Seduta 67
“Eravamo rimasti in due. Ormai pk addestrati. Con numerose missioni di guerra all’attivo. Molte delle quali segnate da strepitose vittorie, altre andate a vuoto. Io ero stato colpito una sola volta, un buco di proiettile di mitragliatrice sulla deriva. Marco due volte, una delle quali seriamente. Aveva riportato anche una lieve ferita alla fronte in seguito alla rottura del plexiglas del finestrino di destra.
Mancavano solo due settimane alla conclusione ufficiale del corso… già, del corso! Ma di quale corso, se eravamo già stati impiegati in guerra…
Va bene… ammetto che soltanto così si diventa veramente forti e capaci. Alla prova del fuoco si tira fuori il meglio di sé. Ma il bilancio era pesante. Il nostro capo pattuglia era caduto… Io e Gallio eravamo profondamente cambiati. Sentivamo di essere diventati animali feroci, belve, anzi… veri e propri falchi rapaci assetati di sangue.”
Mi fermo e rifletto… mi viene in mente che anche qui, su questo lettino, sto cambiando… sono cambiato. Non sento più il terrore di espormi. E soprattutto non ho più tutte quelle femmine in testa. Mamme dolci, e traditrici.
Forse ho capito anche qualcosa di me… delle mie due anime, come dice Elijana…
E poi percepisco lei più concreta. Forse un po’ meno strega e più donna.
“Penso che qui divento diverso, adesso come allora. L’esperienza dura dell’addestramento mi ha cambiato, ma anche l’esperienza qui, insieme con lei, mi sta cambiando.
Lei mi appare più densa, meno rarefatta e con una connotazione più umana.”
“Più densa… sì, credo di capire.”
“Non sapevamo cosa aspettarci. Non riuscivamo a indovinare se ci avrebbero rimpatriati per l’ultima parte del corso, oppure…
Sa… improvvisamente mi sta venendo in mente… una specie di sogno.”
“Una specie!?”
“Sì… un sogno da sveglio. Ma non so se voglio raccontarglielo. Mi è capitato qualche giorno fa al lavoro. Mentre osservavo degli oggetti celesti sul monitor del mio computer.”
Mi fermo… ma questa volta non voglio bloccarmi. Deve finire il tempo dell’indugio.
“Insomma… studiavo la traiettoria di un grosso asteroide, e mi è capitato come di identificarmi con lui. Ed è partita la fantasia di vagare in uno spazio infinito come se viaggiassi in un grande contenitore caldo e accogliente. Perché nello spazio avvengono i fenomeni… avviene tutto. Allora mi è sembrato di poter sottrarre allo spazio siderale il senso di infinito e di vuoto, attribuendogli quello di giardino. Un orto di cristalli nel quale essere contenuto e sentirmi al riparo.
Mi è sembrato che il giardino spaziale fosse molto colorato… di stelle, di arcobaleni… di aurore e di tante luci e colori e perfino di suoni.
Ed è comparsa lei, Elijana… col solito abbigliamento etereo dai colori pastello. E col sorriso appena abbozzato. Che mi stendeva il braccio… come per darmi la mano e accompagnarmi in un viaggio a corpo libero. Tra le stelle. Proprio come fa l’asteroide. Seguendo i flussi di particelle e di energie, come fossero fiumi e ruscelli del cielo.
Io e lei a corpo libero o su una leggera canoa. Senza tempo…”
Oggi mi sento… non saprei dire come. Forse mi sento e basta, mi percepisco. Anch’io sono più concreto e solido. Proprio come la mia… la mia terapeuta.
Le ho raccontato cose terribili, ma con sorpresa non ne ho vergogna, né paura…
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Dal romanzo “Io, pilota kamikaze” di Mario Trovarelli, Il menestrello
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