Roberto Bolle, il film. La regista Francesca Pedroni ci racconta i misteri di un divo

Data: dicembre 12, 2016

In: TEATRO E DANZA,

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INTERVISTA ESCLUSIVA

-di  Silvia Poletti-

Critico di danza e autrice di oltre sessanta documentari sulla danza Francesca Pedroni con il film Roberto Bolle L’arte della Danza ha colto la sfida di entrare ‘dentro la danza’ attraverso l’ acclamato divo italiano. E così facendo ha offerto una prospettiva diversa dalla quale osservare i motivi di un successo unico e senza appannamenti da oltre venti anni.

Forse ancor più che per l’ eccellente percorso, probabilmente Roberto Bolle passerà alla storia per aver saputo costruire una carriera massmediologica da studi di semiotica e marketing. Un lavoro sapiente, certo basato su inequivocabili qualità artistiche, ma anche su una bellezza capace di solleticare le più diverse tipologie di ‘pubblico’, che affolla i suoi ormai celebri Bolle & Friends Gala. Un fenomeno squisitamente italiano, anche se la sua carriera lo porta a essere, oltre che alla Scala e all’American Ballet Theatre,  guest in varie compagnie nel mondo. Soprattutto nel nostro Paese intorno a lui si creano fenomeni di culto fanatico, amplificati da casse di risonanza pronte a rimandare in maniera esponenziale la sua immaginifica sembianza di ‘Bello & Buono‘.

In questa continua e accurata messe di notizie e immagini ad usum Delphini, il docu-film Roberto Bolle. L’arte della Danza, nelle sale cinematografiche come evento speciale per soli tre giorni a novembre ( ma già si immaginano repliche), ha comunque l’indubbio merito di un approccio diverso al divo-ballerino. Un modo di guardare dove finalmente a parlare è la danza, attraverso il danzatore. In questo possono essere colte sfumature segrete di un carattere così tenace e lucido da aver saputo ben costruire e capitalizzare una estrema popolarità .

E certo qui conta il fatto che a firmarlo come autrice e regista sia Francesca Pedroni, che da oltre venti anni si occupa di danza da critico, docente e oggi, appunto regista ( oltre sessanta i  documentari da lei firmati come autrice e poi regista sul tema per il canale televisivo Classica, qui produttore del film insieme alla società di Bolle ArteDanza – distribuito da NexoDigital): l’occhio di chi conosce e ama profondamente la materia ha infatti offerto un punto di vista che va oltre la retorica dell’estetica patinata e attraverso l’artista e i suoi compagni di viaggio ci racconta la danza.

Francesca Pedroni e Roberto Bolle alla presentazione del film al Torino Film Festival

Francesca Pedroni e Roberto Bolle alla presentazione del film al Torino Film Festival

Un lavoro non semplice, perché maturato velocemente, tanto che Roberto Bolle. L’arte della Danza potrebbe essere definito un instant docufilm, visto i pochissimi giorni di riprese contingenti al tour estivo 2015. Ma, dato l’esito ( in tre giorni di presenza nelle sale cinematografiche ha oscillato tra il secondo e terzo posto nella classifica del numero di spettatori) interessante anche perché apre alla possibilità di filmare e proporre la visione della danza in maniera diversa, più consapevole, al pubblico. Di questo e di altro abbiamo parlato con Francesca Pedroni.

Bolle con Nicoletta Manni in Carmen di Roland Petit, Roma Terme di Caracalla

Bolle con Nicoletta Manni in Carmen di Roland Petit, Roma Terme di Caracalla

Mi piace la definizione di instant docufilm: effettivamente, vista la rapidità con cui abbiamo messo su la produzione, la snellezza della troupe, e i giorni di riprese – articolati in dieci giorni, ma effettivamente le riprese sono state in sette, salvo alcuni brevi spot durante i trasferimenti- la immediatezza e l’immantinenza sono state inevitabili.Proprio per la scelta di optare per una documentazione del tour di Bolle, senza immaginare scene di fiction o costruire una serie di interventi in appoggio per delineare un ‘ritratto’ di Bolle. L’idea era proprio quella di ‘fermare’ il momento. Un momento molto particolare anche nella storia di questi tour perché andava a realizzarsi in tre luoghi particolari come l’Arena di Verona, il Teatro Grande a Pompei e Caracalla.”

Conoscendo bene qual è la routine dei danzatori davi tu l’input agli operatori su cosa filmare? Hai lavorato in post produzione o già ogni giorno avevi ben chiaro cosa avresti voluto mettere a fuoco e registrare?
Quello che già sapevo e volevo evidenziare il più possibile era la quotidianità del lavoro. Tutto ciò che la gente che viene a teatro non vede mai, e quindi più prove possibili e le lezioni giornaliere, cosa non così facilmente registrabile specie quando si tratta di compagnie o strutture tradizionali. L’input è stato di girare e documentare tutto il possibile senza essere invadenti. L’ho imparato grazie alle produzioni di Danza in Scena per Classica, quando dovevamo seguire spettacoli che arrivavano magari per soli due giorni in Italia. Catturare tutto il catturabile.

Roberto Bolle durante la lezione quotidiana. Un momento del film di Francesca Pedroni

Roberto Bolle durante la lezione quotidiana. Un momento del film di Francesca Pedroni

E poi anche i dietro le quinte: la tensione, lo sguardo di chi osserva gli altri in scena e magari si ripassa una sequenza ‘mentalmente’, l’abbraccio felice dopo aver danzato per la prima volta insieme davanti a migliaia di persone…

Sì com’è avvenuto all’Arena di Verona, dove ho visto tutto lo spettacolo dietro le quinte, insieme ai ballerini. C’è tutto un altro mondo che ferve, mentre si svolge lo spettacolo. Così come ho trovato fondamentale mischiare momenti di prova a momenti di spettacolo, in cui senza soluzione di continuità si vede però cambiare letteralmente la coreografia eseguita. E non si trattava solo di cambiare ‘colore’ all’inquadratura. La logica è quella di alternare continuamente la visione frontale tradizionale ‘registrata in diretta’ alle prove dove abbiamo potuto usare la steadycam e camminare sul palco con e intorno a loro. Con il passaggio da prova a spettacolo i punti di vista cambiano e mettono in evidenza dettagli e particolari suggestivi.

Una cosa evidente però è che in questo caso la visione della danza non è voyeuristica. Lo sguardo ha un che di scientifico che penetra quasi chirurgicamente nella materia danza.

Roberto Bolle e e Melissa Hamilton in 'Apollo' di Balanchine, Pompei Teatro Grande

Roberto Bolle e e Melissa Hamilton in ‘Apollo’ di Balanchine, Pompei Teatro Grande

Quando riprendete in prova Bolle che con Melissa Hamilton discute e le spiega dove e come appoggiare il suo corpo sopra la spalla per realizzare la famosa presa ‘della lezione di nuoto’ di Apollo di Balanchine – e dopo se ne vede la perfetta esecuzione– si capisce come ogni dettaglio fisico, dinamico e atletico sia essenziale per la riuscita di una posa e di una figurazione. E’ stato come entrare nella ‘carne della danza’…

È chiaro che la ripresa deve rispondere a canoni anche estetici, ma quello cui tendo sempre è riuscire a entrare nella danza. Questo ti porta da un’altra parte. Va bene che qui il protagonista è Bolle e quindi anche la sua dirompente corporeità esce attraverso la danza. Ma abbiamo evitato di mettere appositamente in luce muscoli e fisico.

A questo proposito, restando sulle riprese del dietro le quinte, una delle cose più interessanti è come riesci a catturare qualcosa d’altro di Bolle. Viene fuori un uomo concentratissimo, sempre sul pezzo, ma si coglie anche la stanchezza nel viso tirato, lo sguardo talvolta errante in cerca di fuga, il sorriso stanco del rito dei selfie.

Roberto Bolle in un momento di Roberto Bolle L'arte della Danza di Francesca Pedroni

Un momento di Roberto Bolle L’arte della Danza di Francesca Pedroni

Da certi dettagli che hai registrato l’invito che fai è di guardare anche oltre quello che appare

Certo non c’è compiacimento, è fuori dal mio occhio, non mi interessa. E in questo il titolo L’arte della Danza unito a Roberto Bolle ha un suo perché che spero sia uscito. Bolle è di per sé un personaggio che è riuscito ad avere una visibilità mediatica piuttosto rara nel mondo del balletto e questo può servire da ‘grimadello’ per far scoprire a un pubblico potenzialmente enorme il potere comunicativo della danza in sé. Vedere tanti brani da lui interpretati e così diversi per umore, per tratteggio del personaggio, per linguaggio coreografico ha quindi una doppia risonanza: quella dell’interprete ma anche quella propria, che da questo speciale danzatore riceve colori e sfumature peculiari.

C’è qualcosa del film che sei particolarmente orgogliosa di aver catturato?
Senz’altro avere nel film un estratto da Opus 100 For Maurice di John Neumeier su canzoni di Simon & Garfunkel. Un duetto meraviglioso dal punto di vista coreografico e umano. Questo pezzo creato per i settant’anni di Maurice  Béjart non si vede mai fuori dall’Hamburg Ballet, Neumeier ne concede la rappresentazione con grande parsimonia. Il fatto di averlo avuto nel gala è stato meraviglioso. Non era neanche sicuro che poi avremmo potuto utilizzare le riprese. Il fatto che il maestro dopo averle viste abbia dato l’ok è motivo di orgoglio. Tra l’altro mi è molto piaciuto anche qui alternare riprese che vengono da luoghi diversi, Pompei che si mischia a Verona.

Anche all'areoporto, si continua a studiare. Bolle nel film di Francesca Pedroni

Anche all’areoporto, si continua a studiare. Bolle nel film di Francesca Pedroni

Come dicevo la scelta che abbiamo fatto non è stata cronologica e documentaristica secca (da cui la mancanza di didascalie). Volevo piuttosto dare in un’unica sequenza l’idea degli infiniti colori e sfumature della danza, aiutata dalla bellezza di quei luoghi, così diversi nelle ampiezze e nei colori. Cambia molto infatti se lo spazio in cui ti muovi è grandissimo come in Arena o raccolto come a Pompei, è un continuo gioco all’interno dello stesso sentimento coreografico che può solo avvenire attraverso una scelta registica.

 

 

 

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