-di Andrea Chimento-
Il grande regista de Il mucchio selvaggio (1969) e Voglio la testa di Garcia (1974) sarà protagonista della retrospettiva principale del Festival di Locarno 2015, in programma dal 5 al 15 agosto.
«Con Sam Peckinpah il Festival omaggia il cinema classico e quello postmoderno, il cinema di genere e il cinema d’autore, il cinema che si fa malgrado tutto e il cinema che è più forte di ogni ingerenza. Ancora una volta la retrospettiva vuole essere tanto un tuffo nell’universo di uno dei più carismatici creatori e un segnale lanciato al presente. Ai registi che si danno il compito di guardare al futuro, i film di Peckinpah hanno molto da dire – e non solo perché spesso hanno preconizzato l’evoluzione della società. Al contempo lirici e brutali hanno descritto l’uomo e il suo mondo, senza paura di guardarlo diritto negli occhi»: sono parole di Carlo Chatrian, direttore del Festival di Locarno che, durante la kermesse 2015 (in programma da 5 al 15 agosto), proporrà un grandissimo omaggio al regista americano.
Peckinpah sarà infatti il protagonista della retrospettiva principale della manifestazione svizzera di quest’anno: una scelta importante e coraggiosa per ridare lustro a un regista che oggi in troppi rischiano di dimenticare.
Nato a Fresno nel 1925 e morto a Inglewood nel 1984 (le sue ceneri vennero sparse al vento sul Pacifico al largo di Malibu), Peckinpah è stato uno dei principali innovatori del genere western e del cinema americano in generale.
Maestro di uno stile lirico, impressionista, fatto di tagli repentini e di bruschi cambi di prospettiva visiva, Peckinpah ha rappresentato un mondo di frontiera dove vincitori e vinti hanno lo stesso destino, dove gli uomini fuggono in cerca di qualcosa che, forse, non sanno nemmeno loro cosa sia.
Da sempre in contrasto con i produttori per il suo modo di fare strafottente e anarchico (già uno dei suoi primi lavori, Sierra Charriba del 1965, ha subito tagli fortissimi dalla produzione), ha firmato con Il mucchio selvaggio (1969) uno dei capolavori del ventesimo secolo.
Un brutale balletto di morte, un’epopea di enorme spessore artistico rivolta a un mondo in disfacimento, Il mucchio selvaggio è un film che, una volta visto, non si scorda più.
Dal 1970 al 1975, firmò ben 6 lungometraggi: da La ballata di Cable Hogue a Killer Elite. In mezzo il violento Cane di paglia, il dolente L’ultimo buscadero, il concitato Getaway, il malinconico Pat Garrett & Billy the Kid, il crudo e indimenticabile Voglio la testa di Garcia.
Baciato da un talento registico fuori dal comune (perfetti i suoi tempi di montaggio) che nemmeno l’alcol, la droga e il suo caratteraccio riuscirono mai a oscurare, fu anche un grande direttore d’attori (Steve McQueen fu straordinario nelle sue pellicole).
Il suo ultimo film, Osterman Weekend (1983), venne amputato dai produttori che, in seguito a ritardi e problemi vari, gli tolsero la pellicola così da non lasciargli dire l’ultima parola sul lavoro.
Prima di morire, e in pochi se lo ricordano, diresse due video musicali di Julian Lennon: Valotte e Too Late for Goodbies. Anche questi, così come tutto il suo cinema, da riscoprire.
in copertina Sam Peckinpah sul set di Getaway con Ali McGraw e Steve McQueen