La fantasia è la capacità del pensiero di creare e visualizzare immagini.
E’ possibile riprodurre scene del passato, anticipare quelle che verosimilmente costituiranno le situazioni concrete del futuro, oppure creare configurazioni nuove e imprevedibili.
La fantasia nasce come prima forma di pensiero. Il bambino molto piccolo, in assenza del conforto fornito dalle premure materne, allucina la presenza della mamma. La immagina!
La fantasia è il motore del pensiero creativo e rappresenta la forma più primitiva delle facoltà progettuali di cui dispone l’essere umano.
Nella mente del bambino la fantasia nasce dall’esigenza di soddisfare un bisogno fondamentale: la presenza della mamma!
Nel corso dell’intero arco esistenziale il pensiero cresce e si sviluppa continuamente arricchendosi di tutte le nuove esperienze della vita. La fantasia resta sempre alla base di ogni attività ideativa.
La fantasia proviene dall’esperienza relazionale, perciò, per conservare una buona facoltà immaginativa, è necessario restare costantemente a contatto con la realtà concreta.
Quando si pensa alla fantasia, infatti, spesso si commette l’errore di presumere che essa non abbia bisogno di “rifornimenti” esterni. Si tende a credere che dentro la mente umana sia presente tutto quello che serve per la creazione delle immagini.
In realtà le cose non stanno proprio così.
Se si perde il contatto con il reale, infatti, lentamente e inesorabilmente si tende a deviare verso una modificazione della fantasia. Si entra così in una particolare modalità di pensiero fantastico che potremmo definire “fantasticheria”.
Questa modalità viene spesso utilizzata “per realizzare” (si fa per dire) bisogni e desideri che non possono trovare posto nella realtà. Ci si distacca così dal mondo reale rendendosi poco conto, o per niente, della distanza che separa il proprio pensiero dalla realtà possibile.
il dolore per eventi spiacevoli può bloccare per un po la fantasia e il piacere che procura la fantasia?
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assolutamente sì. il dolore che non può essere elaborato… tenderà a bloccare il pensiero, quindi anche la fantasia.
il dolore elaborabile non blocca, semmai incentiva la fantasia.
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Buonasera Mario, in un suo intervento lei scrive che per conoscere se stessi non basta guardarsi allo specchio ma bisogna osservarsi in un video ed ascoltare la registrazione della propria voce. Le chiedo se questo è sufficiente o se non si rischia di cadere nella trappola dell’autocompiacimento e della negazione. Ed inoltre il modo in cui le persone che amiamo o stimiamo ci percepiscono può contribuire alla conoscenza di se stessi ?
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Bella domanda Daniela…
Degna di una collega così preparata quale lei è.
Vedrò di districarmi.
Non è sufficiente rivedere le proprio foto o guardarsi su un video o riascoltare la propria voce per conoscersi.
Credo, tuttavia, che osservarsi un po’ da fuori, cosa che lo specchio non permette, ci aiuti a far
pace con noi. Perché rivedendo quello che la macchina ha fissato, possiamo vedere di più i nostri difetti. E magari così impariamo a conoscere anche qualche nostro pregio.
Così ci guarderemo con meno paura e minor boria, imparando a volerci un po’ più bene perché ci vediamo più veri e autentici.
Allo specchio ci vediamo coi nostri stessi occhi. La macchina invece ci vede coi suoi strumenti ottici o acustici, che non coincidono affatto con quello che vediamo e ascoltiamo noi.
Quanto al modo in cui ci percepiscono le persone che amiamo e stimiamo, guai se non ci fossero queste persone. Perché se le amiamo e le stimiamo, forse è proprio perché ci vedono “bene” e ci accettano.
Ancora una volta, dunque, questo ci aiuta a stare meglio con noi stessi. A volerci un po’ più bene.
Quanto a conoscerci meglio…
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