– di Antonio Cortesi –
Partire dai numeri per comprendere possibilità e ritardi dell’universo Italia
A partire da marzo 2020 il musicista medio italiano pare abbia scoperto il meraviglioso mondo digitale; in molti che prima storcevano il naso di fronte a una pagina Instagram al passo con i tempi si sono improvvisamente eretti a paladini di una rivoluzione, pronti a condividere e sponsorizzare i propri contenuti. Di necessità virtù è un modus operandi tutto italiano.
Si è sviluppato un narcisismo del settore della musica classica sotto forma di una risposta immediata ad una necessità (il blocco di attività culturali e teatri ha spostato come unico campo di azione il mondo digitale) ma non ci si è chiesto quale fosse la virtù da sviluppare.
Mi spiego meglio: quest’onda digitale di cui tanti giornalisti di settore hanno scritto e tanti musicisti hanno cavalcato goffamente, non è stata accompagnata da uno studio e da un’educazione digitale adeguata.
Quest’onda, falsamente percepita come improvvisa a causa della crisi Covid, è stata solo un’impennata di un processo inesorabile partito più di un decennio fa. Aggiungo che questa onda digitale non si traduce sono nell’utilizzo dei social ma nell’approccio stesso alla produzione e distribuzione del prodotto musicale.
Secondo i dati Fimi raccolti durante il 2020 lo streaming musicale ha realizzato una crescita ulteriore rispetto al 2019 giungendo a rappresentare più dell’80% dei ricavi totali delle case discografiche. Il digitale nel primo semestre del 2020 ha rappresentato l’86% di tutti i ricavi dell’industria.
Di tale segmento, l’82% è rappresentato dallo streaming, che ha generato 68 milioni di euro nei primi sei mesi del 2020: va notato che alla fine del 2019 rappresentava il 66% del totale.
La crescita è guidata dagli abbonamenti in streaming, che hanno segnato +33% nei primi sei mesi del 2020 confermando un trend di crescita globale.
La crisi derivata dal Covid-19 ha colpito il comparto del fisico duramente
Il CD ha dimezzato (-51,44%) le vendite rispetto al primo semestre del 2019, mentre il vinile mantiene salda la sua posizione coprendo il 5% del mercato. Nel 2019 è stato registrato un aumento dell’8% della fruizione di musica attraverso lo streaming tra i consumatori di età compresa tra i 45 e 54 anni (51%) e quelli tra i 55 e 64 (40%).
Questi dati dell’IFPI sono un chiaro segnale del cambiamento sensibile delle abitudini anche di quel range anagrafico che più si rapporta col mondo della musica classica.
La modalità stessa di ascolto è profondamente cambiata.
Nel nostro paese la musica classica è il genere musicale con la più alta percentuale di fruizione nella dimensione live con una percentuale del 21% ed è ancora profondamente legata alla distribuzione fisica.
In un anno in cui il fisico (CD) è sceso verticalmente e i concerti live sono stati per molto tempo sospesi, il digitale ha rappresentato una direzione obbligata.
La digitalizzazione del pubblico corrisponde quindi ad una crescente digitalizzazione del prodotto artistico e offre interessanti possibilità ad etichette discografiche indipendenti e majors di investire in questo segmento musicale. Da un altro punto di vista, attraverso le playlist di genere e mood presenti sugli store, la musica strumentale può arrivare anche a target di età inferiore fino ad arrivare ai giovanissimi.
Soprattutto nei generi Ambient, Neoclassical, Modern classical così come elettronica è previsto un ampio margine di crescita in questa direzione.
Da notare anche che sulle piattaforme streaming, grazie all’accessibilità dei prodotti artistici, l’ascoltatore singolo si muove agevolmente fra generi molto diversi fra loro. La musica strumentale in tutte le sue declinazioni si è ritagliata una posizione importante sugli store digitali. L’assenza di lyrics abbatte le barriere geografiche e offre possibilità in ambito di Licensing e Synchronizations. La musica strumentale risponde molto bene ad esigenze di mood e musica di background. Spotify, ad esempio, attraverso playlist editoriali e algoritmiche, rende fruibile questo genere a vaste platee virtuali internazionali.

Se la dimensione internazionale è quella di riferimento per il mondo della musica classica, secondo il Global Music Report 2020, i ricavi totali per il mercato globale della musica registrata del 2019 sono cresciuti dell’8,2%, arrivando a quota 20,2 miliardi di dollari.
Nello specifico lo streaming è cresciuto del 22,9% – segnando 11,4 miliardi di dollari – che per la prima volta ha rappresentato oltre la metà (56,1%) dei ricavi musicali registrati a livello mondiale.
Tale crescita ha più che compensato il calo del -5,3% del segmento fisico, un ritmo tuttavia più lento rispetto al 2018.
Il grafico di seguito è esemplificativo della crescita costante del digitale a prescindere dalla peculiarità di un 2020 segnato dalla pandemia Covid-19 che ha ulteriormente aggravato la situazione del mercato fisico.

Se, come abbiamo visto, sono radicalmente cambiate le modalità di fruizione del prodotto musicale occorre, in fase di sviluppo di un progetto, essere in grado di attuare efficaci campagne di promozione in relazione a questi cambiamenti.
Gran parte di queste azioni necessitano di un adeguato sviluppo e utilizzo delle piattaforme social, la diffusione delle quali è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni. Di seguito alcuni dati che chiarificano la permeazione del digitale nella popolazione globale e il peso specifico dei diversi Social Media.


Costruire una fan-base social è indispensabile, ma deve essere fatto in maniera trasversale su ogni diversa piattaforma.
Ogni social network necessita contenuti diversi in base alle sue specificità tecniche così come alle caratteristiche degli users che lo utilizzano. Il linguaggio e il taglio editoriale dei contenuti dovranno essere, ad esempio, differenti tra Facebook e Instagram, o tra Instagram e Tik Tok. Allo stesso tempo la pubblicazione di contenuti e l’attività social assicurano un rapporto continuativo con i propri followers che possono interagire con l’artista; questo rapporto diretto con la fan base deve essere coltivato per raggiungere un sempre maggiore coinvolgimento dell’audience di riferimento.
Nell’ambito della musica classica e jazz l’educazione digitale è ancora carente sia lato artisti che lato management.
Spesso ad elevato numero di ascolti su digital stores e qualità artistica del progetto non corrisponde un adeguato sviluppo di una fan base all’interno dei social media.
Ed è vero anche che frequentemente si crea un pericoloso gap tra l’attività offline e la capacità di far arrivare il proprio prodotto artistico all’audience digitale.
L’educazione digitale nel mondo classico è ancora in fase di evoluzione e ciò ha favorito la nascita di agenzie specifiche che si occupano di costruire una brand identity al passo coi tempi e favorire un utilizzo efficace dei mezzi offerti dalle piattaforme social.
Queste ultime hanno reso possibile la nascita di progetti nativi digitali che, sfruttando in anticipo le potenzialità del mezzo, sono divenuti pionieri della migrazione della musica classica sul digitale.
I management e le stesse case discografiche riservano un’attenzione sempre crescente ai progetti efficaci sul digitale.
Le divisioni classica delle major come Sony e Warner hanno ampliato i propri cataloghi con artisti crossover e artisti neoclassici, più digital friendly e più spendibili sul mercato di largo consumo.
Rispetto al passato gli interpreti e i compositori hanno riscoperto, grazie ai social media, il rapporto diretto con il proprio pubblico e il valore di profili social personali curati, in cui la musica convive con aspetti della vita privata e contenuti personali e ingaggianti.
Non si racconta più solamente il proprio lavoro artistico ma anche la propria esperienza di vita, le proprie emozioni e la propria quotidianità.
I social media sono diventati un veicolo utile di promozione per partnership e attività di endorsement, ad esempio di prodotti musicali dedicati ai musicisti professionisti. In questa direzione la figura degli influencers ha impattato anche l’universo della musica classica, sebbene in maniera meno importante che in altri settori. I tentativi di aumentare engagement e attenzione di un pubblico giovane verso la musica classica passano in modo obbligato attraverso i social media.
Le prospettive di quest’ultimo in relazione alla musica classica offrono un quadro ricco di possibilità e nuove frontiere da percorrere, in special modo riguardo alle intersezioni tra piattaforme di streaming e social media.
Questo rapporto stretto e queste dinamiche in continua evoluzione portano artisti, manager, etichette discografiche e distributori digitali del settore a doversi porre in modo aperto verso questi cambiamenti e coltivare tutte le best practices possibili per fare sì che un progetto musicale dia il massimo rendimento a beneficio di tutte le parti.
Il prodotto artistico stesso diventa un materiale dinamico che vive contemporaneamente in molteplici dimensioni, per ognuna delle quali occorre sviluppare una strategia corretta e coerente.
Il futuro della musica classica passa inevitabilmente per l’evoluzione digitale, ma non deve esserne vittima, sviluppando piena coscienza delle sfide che questa evoluzione comporta così come dei benefici.
Il cambiamento che ha investito il mercato globale della musica, reso ancora più democratico dal digitale, deve essere affrontato sempre tenendo conto delle specificità dei mercati nazionali e dalla natura unica del prodotto artistico, ma soprattutto va studiato e analizzato affinché si possa sviluppare con coscienza la propria presenza digitale.
Fonti:
Fimi – Global Music Report – the industry in 2019 – ifpi – Wearesocial – Statista – The Guardian – Music Listening 2019 – ifpi – Counterpoint – Technology market research – Audiweb – Spotify Business