-di Valeria Ronzani-
Un tema natalizio, ma Leonardo da Vinci era nato il 15 aprile (1452) e il restauro di uno dei dipinti più celebri della storia dell’arte è una vera resurrezione. In cui il suo celebre non finito assume un valore assoluto, di continua ricerca e rigenerazione. L'”Adorazione dei Magi” rientrata da pochi giorni alla Galleria degli Uffizi dopo un restauro di cinque anni compiuto dall’Opificio delle Pietre Dure, è tornata a mostrare un universo di pensieri e intenzioni che affollano la tavola, che Leonardo lasciò incompiuta nel 1482, partendo per Milano. Ecco, questa è una data impressionante se solo si confronta quest’opera con l’Adorazione di Filippino Lippi, 1496, quattordici anni dopo, eppure un universo artistico distantissimo. La commissionarono a Filippino i poveri monaci del Convento di San Donato a Scopeto, per sostituire quella che Leonardo non gli aveva prodotto.
Sgombrati tutti i vari strati di materiali, pure ossidati, che nel corso dei secoli erano stati posti a protezione della superficie pittorica, si palesa una vera rivoluzione. Che non conobbe veri eredi se non forse l’unico Raffaello, capace di cogliere quella complessità compositiva e spaziale. E ci scorrono sotto gli occhi gli embrioni di altre future importanti composizioni, dai cavalli della Battaglia di Anghiari al viso segnato del San Girolamo, fino all’acqua della Madonna delle rocce. Ma la profondità di quel cielo azzurrato, le figure che si muovono lungo le architetture sullo sfondo, quel brulichio senza fine, che snoda una storia dentro l’altra senza soluzione di continuità in una rappresentazione infinita dell’umano divenire, della vita, solo Leonardo ce lo dona.