Mario Trovarelli – Psicologia Naturalista * Un bravo ragazzo moderno

 

tre lauree
due specializzazioni
un dottorato di ricerca
tre master di secondo livello
nessun lavoro
disperato
39 anni
aspirante suicida

gli ho proposto di andare a raccogliere pomodori in salento
si è indignato ed è fuggito dal mio studio
arrabbiatissimo

 

 

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10 Responses to Mario Trovarelli – Psicologia Naturalista * Un bravo ragazzo moderno

  1. Valeria Ronzani Valeria Ronzani ha detto:

    Mooolto moderno. Mi sembra di essere diventata uno di quei vecchi barbogi che dicono sempre: ‘eh. ai miei tempi..’. Ma io me lo ricordo quando si andava a vendemmiare a Bordeaux o a fare le pulizie a Londra. Per pagarsi le vacanze e avere un po’ di soldi durante l’anno, è vero. Ma mai avremmo disprezzato il lavoro. Io da laureata sono entrata come custode al ministero dei beni culturali. Che dovevo fare? Dello stipendio avevo bisogno e il cervello l’ho nutrito in altro modo. Almeno spero

    • Mario Trovarelli Mario Trovarelli ha detto:

      *

      Cambia tutto… cambiano i costumi… cambia il modo in cui vengono ordinati i bisogni. E cambia anche il modo in cui percepiamo noi stessi.
      E in quest’epoca impregnata di narcisismo, si tende ad allontanarsi dalla realtà, privilegiando appunto la gratificazione narcisistica, piuttosto che occuparsi dei bisogni primari.

      *

  2. Cristiano Pedersini ha detto:

    E ha fatto bene! Il calore del sud, l’essere immersi nella natura e nel lavoro manuale, in questi casi aiutano. E magari si guadagna pure qualche soldino.

    • Mario Trovarelli Mario Trovarelli ha detto:

      *

      Naturalmente ci sarebbero molte più cose da dire.
      Ma non essendo questo uno spazio clinico, ho ridotto le notizie al minimo, trasfigurandole quel tanto (come di consueto) per il rispetto della privacy e del segreto professionale.
      Ma il nocciolo resta!

      Si rincorrono titoli e titoli nella speranza di cominciare la scalata direttamente dall’alto… per poi scoprire che l’età e la totale assenza di esperienza lavorativa, non consentono più di entrare in un lavoro adeguato ai titoli conseguiti.
      Così si è costretti a riscoprire i bisogni primari (mangiare, bere, coprirsi…) per evitare l’inedia. Ma il narcisismo dei titoloni spesso impedisce di “abbassarsi” per mangiare.
      E la disperazione regna sovrana.

      *

  3. Francesca Del Fabbro ha detto:

    Tanto triste, quanto reale.
    A me viene una riflessione forse un po’ sulla linea di confine di quest’immagine: come si può aiutare una persona che non vuole essere aiutata? Basta fargli sapere di “esserci” ?

    • Mario Trovarelli Mario Trovarelli ha detto:

      *

      L’importante è non dargli falsi messaggi del tipo: “Io posso aiutarti.”
      Sarebbe la fine per lui. Perché prometteremmo una falsa soluzione per un vero problema.

      *

  4. Daniela Andropoli ha detto:

    Il tema proposto mi sembra molto interessante e delicato nel contempo, sia in termini clinici sia rispetto al più ampio contesto sociale attuale. Mi domando quale fosse il problema reale portato dal paziente ed il significato implicito nella proposta fatta dal terapeuta. Inoltre, alla rabbia espressa dal paziente che senso attribuisce il terapeuta ? Mi colpisce anche quell’ “aspirante suicida” : come ha orientato la posizione assunta dal terapeuta ? In pochissime parole trovo spunti per moltissime domande ! Spero che non siano troppe.

    • Mario Trovarelli Mario Trovarelli ha detto:

      *

      Pochi tratti per stimolare così tante domande.
      Ne sono contento.

      In effetti ho tracciato un bozzetto ridotto per raccontare una situazione che, pur non essendo diventato un vero caso clinico, rappresenta pur sempre uno squarcio su uno di temi più drammatici del nostro tempo: quanto studio per fare cosa!?

      In uno spazio specialistico avrei fornito maggiori dettagli per illustrare il caso sotto il profilo psicopatologico. Che è l’unico al quale sono interessato. Perché sono uno psicoterapeuta. Non sono un sociologo, né un assistente sociale un avvocato un prete un politico… un tuttologo!

      Un signore che entra nello studio di un terapeuta privato premettendo che non può pagare un onorario ma vuole “soltanto” che io gli “risolva” il problema in una battuta… innanzitutto va avvertito che la psicoterapia non risolve ma affronta!

      Questo per dargli un chiaro segnale che la sua vita non è in carico alla mia responsabilità.
      Così gli salvo la vita. Almeno per quella volta.

      Poi… cercherà, e magari troverà, chi stoltamente si farà immediatamente carico di un problema che non ha soluzione. Almeno non nel modo in cui la soluzione viene richiesta.

      Uno psicoterapeuta non fornisce false soluzioni a veri problemi!

      Stare con gli extraUE a faticare, peraltro, può diventare uno spunto per mettere a frutto lauree e dottorati.

      Per cui la mia proposta va intesa come una ricollocazione di responsabilità. Senza la quale il nonpaziente avrebbe accentuato la propria tendenza narcisistico-suicidaria, individuando nel nonterapeuta il responsabile finale della propria disastrosa condizione disarmonica.

      In questo universo di Babele, che non sa più cosa sia la forza della semplicità, le cose semplici sono sempre più difficili da capire!

      *

      • Daniela Andropoli ha detto:

        Puntuale e pregevolissima risposta. Spero che ci saranno ancora nuovi spunti di riflessione su temi anche così attuali. Spesso quando si parla di psicologia ci si arrocca in tecnicismi che non favoriscono la comprensione e la messa in discussione. Trovo invece qui un terreno fertile per una sana intelligente e matura discussione. Grazie nuovamente.