battuto a suon di capolavori come Il settimo sigillo, Il posto delle fragole, Persona e tanti altri, ma sempre rimanendo a lavorare in patria.
Gli anni Settanta, per Ingrid Bergman, rappresentano l’ultima fase della sua vita artistica e sono contrassegnati da tre film importanti: i primi due sono Assassinio sull’Orient Express di Sidney Lumet e Nina di Vincente Minnelli, il terzo Sinfonia d’autunno di un certo Ingmar Bergman.
Il primo incontro della sua carriera con il maestro omonimo avvenne quindi soltanto all’età di sessantatré anni, alla sua ultima prova per il grande schermo.
Convergenza curiosa, e un bel po’ malinconica, che ha dato vita a una pellicola per molti versi testamentaria per l’attrice, ma anche per il regista che proseguirà, però, a dirigere altri lungometraggi memorabili, come Fanny e Alexander (1982) e Sarabanda (2003).
Datato 1978, il film vede come protagonista Eva, donna che vive insieme al marito Viktor in un villaggio tra i fiordi della Norvegia. Eva non ha mai rinnegato la fede, nonostante abbia perso suo figlio prima che compisse quattro anni; da diverso tempo, inoltre, si occupa della sorella handicappata Helena, che la madre aveva relegato in una casa di cura. Ed è proprio la madre Charlotte, famosa pianista che ha da poco tempo perso il compagno, a venir invitata a casa di Eva per una vacanza: le due non si vedevano da ben sette anni.
È una sorta di monologo alternato, Sinfonia d’autunno, pellicola che scava nella psiche femminile e mette a confronto due generazioni di donne legate dal sangue ma diverse nel modo di vedere la vita.
Un confronto/scontro che verte su religione, parentele, filosofia ed esistenza, in cui Ingrid Bergman (Charlotte) si trova di fronte l’altrettanto straordinaria Liv Ullmann.
Ingrid è perfettamente a suo agio in un ruolo non semplice, sembra non essersene mai andata dalla Svezia e da quella cinematografia tanto influenzata dal teatro di Strindberg e dalle pellicole mute di Victor Sjöström.
È il suo congedo definitivo dal grande schermo, capace di rendere la sua figura ancora più immortale e di consegnarla direttamente all’olimpo della settima arte. Ma la sua carriera finirà soltanto nel 1982 in un tv movie diretto da Alan Gibson e intitolato A Woman Called Golda in cui veste i panni di Golda Meir: un’altra performance da pelle d’oca, da rivedere oggi per cogliere l’intensità di un’attrice che non si è mai tirata indietro di fronte a prove sempre più ardue.
Morirà pochi mesi dopo il passaggio sul piccolo schermo del suo ultimo film, il 29 agosto del 1982, dopo una lunga battaglia contro un cancro al seno, esattamente nel giorno del suo sessantasettesimo compleanno.
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