“Mio padre vuole che me ne vada, mia madre dice che posso restare con loro per tutto il tempo che voglio. Cosa devo fare…”
“Lei cosa vuole fare…”
“Io ci vorrei andare a vivere da solo. Ma poi mi tocca fare tutto da solo. Lavare cucinare stirare pulire…”
“Ha un lavoro… un titolo di studio… una ragazza…”
“No… si… ce l’avrei… ma…”
“Cosa non ha.”
“Ce l’avevo una ragazza. Ma poi…”
“Quanti anni ha…”
“46… circa.”
“Circa… capisco.”
Il ragazzo (“ “) ha fatto tre sedute di un abbozzo di psicoterapia. Ogni volta facendo sforzi titanici per riuscire a dire qualche parola.
Alla terza seduta ha esordito ammettendo che lui non aveva nessuna voglia di andare dallo psicologo e che era venuto solo perché suo padre l’aveva spinto fino all’esasperazione.
“Mio padre vuole che lei riesca a convincermi di andare a vivere da solo. Ma io…”
“Ma lei non vuole nemmeno provarci!”
Da quel momento non ha più aggiunto una sola parola e non ha risposto a nessuna delle mie domande o sollecitazioni.
Come sempre, il signore( a 46 anni non riesco proprio a definirlo ragazzo…) non era motivato a lavorare su di se, quindi la terapia è del tutto inutile.
Forse il padre ha aspettato troppo a inserirsi nel rapporto tra madre e figlio…hai voglia adesso a rimproverarlo…
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…o forse questo padre è egli stesso immaturo e non ha mai tollerato la presenza del figlio accanto alla madre.
così il padre si è sentito defraudato, dal vero figlio, del proprio spazio di finto figlio.
dunque il figlio (quello vero) non può separarsi perché aspetta che il proprio spazio di bambino venga soddisfatto. un “diritto” che gli è stato “rubato” dal padre-bambino.
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siii, vero, sento spesso di padri che sono gelosi delle attenzioni che la moglie riserva al neonato…ma se il padre si sentiva figlio, vedeva nella moglie una madre? Perchè a me sembra che tutti gli uomini cerchino una madre e, quindi accudimento, nella donna…
E la madre che ruolo assume? Da dove parte il tutto? Da un uomo che cerca accudimento o forse anche da una donna che accudisce il marito quasi come fosse un figlio?
A mio parere le dinamiche relazionali non possono essere rigidamente suddivise… nelle relazioni c’è un compenetrarsi… c’è un “scegliersi” che non è ovviamente un scegliersi ragionato, cioè razionale…. la dinamica relazionale tra due individui non può essere suddivisa,a mio avviso, in: “tu cosa hai fatto” “l’altro cosa ha fatto” “da dove si parte” “e dove si finisce” … ma presa in considerazione nella sua caratterizzazione e unicità … si sviluppano nel tempo queste dinamiche e vanno ad assumere una forma caratteristica, e con la partecipazione e coinvolgimento di tutte le persone con le loro singole unicità… si crea un sistema…. è così Dott. Trovarelli?
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l’unicità della coppia genitoriale è fuori discussione. ogni coppia ha le sue proprie dinamiche che sono uniche e irripetibili.
la stessa cosa vale per i singoli genitori, ciascuno di loro è unico e irripetibile.
pertanto non possiamo pensare che il padre faccia la madre e che la madre faccia il padre.
a ciascuno la propria funzione, che non è data dal ruolo fisso e irrinunciabile che madre natura assegna, ma dalle necessità del momento.
insomma … se una coppia è matura saprà distribuire al proprio interno, assegnando al genitore più adatto a quello specifico compito, o più disponibile in quel particolare frangente, i compiti di accudimento di volta in volta utili o necessari.
si chiama reciprocità questa modalità matura di relazione. e questo vale nella coppia affettiva e in tutte le situazioni paritetiche.
il rapporto genitore-figlio non è un rapporto paritetico.
e guai quando forzatamente lo diventa!
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sì. guai quando forzatamente lo diventa in quanto violentemente viene catapultato in uno spazio adulto che non gli appartiene…
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…privandolo dello spazio infantile. che se non vissuto, verrà ricercato per tutta la vita.
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A questa ultima sua asserzione dott. Trovarelli, mi viene da riflettere e da chiedere: quante persone hanno potuto effettivamente usufruire di uno spazio infantile adeguato? Forse non proprio tante come si potrebbe credere. Molto triste.
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amara… triste considerazione.
oggi non c’è molto spazio mentale da offrire al bambino.
il papà è indaffarato a tenere lo spazio femminile-materno per sé, la mamma è occupata con la carriera professionale.
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Grazie a entrambi delle risposte.
A me sembra che ci sia tutto scritto nel titolo… “spazio rubato… al papà” … finché occuperà quello spazio non potrà averne uno suo….
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esattamente!
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“Mio padre vuole che lei riesca a convincermi di andare a vivere da solo” A me ha colpito molto questa frase.
Ci leggo quasi un “mio padre vuole che lei mi insegni a vivere da solo”, che è il riconoscimento di un fallimento educativo della famiglia che delega e della fragilità di un bambino/uomo a cui probabilmente non è mai stato permesso di sperimentare e scoprire nè se stesso.
E’ veramente triste.
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molto triste e molto più frequente di quanto si possa immaginare.
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Sì
Trovo molto triste questa squarcio di sedute.
46 anni, altro che ragazzo, un uomo che invece è un bambino.
L’impossibilità di aver potuto fruire di uno spazio infantile primario fatto di affetto, autorità, di limiti certi e sicuri lascia un vuoto che è pari al deserto che fa da immagine a questo suo intervento dott. Trovarelli. A questo uomo bambino non resterebbe che attraversare il deserto attraverso la psicoterapia, trovando magari una qualche oasi nel mezzo dove rinfrancarsi nel cammino, per poi giungere dall’altra parte, alla propria vita. Di mezzo c’è il dolore. Il dolore, il proprio dolore, di quello che è stato, e di quello che spesso non è stato ed è mancato, da spessore e senso all’esistenza. A volte questo dolore può essere devastante. Ma quale alternativa c’è? Se non c’è la motivazione alla psicoterapia purtroppo questo uomo rimarrà un bambino.
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sì!
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