di -Davide Bizjak e Antonio Fruttaldo-
Le discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, come evidenziato da van den Brink e Benschop (2012), sembrano rappresentare nel contesto accademico una imbattibile ‘bestia a sette teste’. Nei paesi analizzati dai due autori, i cambiamenti avvenuti nell’istruzione e l’introduzione di politiche anti-discriminazione (van den Brink e Benschop, 2012) non hanno ottenuto un effetto positivo. Mentre la ricerca negli ultimi decenni si è perlopiù focalizzata sulle discriminazioni subite dalle donne, Bilimoria e Stewart (2009) evidenziano che i contributi focalizzati sulle discriminazioni vissute dalla comunità LGBTIQ+ sono tuttora pochi, restituendo così la sensazione che tali forme di discriminazione non siano ancora percepite come un problema da affrontare. I pochi contributi sull’argomento (si veda Crew, 1978; Gagnon et al., 1982; Taylor e Raeburn, 1995; McNaron, 1997; Liddle et al., 1998; Sears, 2002; Noack, 2004; LaSala et al., 2008; Bilimoria e Stewart, 2009) mettono in evidenza le profonde contraddizioni tracciate dalla crescente introduzione di politiche di integrazione ed equità nell’accademia da un lato, e le persistenti offese quotidiane, le molestie, le intimidazioni, le paure, l’esclusione e la discriminazione vissute sulla pelle delle persone LGBTIQ+ (Bilimoria e Stewart, 2009).
Il libro a cura di Ilaria Boncori, LGBT+ Perspectives: The University of Essex Reader (collana punto org – diretta da Luigi Maria Sicca, Napoli: Editoriale Scientifica, 2017; 204 pp., €13), rappresenta una collezione unica ed eccezionale di ricerche che indagano criticamente e discutono i diversi aspetti legati all’essere una persona LGBTIQ+ nel mondo accademico. Sebbene alcune politiche inclusive siano sempre più diffuse all’interno delle università e nei luoghi di lavoro e nonostante la maggiore tutela a favore dele persone che subiscono forme di discriminazione formale diretta (come l’essere licenziati o preclusi da promozioni in base all’orientamento sessuale o alla propria identità di genere), la discriminazione di tipo indiretto rappresenta ancora un mostro difficile da combattere.Pertanto, questo libro offre prospettive diverse sui modi di vivere l’accademia, mettendo in discussione determinati paradigmi eteronormativi.
Il volume si apre con una prefazione di Anthony Forster, Vice-Rettore dell’Università dell’Essex. Egli mette in evidenza il ruolo che questo libro ha nel rappresentare i successi che l’Ateneo inglese ha conseguito nel campo delle politiche inclusive e antidiscriminazione, riconosciute nel 2016 dal Workplace Equality Index dell’associazione Stonewall[1] e dal premio alle università Advancing Staff Equality (2015) assegnato dal Guardian.
Ilaria Boncori, nel suo testo introduttivo, nota l’assenza di dibattito sulle problematiche del mondo LGBTIQ+ nei programmi didattici, all’interno delle dispense, nei laboratori d’aula.Persino quando questo dibattito è presente, si nota spesso una certa reticenza verso l’esplorazione di una comunità che soffre ancora oggi un forte stigma sociale e, soprattutto, l’assenza dall’agenda politica di azioni efficaci in materia di istruzione primaria e secondaria, dove la discussione di argomenti legati alla comunità LGBTIQ+ è di solito messa a tacere o del tutto scoraggiata.Pertanto, l’obiettivo di questo libro, secondo la sua curatrice, è quello di guidare i lettori, attraverso prospettive plurali e narrazioni individuali, in un mondo che a volte è eclissato dietro ciò che in letteratura viene definito come ‘eterosessismo indiretto’, che scaturisce da quella ‘ipotesi eterosessuale’ vigente nella maggior parte dei luoghi di lavoro (e di riflesso nella società), dove tutti sono identificati come eterosessuali a meno che non esplicitamente dichiarati (Deitch, Butz e Brief, 2004).Così, nel raccontare le proprie esperienze, gli autori dei singoli capitoli danno spazio a intuizioni e suggerimenti per lo sviluppo di politiche e pratiche inclusive. Lo fanno accompagnando il lettore verso un viaggio, a volte personale, nella vita quotidiana di coloro che subiscono forme di discriminazione.
Il libro si divide in tre sezioni, ognuna dedicata ad aspetti diversi della vita delle persone LGBTIQ+. La prima sezione (People and relationships) si apre con un capitolo a cura di Jamie Raines (Being Transgender: A personal and research-based perspective), dove viene raccontata la sua esperienza del percorso di transizione.La sua narrazione (dall’infanzia all’adolescenza e alla scoperta di sé, fino alla transizione) si intreccia con una rassegna della letteratura sulle diverse esperienze che le persone transgender affrontano nel corso della loro vita.Pertanto, il capitolo non è solo un resoconto personale ma una preziosa indagine su un mondo che, a volte, viene filtrato attraverso la lente eternormativista e/o attraverso generalizzazioni inesatte che non fanno altro che alimentare discorsi binaristici.
Il capitolo di Alison J. Taylor-Lamb (From heterosexual to same-sex relationship: A lived experience) può essere visto come una celebrazione dell’amore, in tutte le sue forme ed espressioni. Il racconto del suo percorso di auto-accettazione non deve essere visto, tuttavia, come un ‘coming out’ personale.Infatti, come l’autrice sostiene, il capitolo si concentra su un semplice ma convincente argomento: la semplicità dell’innamorarsi di una persona dello stesso sesso.Da questa premessa, l’autrice ripercorre il suo viaggio personale, le discriminazioni che ha affrontato e ancora affronta, il rapporto con la famiglia e i colleghi di lavoro. Il capitolo passa in rassegna tutti i preconcetti legati alla rigidità delle nostre identità sessuali che dovrebbe essere combattuta dentro e fuori ogni comunità, facendo spazio all’amore, l’unico sentimento che dovrebbe governare la vita umana.
L’amore e le relazioni personali sono di nuovo al centro del capitolo di Thomas J. Currid e Carl Chandra (Domestic violence and abuse in Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender (LGBT) relationships) ma, in questo caso, gli autori esplorano la tematica della violenza domestica e degli abusi all’interno delle relazioni LGBTIQ+.Come sostenuto proprio all’inizio di questo capitolo, potrebbe sembrare strano associare la violenza domestica alle relazioni LGBTIQ+, proprio perché le violenze di genere sono solitamente esplorate nell’ambito delle relazioni eterosessuali.Così, gli autori, prima di tutto, sfidano il senso comune legato alla costruzione sociale della femminilità e della mascolinità (ad esempio, gli uomini sono violenti e le donne sono vittime; gli uomini non sono vittime; gli uomini gay sono delicati, gentili, amorevoli, premurosi e non violenti).Queste aspettative sociali possono essere pericolose in quanto la non-rappresentazione delle forme di violenza in rapporti LGBTIQ+ può portare alla loro percezione come comportamenti non violenti e, di conseguenza, molti casi di abusi possono non essere denunciati in tale comunità.Lo stesso vale per le forze dell’ordine, che possono trascurare queste forme di violenza dal momento che non rientrano nella tipica costruzione sociale eteronormativa della violenza di genere.
Martin Harrison e Peter J. Martin nel loro capitolo (Being unaware of being aware: Learning and working in two cultures) esplorano alcuni meccanismi inconsci che gli studenti LGBTIQ+ dei corsi universitari di infermieristica possono adottare durante il loro percorso di formazione. I corsi di infermieristica nel Regno Unito richiedono agli studenti di trascorrere parte della loro formazione presso strutture ospedaliere sotto la supervisione di tutor.Mentre il contesto universitario, grazie alle sue politiche contro i comportamenti discriminatori, può tutelare gli studenti LGBTIQ+, il luogo di lavoro può invece amplificare alcuni comportamenti discriminatori subiti dagli studenti LGBTIQ+.Il capitolo, quindi, mette in evidenza possibili carenze e offre osservazioni interessanti sulla natura della discriminazione perpetrata da tutor, pazienti e colleghi di lavoro in ambito sanitario.
La seconda sezione del libro (Historical perspectives) si compone di due capitoli di Rainer Schulze. Nel primo (The Pink Triangle: The Nazi Persecution of Gay Men), l’autore descrive in maniera dettagliata la persecuzione degli omosessuali durante la Seconda Guerra Mondiale.Al giorno d’oggi, la persecuzione nazista degli omosessuali viene affrontata di rado durante le giornate della memoria, e questo capitolo fa luce su quello che viene solitamente definito come l’‘Olocausto nascosto’.L’autore descrive a fondo gli eventi che hanno portato alla campagna nazista contro l’omosessualità e gli orrori che gli uomini omosessuali hanno vissuto nei campi di concentramento.Il capitolo rappresenta una pietra miliare nel recupero di una storia che a volte viene cancellata dalla memoria collettiva della nostra società, dove in alcuni paesi sono ancora presenti leggi che autorizzano la persecuzione e la pena di morte contro persone LGBTIQ+.
Il secondo capitolo di Rainer Schulze (The Long Shadow of the Pink Triangle after 1945 and its Importance for the LGBTIQ+ Movement) esamina il periodo storico successivo alla sconfitta del regime nazista, che ha rappresentato un momento di liberazione per la maggior parte dei sopravvissuti ai campi di concentramento con l’eccezione degli ‘uomini con il triangolo rosa’.Infatti, l’autore esplora ulteriormente le conseguenze del Paragrafo 175, a causa del quale gli uomini omosessuali in Germania sono stati condannati e etichettati come criminali fino al Dicembre del 2000. Il capitolo, inoltre, esplora i vari tentativi effettuati dalla comunità LGBTIQ+ per ricordare e denunciare la storia nascosta della persecuzione nazista degli omosessuali, vedendo il triangolo rosa come simbolo della sofferenza della comunità LGBTIQ+ e come simbolo di una storia che non deve essere dimenticata.
La terza sezione (Wellbeing and Discrimination) si apre con il capitolo di Fleur Jeans e Teresa Eade (The importance of voice and communication in gender transition), che indaga l’importanza degli elementi linguistici ed extralinguistici nella transizione delle persone transgender.Se, in linea con l’opera magistrale di Austin (1975), usiamo il linguaggio per ‘fare cose’ e il genere non è altro che una performance (Butler, 1990) di ciò che le istituzioni regolano nei modi accettabili di comportarsi, imparare a rappresentare linguisticamente ed extralinguisticamente ciò che siamo è un passo necessario nella transizione delle persone transgender.Così, mentre la chirurgia laringea (se effettuata) può alterare la frequenza vocale per allineare la propria voce con la frequenza vocale tipica maschile e femminile, una certa di consapevolezza dovrebbe essere stimolata anche sul linguaggio, in quanto differenze tra i comportamenti linguistici ed extralinguistici possono essere identificate nel modo in cui uomini e donne esprimono la propria identità.Gli autori analizzano in modo critico la letteratura scientifica sul tema e offrono spunti significativi di riflessione sul processo di transizione e, soprattutto, sul fatto che la medicalizzazione discorsiva del processo di transizione può farci perdere di vista i diversi e a volte impercettibili modi in cui rappresentiamo le nostre identità di genere.
Il sistema binaristico, alimentato e perpetrato da istituzioni e pratiche sociali, può essere visto come un dispositivo autosufficiente (Agamben, 2009) che impone norme pre-ordinate di comportamento sociale e di rappresentazione dell’identità. Una tale costruzione sociale del sé può avere inevitabili conseguenze sul benessere degli individui che non si conformano a sistemi binaristici eteronormativi. Queste sono le premesse al capitolo di Tuesday Watts (Gender Nonconformity: The impact on individual wellbeing), dove si indaga l’esistenza di un legame tra effetti negativi sulla salute mentale e identità di genere, con particolare attenzione alle persone che si identificano come non-eterosessuali o non in linea con le tradizionali identità di genere.Lo scopo del capitolo è, dunque, quello di esplorare come resilienza e atteggiamenti positivi di salute mentale possano essere promossi nella vita di tutti i giorni nel caso di persone gender non-conforming.
Amy Anderson, nel suo capitolo (The Basics of Economic Theory and Evidence on Sexual Orientation Discrimination), offre un resoconto dettagliato sulle forme di discriminazione sul luogo di lavoro.La premessa di questa indagine è rappresentata da una domanda apparentemente banale: se il nostro mondo del lavoro così competitivo vede la discriminazione come un valore negativo, e se i dipendenti devono essere giudicati esclusivamente sulla base delle loro prestazioni, perché forme di discriminazione e comportamenti discriminatori persistono ancora all’interno delle organizzazioni?L’autrice, quindi, suggerisce che altre sono le motivazioni alla base della discriminazione, introducendo e analizzando tre teorie classiche sulla natura della discriminazione e dei comportamenti discriminatori.L’autrice si concentra, in particolare, sulla disparità salariale degli individui LGBTIQ+ in confronto con le persone eterosessuali. Tale disparità, analizzata tradizionalmente sul versante uomo/donna, trova una declinazione innovativa.Il capitolo, quindi, mostra come le disuguaglianze salariali siano principalmente legate anche all’orientamento sessuale e che, sorprendentemente, le donne lesbiche subiscono disparità salariali minori rispetto agli uomini omosessuali (sentore, dunque, di una disparità legata anche alla costruzione sociale del genere e della mascolinità).Pertanto, l’autrice sembra suggerire che le disuguaglianze di genere debbano essere esaminate da una prospettiva più ampia dal momento che i sistemi binaristici possono alimentare e farci trascurare forme più sottili di comportamenti discriminatori.
Il libro si chiude con il capitolo di Scott Lawley e Ilaria Boncori (LGBT+ experiences of sport in educational settings), in cui si indagano forme di discriminazione e comportamenti discriminatori nello sport.Gli autori notano, in primo luogo, una partecipazione relativamente bassa delle persone LGBTIQ+ alle attività sportive, collegata probabilmente alle aspettative sociali che vincolano alcuni sport ad essere binaristicamente maschili o femminili.Queste aspettative contribuiscono all’esclusione e alla non-rappresentazione di coloro che non rientrano in quell’insieme di norme sociali che privilegiano severe rappresentazioni binaristiche legate allo sport.Inoltre, il capitolo evidenzia come queste norme, principalmente legate agli spazi in cui queste attività si svolgono (ad esempio, gli spogliatoi, gli stadi, etc.), possono essere messe in discussione solo se questi ‘spazi’ sono resi più inclusivi.Infatti, data l’importanza sociale dello sport nel generare forti legami sociali tra le persone, il modo in cui l’identità di genere e l’orientamento sessuale sono globalmente rappresentati nello sport può alterare la percezione sociale e sfidare lo stigma legato alla comunità LGBTIQ+.Il capitolo, quindi, esplora alcuni esempi di esperienze LGBTIQ+ nello sport e si chiude con una serie di raccomandazioni ed esempi di buone prassi negli ambiti scolastici e universitari.
Il libro a cura di Ilaria Boncori si inserisce all’interno della rete internazionale di ricerca puntOorg, una esperienza culturale centrata sugli studi di organizzazione e HR management, a partire da alcune fondamentali questioni epistemologiche sulle fonti della conoscenza manageriale.
puntOorg tesse i fili di ricerca che interessano numerosi dibattiti di frontiera nella comunità scientifica internazionale. Fili che appaiono, a uno sguardo superficiale, distanti l’uno dall’altro, ma che invece generano una comune trama narrativa attraverso le voci dei ricercatori che danno vita a tale esperienza culturale: dal contributo che alcune forme di conoscenza pre-capitalistica (per esempio, Filosofia e Musica) possono apportare alle scienze umane e sociali (in particolare, all’Economia); alle criticità nel definire le regole della convivenza sociale; al dibattito sull’innovazione, che richiede sempre di più, in tempi di crisi, di essere spolverato dalla retorica del linguaggio manageriale e politico; dalla riflessione sulle tecnologie emergenti attraverso la computer simulation alle questioni che interessano alcuni settori meno studiati nella letteratura prevalente (editoria, beni culturali, teatro musicale, etc.), fino alle questioni centrali della comunità LGBTIQ+.
In copertina: Sos-pensioni di Luca Carnevale.
Bibliografia
Agamben, G. 2009 [2006]. What is an Apparatus? And Other Essays. Stanford: Stanford University Press.
Austin, J.L. 1975 [1962]. How to Do Things with Words (a cura di J.O. Urmson e M. Sbisà). Oxford: Oxford University Press.
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Gagnon, J., Keller, S., Lawson, R., Miller, P., Simon, W. e Huber, J. 1982. Report of the American Sociological Association’s Task Group on Homosexuality. The American Sociologist 17: 164–180.
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[1] Nel Regno Unito, Stonewall raccoglie tutte le organizzazioni più inclusive e attente alle tematiche LGBTIQ+.