Maroccolo e Aiazzi: la sperimentazione anni ’80 si riprende la scena con il nuovo disco Mephisto Ballad

Torna la musica d’avanguardia con Mephisto Ballad, il disco di Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi, una nuova fotografia musicale che va ad aggiungersi all’album personale di chi ha vissuto l’adolescenza negli anni ’80.

– di Gianmarco Caselli –

Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi, rispettivamente bassista e tastierista della formazione originale dei Litfiba, firmano un nuovo disco: Mephisto Ballad, un disco che rievoca l’oscurità degli anni ’80, dell’eroina e della paura della guerra nucleare. Aiazzi e Maroccolo, che negli anni hanno proseguito con le loro carriere soliste e collaborazioni con altri musicisti, con questa opera confermano la loro centralità nella storia della musica d’avanguardia.
Mephisto Ballad è un lavoro coraggioso e sperimentale, un colpo da maestro – anzi, da maestri – che, senza chiedere permesso a nessuno, squarcia il velo di torpore e  di omologazione del panorama della musica italiana e lancia un segnale: la musica di ricerca non è morta e anche in questi anni di spasmodica ricerca di visibilità con lavori di facile ascolto, si può e si deve creare qualcosa di grande qualità.

Con Mephisto Ballad coloro che hanno vissuto gli anni ’80 avranno un’altra fotografia musicale da aggiungere all’album personale di un periodo irripetibile: otto tracce avvolgenti e ipnotiche che trascinano l’ascoltatore in un album da incorniciare.

un frame dal video di Mephisto Ballad

La genesi – Il disco nasce dalla proposta di Bruno Casini di un evento dedicato agli anni ’80 al Museo Marini di Firenze. Per questa occasione Aiazzi e Maroccolo hanno iniziato a lavorare ad un brano che era stato realizzato dai Litfiba proprio ai loro esordi per una festa/perforamance che si tenne a Firenze nel Carnevale 1982: la Mephistofesta, organizzata appunto da Bruno Casini al Casablanca, una manifestazione grottesca e macabra, con Piero Pelù che a un certo punto usciva addirittura da una bara. Uno dei tre brani eseguiti quella sera era E. F. S. 44 Ethnological Forgery Series, che il bassista definisce “una processione funebre allucinata e lisergica su un tappeto di suoni analogici e nastri rovesciati.”

E questo è proprio il brano che Aiazzi e Maroccolo hanno iniziato a rielaborare per la sonorizzazione dell’evento che avrebbe dovuto tenersi adesso a Firenze sugli anni ’80 che, però, è stato annullato causa Covid: ormai tuttavia era iniziata la produzione, il lavoro è andato avanti e sono nati brani nuovi che hanno dato vita al disco Mephisto Ballad.

Mephisto Ballad

In Mephisto Ballad abbiamo così otto tracce cui partecipano anche Flavio Ferri ai synth e alle chitarre e, per quanto sia essenzialmente un disco strumentale, Giancarlo Cauteruccio cheha scritto e recitato versi tenebrosi ed esoterici e che aveva coinvolto i Litfiba per la produzione teatrale Eneide con la compagnia Krypton.

Abbiamo intervistato Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi per parlare di questa loro nuova collaborazione.

L’approccio a qualcosa che è stato concepito quaranta anni fa è stato critico o spontaneo? Cioè, avete rivisitato quel brano iniziale che avevate scritto quaranta anni fa con l’esperienza degli anni passati nel frattempo o con l’incoscienza di quando eravate dei ragazzi?

Antonio Aiazzi – Personalmente sempre con incoscienza, nel senso che vai avanti nel lavoro un po’ a tentoni, capisci lungo il percorso come riscrivere una pagina. L’esperienza ce l’hai, ma non la metti a disposizione di quello che hai fatto quaranta anni fa, non la utilizzi coscientemente.

Gianni Maroccolo – È un po’ come fare una cover di un pezzo che appartiene al passato. Paradossalmente poteva essere un brano di un altro artista rivisitato con il vissuto di oggi. Oggi siamo qualcosa di diverso da quello che eravamo. Lo abbiamo ripreso con tenerezza: l’approccio è stato quello di riadattare un brano musicale a cui tieni molto, con una dote di sensibilità altissima.

Per quanto oggi non abbiate bisogno di cercare la notorietà, anche ai tempi facevate comunque musica non commerciale, eravate esponenti di una corrente di nicchia. Come è cambiato questo approccio al prodotto da vendere?

Gianni Maroccolo – Nella musica, anche con i Litfiba, io non ho mai cercato la notorietà né il successo. È un aspetto della musica che non mi ha mai coinvolto e da cui ho sempre voluto stare lontano. L’unico desiderio, nel periodo dei Litfiba, era ottenere quel minimo di notorietà grazie al quale avere quel poco di sostentamento economico che ti permettesse di vivere e che poi ti permettesse di fare quel che volevi in assoluta libertà. Ma non sono stato mosso dallo stimolo di vendere per diventare famoso. A questa età tale aspetto si estremizza ancora di più sperimentando e andando oltre i limiti, sbattendosene le palle delle classifiche e della notorietà. Forse sì, siamo stati più aiutati da quel minimo di notorietà che abbiamo nel fare un disco sperimentale.

Antonio Aiazzi – Se un ragazzo sconosciuto tirasse fuori un disco come questo, come lo accoglierebbe la stampa? Me lo sono chiesto. Comunque confermo ciò che ha detto Gianni: quando eravamo i Litfiba non ci era mai venuto in mente di fare soldi, ma di esprimere idee nel modo migliore e trasformare la nostra passione in un lavoro. Bastava questo per star bene.

i musicisti dei Litfiba: Moroccolo e Aiazzi

Ci sono differenze di tipo concettuale fra il nuovo materiale che avete composto e quello preesistente?

Gianni Maroccolo – Bisogna sempre ricordare che la nostra è una sorta di reunion storica ma che è nata dal caso, di fronte a una proposta che ricordasse gli anni ’80 a Firenze. Ci è venuto in mente di riprendere quel pezzo. Poi ci abbiamo preso gusto e abbiamo fatto un disco mantenendo quelle suggestioni. E ci siamo detti pochissime cose. Non abbiamo pensato di fare sovraincisioni. Basso, pianoforte, qualcosa di elettronica: tutto è venuto da sé come flusso compositivo musicale. Poi esiste un vissuto fra noi due grazie al quale abbiamo poco da dire fra noi per capirci.

Vi conoscete da prima dell’esperienza nei Litfiba e siete rimasti in amicizia anche quando Ghigo e Piero hanno continuato senza di voi. Non avevate mai avuto voglia di riprendere a fare qualcosa insieme eventualmente coinvolgendo anche altri?

Antonio Aiazzi – Abbiamo fatto il live e l’album Trilogia 1983-1989. Le nostre storie, i nostri percorsi individuali, sono stati diversi. Io e Gianni siamo molto più affini sotto questo punto di vista. Piero e Ghigo hanno seguito un’altra strada. Per caso è nato il progetto Trilogia: abbiamo ripreso i pezzi e li abbiamo suonati con gli arrangiamenti originali. Già quella è stata un’impresa: mantenere la prima versione live dei brani. Incredibile quanto ancora marciassero bene. Ci siamo fatti un piacere.

intervista a Moroccolo e Aiazzi
un momento della video intervista di Antonio Aiazzi e Gianni Maroccolo con Gianmarco Caselli

Come può apparire la fruizione di questo disco da parte di un giovane di oggi che non ha partecipato a quegli anni e che vive nel mondo musicale che oggi è poco sperimentale?

Gianni Maroccolo – Nel caso nostro, questo disco e ogni cosa si sia fatta dopo gli anni ’80 e dopo i Litfiba, credo che non abbia un suono o un mood che appare tipo marchio di fabbrica epocale.

Nei primi anni dei Litfiba abbiamo sviluppato, creato un nostro modo di suonare con una marcata personalità che fa sì che anche quando si collabora con altri musicisti si sente che ci siamo noi a suonare, che c’è un sound, questo sì, ma è nostro, non di un’epoca.

I ragazzi oggi si ritrovano nella situazione in cui suonavamo noi: ricercavamo un linguaggio musicale comune, ma non c’era. Nel momento in cui è arrivato, con gli interpreti di quell’epoca, noi che facevamo le prime note venivamo giudicati: dicevano che la nostra era musica di merda.

Molti della generazione più adulta ora fanno un errore a definire coglionazzi i giovani che fanno musica adesso: il loro tempo è finito, dovrebbero almeno cercare di comprendere la musica di questi ragazzi. Cambiano i linguaggi, ci sono punti di riferimento diversi, tutto è molto più ritmico. A questo proposito non trovo una grande differenza – dico a livello di linguaggio musicale e non di contenuti  dei testi – con Ferretti, che non era un cantante e a tratti sembrava quasi rap. Non è vero che si stava bene ai nostri tempi, e anche il periodo attuale si è espresso musicalmente. Non si deve continuare a dire che prima la musica era buona. La musica è cambiata radicalmente.

Tuttavia ci sono delle differenze sostanziali.

Gianni Maroccolo – Prima fare musica significava condividere i testi, suonare insieme nei concerti. Ora è più intrattenimento.

C’è qualcosa che vi è mancato nella realizzazione di questo disco?

Antonio Aiazzi – No. Anzi, se io vedo come eravamo partiti, con l’idea di fare EFS44 più un paio di inediti e vedo a quello che ci siamo trovati fra le mani, cioè un disco di inediti, sono contento. Dal disco sono rimasti fuori anche quattro o cinque brani. questa è l’unica cosa che mi manca: di avere la possibilità di vedere quei brani nel live.

Gianni Maroccolo – Non mi è mancato nulla. È stata grande la sorpresa di trovare meccanicsmi e automatismi scontati. La ciliegina sulla torta, e ce ne siamo accorti mentre lo stavamo facendo, è la prima volta che abbiamo fatto qualcosa noi due da soli. Abbiamo fatto alcune collaborazioni insieme, oltre ai Litfiba, ma mai da soli. Quindi siamo riusciti anche a fare questa cosa che non avevamo mai fatto, che mancava nella nostra storia. Fossimo stati in un’altra epoca, con un leggero sforzo in più, avremmo forse potuto far diventare questo disco una vera opera e realizzare un doppio album con i brani rimasti fuori. Rimane però la speranza e l’intenzione di suonare dal vivo la versione integrale. Ovviamente se tutto riparte e i concerti faranno nuovamente parte delle nostre vite.

Maroccolo e Aiazzi - Mephisto Ballad

Sentite mai la voglia di ricominciare tutti insieme? Sapete che sarebbe il sogno di tutti?

Gianni Maroccolo – Ho continuato a lavorare, dopo i Litfiba e i CCCP/CSI/PGR, con Giovanni Lindo Ferretti, con Giorgio Canali, con Massimo Zamboni, con Piero Pelù, con Ghigo Renzulli, ma andare a rimettere insieme tutti è un’altra cosa. I gruppi nascono sugli entusiasmi, e a me è andata bene, perché ad avere vissuto l’esperienza dei Litfiba e dei CCCP/CSI sono stato fortunatissimo. Ritentare la sorte a un’età del genere è un rischio troppo grande: manca l’energia, mancano gli stimoli e probabilmente anche quella disponibilità che significa trovare mediazioni, fare passi indietro. Quando hai l’ardore della gioventù lo fai, da un certo momento in poi risulta complesso. Fare ibridi ora mettendo insieme musicisti di band diverse non ha la sua ragion d’essere.

Antonio Aiazzi – Ci vuole un foglio bianco per partire, inizi a conoscerti e a far partire dei meccanismi. Una band con 40 anni alle spalle di carriera rischia di scontrarsi su una pagliuzza perché c’è un vissuto importante, certo positivo, ma tutto può diventare anche tragicomico. Ci potrebbe essere un altro progetto simile a quello di Trilogia. Ma ricostituire una band è diverso.

Estratto da Alone, progetto solista di Gianni Maroccolo

Lavorare a distanza causa Covid è stata un’esperienza negativa o ha avuto i suoi risvolti positivi?

Antonio Aiazzi – In realtà ci troviamo benissimo: io mi sveglio quando Gianni va a dormire: alle sei di mattina circa. Così abbiamo un ciclo continuo di produzione. Alle 6 Gianni mi spediva il suo elaborato e andava a dormire mentre io ci lavoravo sopra. Poi a sera io spedivo a lui ciò che avevo fatto e lui ci lavorava la notte. Così si è generata la musica, un flusso di musica perenne.

Gianni Maroccolo – La cosa più divertente e bella è che in un periodo di crisi anche economica come questo trovi comunque la condivisione: abbiamo chiesto di collaborare a Claudio Ferri. Mi piace il suo modo visionario di raccontare attraverso le immagini. Ha fatto un video che rappresentasse la nostra musica. Lui mi ha detto: “Più che un video farei un cortometraggio.” “Sarebbe bellissimo – gli ho risposto – ma si parla di cifre non tranquille economicamente.” Ferri ha concluso: “Facciamo così. Lo faccio come mi pare senza volere un euro, altrimenti non lo faccio.” Sorprendente.

Come si fa a fare musica in questo periodo? Con quale coraggio?

Gianni Maroccolo – La musica non si fa per uno scopo, si fa perché va fatta. Anche nei momenti in cui non devi pensare a una produzione, devi continuare a fare musica se sei un musicista.

Linea Gialla – il primo disco solista di Antonio Aiazzi, del 2017

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