Mario Trovarelli – Psicologia Naturalista * Scrittura espressiva, un racconto (1)

Data: luglio 16, 2015

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L’ultimo volo

*

La sabbia infuocata mi brucia la pelle. Al tramonto diventerà più dolce. E tiepida.

Sono stanco. Mi siedo per aspettare le stelle.

Aspetterò anche te.

Ti cerco nell’aria.

Nelle notti stellate perlustro avidamente la spiaggia. Fino all’orizzonte lontano. Nella speranza d’incontrarti.

A volte mi pare di scorgerti. Sempre elegante. E fugace.

Un’illusione. Forse il riflesso del mare. O un arbusto mosso dalla brezza leggera.

Tra poco correrai da qualche parte laggiù. Come sempre.

Ma come un intenso ologramma, sembri reale per farmi più male.

Ti dipingo coi capelli sciolti e col tuo rosso pareo di cotone indiano ancora annodato sul fianco.

Sotto… il tuo bel costume azzurro, ancora intriso di salsedine.

Bella e leggera. Morbida.

Sconto la mia condanna per averti uccisa!

E così ti sogno ancora. Ogni notte.

La morte non è che un sonno interminabile, costellato di mille sogni.

Tutto intorno c’è acqua blu e trasparente. Profonda e minacciosa.

E sabbia. Tanta sabbia.

Filari di cipressi proteggono le lapidi lontane. Un unico canneto, a guardia del mio velivolo spezzato. Ormai relitto.

Il tempo è sospeso. L’atmosfera opalescente.

Di giorno splende un sole che non posso vedere. Di notte la luna è quasi trasparente. Le nuvole costantemente tinte di bianco e di grigio.

Questa spiaggia immensa è intrisa di desolazione e di nostalgia.

Aspetto le stelle che non verranno. Neanche tu verrai. Ma il mio amore, intatto e puro, ti vede e ti vedrà sempre.

Abbraccia la mia anima e proteggila. Come facevi un tempo.” T’imploro inutilmente mentre ti vedo danzare laggiù, nella bruma del crepuscolo eterno.

Cammino. Percorro miglia di sabbia sottile. Ma ho la sensazione di restare fermo. Il mio orizzonte non cambia.

Ti vedo. Ora là, dietro i cipressi. Ora qua, sulla spiaggia. A volte compari sullo specchio di mare più vicino. Mentre cammini a piedi nudi sull’acqua scintillante.

Stiamo qui. Vicini ma lontani. Senza incontrarci e senza abbracciarci.

Perché è tardi.

In questa casa di sogno le notti sono tutte uguali, e sempre diverse.

Le stelle per soffitto, l’aria per pareti, la spiaggia per pavimento. Il mare sullo sfondo.

Mi aggiro disperato per questa landa così sterminata, costantemente immerso in un’effimera sonorità ovattata.

Quando mi sembra di vederti sulle onde sento ancora il rombo del motore. Un tempo l’avrei riconosciuto tra mille. Adesso non saprei più farlo. E quando provo ad ascoltare attentamente, tutto svanisce nel nulla. Come svaniva la tua immagine quando improvvisamente ti allontanavi per scappare da un pilota ubriacone.

Ricordi? Lo stereo improvvisamente si spegneva e la musica finiva.

Amore… amore mio dolcissimo….

Guardo con malinconia il cimitero, oltre la baia. Filari di alti cipressi ondeggiano alla brezza di questo crepuscolo perenne.

Là avremmo potuto riposare insieme. Se solo avessi rinunciato all’ultima manovra spericolata. Potevo atterrare su uno di quei vialetti felpati. Ma non l’ho fatto.

Adesso stiamo qui. Anime vaganti senza sepoltura.

Porto ancora il mio bianco foulard di seta fine. Unico cimelio del nostro amore struggente. E del nostro volo memorabile.

A volte… tutte le notti, ritorno a quella sera. …il volo radente sulla sabbia e sul pelo dell’acqua fino a sfiorarla. L’ala destra inclinata per infilarmi nel solco disegnato dall’onda. Alti spruzzi d’acqua salata sollevati dal ruotino di coda.

Guarda verso dritta, – ti sento gridare – la luna sta nascendo sul mare.”

E disegna un’incredibile scia d’argento sull’oceano di notte.” Sono preso dalla foga dell’acrobazia.

Trasformo le mille figure d’alta scuola in abbracci eleganti e appassionati.

Ti amo.” Urli nel vento.

Come?”

TI AMOOO….” Urli più forte.

Avevo capito benissimo, ma volevo sentirtelo dire di nuovo. Per attenuare, almeno un po’, la tensione delle possenti accelerazioni.

E come in un balletto flessuoso e sensuale, scivolo lievemente d’ala, a sinistra e poi a destra. Ma subito dopo motore avanti tutta con manetta contro battuta. Quattromila giri sul motore stellare. Velocità da capogiro. Elica a passo alto per mordere aria e acqua contemporaneamente.

Metto la pallina al centro e tengo l’aeroplano livellato mentre raggi lontani di luna sul mare s’intrecciano col bagliore del tuo magnifico pareo.

Il motore romba nel biplano e mi rimbomba nel petto in sintonia col cuore in tumulto di passione. Per il volo e per te.

Amore e volo!

Sono felice. E totalmente ubriaco.

Una leggera virata a sinistra in cabrata per guadagnare quota. Livellamento a mille piedi e poi giù di nuovo per trasformare in velocità la quota.

Un looping a cerchio chiuso disegna il cielo della notte serena.

E poi la fine!

La sabbia sotto i piedi nudi. Sotto i miei e sotto i tuoi. Ma anche dentro le nostre bocche spalancate, ormai prive di parole.

Mi sembra di volare ancora nella scia del tuo profumo al gelsomino. Il vento m’inebria ancora del tuo corpo caldo e sensuale.

Sono un pilota in gamba. Il migliore.

Tonneau a bassa quota a pelo d’acqua. Volo rovescio sulla spiaggia. Ala destra tra due lunghi filari di cipressi.

Cabrata a candela.

Picchiata da brivido. Col cuore in gola.

Impennata con avvitamento verticale.

Stallo e caduta libera con mille giri di vite.

Otto lento. Virata di scampo. Volo lento con tutto fuori.

Librarsi sul mare… è come fermare il tempo.

Non ho mai volato solo: con te sul sedile anteriore, oppure con la bottiglia sul cruscotto.

Ti portavo con me anche quando non c’eri.

Quella notte magica ero più ubriaco del solito. Di vino, d’amore e di volo.

Ti sollevai per sistemarti sul mio rosso biplano.

Al posto d’onore. Davanti.

Quante volte t’avevo portata con me… ma quella volta volli provare la febbre dell’alta acrobazia.

Il vero battesimo del vento. Finalmente uniti per l’eternità. Liberi da tutte le leggi dell’universo fisico, nel blu profondo e terso del mare e del cielo.

Sono un bravo pilota. Un asso di guerra. Ho le ali disegnate addosso. Ho compiuto imprese memorabili.

Ma quella sera… la congiunzione fatale. Il volo e l’ebbrezza non sempre si combinano bene.

Tante volte ero andato in volo in compagnia della bottiglia. Ogni volta che non potevo averti.

Mi vantavo di saper tenere le ali livellate o di virare in perfetta coordinazione tenendo la bottiglia incollata sul cruscotto.

Tu gli occhi dell’amore. Io le ali disegnate sulle spalle. Il motore nel petto. La potente elica nella testa.

Sono forte come il mio aeroplano.

Ma quella notte illuminata di mille astri… i suoni scomparvero improvvisamente. E tutto finì nello schianto.

I morti vedono Dio ma non possono vedersi tra loro.

Questa è la mia condanna in questo limbo.

E’ la fine del tempo.

Il territorio delle lapidi e dei cipressi è vicino, ma irraggiungibile. I vivi sono altrove. Nella realtà del tempo e dello spazio.

Questa non è una vita alternativa. E’ la fine. Perché non ho più il mio biplano. E non ho te.

Questo è l’altro mondo. Un sonno lunghissimo, una sensazione dolce e pungente, una sospensione del tutto nel niente, una dimensione senza spessori.

Qui il dentro assomiglia al fuori, il veloce appare lentissimo.

Miglia e miglia di volo in un solo istante.

Credevo di ritrovarti qui. Pensavo che mi saresti venuta incontro.

Favole da vivi!

In quest’orto suggestivo di fiammelle sempre ardenti, una pace di silenzi si alterna a percezioni sempre nuove. E sempre uguali.

Siamo condannati a vagare su questa spiaggia per l’eternità perché siamo morti senza sepoltura.

Questo è il limbo dei piloti. Un mondo traslucido di sensazioni, senza dolore e senza gioia.

L’ironia vuole che a pochi passi da qui ci sia un grande cimitero.

Ti ho dato il battesimo del volo e anche la morte.

Sono un grande pilota. E un assassino crudele.

Il rimorso mi accompagnerà perennemente per averti per sempre separata da me e dal mondo intero.

Ho cominciato a sognare da bambino. Dapprincipio immagini spaventose di cadaveri nei cassetti e acque minacciose. Ma poi bellissime cattedrali s’alternavano con dolci colline silenziose.

Ho visto l’inferno e il paradiso.

Ma questo è il luogo dell’indifferenza. Creato per chi non ha grandi meriti né colpe gravi.

Qui non c’è luce perché manca il buio su cui appoggiare i raggi luminosi.

Tutto è pervaso dal crepuscolo perenne.

Quello che i vivi non sanno è che si può morire migliaia di volte nell’arco dell’intera esistenza. Si muore ogni volta che si dorme e si sogna.

La vita è una condizione mentale, mentre la morte è la condizione totale. Quando si sogna si esce dalla mente e si entra nell’altro mondo. Ma poi si torna.

Quando si muore si esce da tutte le possibilità. E si entra nell’assoluto.

L’ala destra nell’onda. L’ala sinistra tra i cipressi. Volo radente nell’acqua salata. Volo rovescio sulla sabbia.

Vite stallata a spirale.

Richiama!

Richiama accidenti….

Non lasciarti tentare dal gioco della rimessa all’ultimo momento. Troppi piloti sono già morti dopo cinquanta giri di vite.

E’ pericoloso avvicinarsi troppo al suolo.

Richiama più in alto. Datti una possibilità.

Ma io sono un grande pilota. Il migliore.

L’impatto fu inevitabile. E ti persi per sempre fra le onde giocose di questa tiepida spiaggia.

In una notte memorabile d’amore e di volo.

*

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8 Responses to Mario Trovarelli – Psicologia Naturalista * Scrittura espressiva, un racconto (1)

  1. Giuliana Ocovich ha detto:

    L’ho letta tutta d’un fiato. E’ molto bella. Ha una bella musicalità. Mi sono emozionata.
    E’ questa la scrittura espressiva? Come ci si arriva alla scrittura espressiva? Grazie.

    • Mario Trovarelli Mario Trovarelli ha detto:

      *

      sì, è questa la scrittura espressiva.
      quella che non ti lascia il tempo e lo spazio per pensare. perché nel frattempo ti stai emozionando.

      ho messo a punto un modo molto semplice per imparare a scrivere in modo espressivo.
      ne parlerò in uno dei miei prossimi articoli.
      grazie.

      *

  2. Alice Pravisani ha detto:

    questo è il mio racconto preferito. è impossibile arrivare alla fine senza almeno una lacrima. in questo racconto volo anch’io sul mare, urlo al vento e poi piango tutto ciò che è perso.
    questo racconto parla di un pilota, è vero, ma principalmente dà forma al dolore…e lo fa così bene che è possibile sentirlo vividamente sulla pelle.
    complimenti.

    • Mario Trovarelli Mario Trovarelli ha detto:

      *

      grazie Alice.
      per aver riscritto il mio racconto attraverso il tuo dolore.
      è questo che mi dà la spinta a scrivere. raggiungere la sensibilità delle persone che leggono… e che riscrivono con me il racconto che così diventa universale.

      *

  3. Federica ha detto:

    Buon giorno Dottore, ho letto diverse volte i suoi racconti e mi colpiscono per la naturalezza l’autenticità che trasmettono, le emozioni scorrono e travolgono!
    E’ possibile imparare a scrivere in questo modo?

    • Mario Trovarelli Mario Trovarelli ha detto:

      *

      sì. è possibile. anzi di fatto tutti lo saprebbero fare naturalmente.
      ma ultimamente l’umanità ha dimenticato la naturalità. così non sappiamo più fare gesti semplici, come ad esempio piangere… ridere… commuoverci… arrabbiarci… perdonare…

      sono queste le cose che scrivo.
      potenti perché semplici.
      arrivano senza ostacoli al lettore perché partono da profondità mentali che sono patrimonio di tutti.

      siamo tutti uguali laggiù… dove nasce la vita.

      più avanti tuttavia parlerò di come si può riscoprire questa capacità. per scrivere in modo nascente… espressivo.

      *

      • Federica ha detto:

        grazie, sarò contenta di seguirla in questo percorso che sembra di capire porti ad essere più autenticamente se stessi.

        • Mario Trovarelli Mario Trovarelli ha detto:

          *

          spero che io per primo riesca a diventare sempre più autenticamente me stesso!

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