Le disodie: fisiopatologia della voce artistica (3.)

Data: settembre 22, 2015

In: I MISTERI DELLA VOCE - FRANCO FUSSI,

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-di Franco Fussi –

continua dalla parte 2

Terza e ultima parte dell’analisi del dott. Fussi sulla fonazione nel cantante professionista

Nel video seguente: NODULI DELLE CORDE VOCALI

Nel video seguente: Polipo della corda vocale destra con lesione micronodulare di contatto controlaterale

Spesso i quadri clinici associano alterazioni primarie di gestione della funzione a disturbi organici secondari (ad esempio micronoduli) o viceversa alterazioni congenite (ad esempio cisti, sulcus congeniti) a compensazioni disfunzionali secondarie. Per tali ragioni gli schemi e le classificazioni della nosografia foniatrica appaiono alquanto mutevoli tra i vari Autori, specialmente per la catalogazione delle forme miste.

Sotto questa luce, possiamo inglobare le disfonie disfunzionali del professionista della voce sotto il termine di Disfonie Performative Professionali (DPP) (entità nosografica specifica comprendente anche i disturbi da uso artistico della voce parlata), e così definite per differenziarle dalle disfonie da cause lavorative vocali non professionali (Fussi, 2005). Potremo in esse distinguere:

– le disodie disfunzionali pure: alterazioni delle caratteristiche qualiquantitative della voce professionale determinate da un’alterazione dell’impostazione tecnica-fonatoria, indotta da cause determinanti o da fattori scatenanti che agiscono su un terreno predisposto da fattori favorenti, con conseguente alterata gestione della meccanica funzionale cordale;

– le disodie disfunzionali con laringopatia secondaria: tappa successiva dell’alterata gestione del sistema-voce, per il persistere di condizioni non eufoniche, con comparsa di lesioni organiche obiettivabili, ad esordio a volte improvviso, per momentaneo ma grave squilibrio di gestione funzionale (ad esempio, edema acuto o polipo da sforzo).

Comunemente, surmenage e malmenage vocale sono i fattori primariamente chiamati in causa nell’eziologia delle DPP. A questi fattori possiamo affiancare un corredo concausale o scatenante piuttosto vasto, tra cui (Sataloff, 1991):

– le incompetenze o le alterazioni del controllo posturale per l’equilibrio dei sinergismi muscolari laringei intrinseci specifici (registri della voce, ecc.), talora condizionate dall’uso di strumenti musicali di accompagnamento al canto, da sforzi di accomodamento visivo, ecc.

– le incompetenze o alterazioni della gestione del vocal tract (elementi fisico-acustici fondanti del codice performativo in esercizio),

– i disturbi dell’ATM, con inferenze sulla gestione del vocal tract,

– l’influenza ormonale sullo stato delle mucose vibranti,

– le influenze dell’apparato digerente sulla laringe e sulla gestione del diaframma, ecc.

E’ inoltre da ricordare che affezioni quali flogosi acute e croniche, o allergie respiratorie, possono facilitare la comparsa di DPP (Fussi, 2005).

Tali cause e fattori sregolano l’abilità motoria specificamente volta alla fonazione professionale: ogni volta che l’equilibrio sensitivo-motorio (che noi chiamiamo anche schema corporeo-vocale) non matura adeguatamente, o viene alterato, subentra la DPP. Nel soggetto eufonico, e dunque nella riconduzione logopedica di un disodico disfunzionale all’eufonia, la sequenza di atti motori è solo una serie di conferme e/o correzioni, e non una serie di atti motori di volta in volta programmati. Per questo motivo è importante sottolineare la necessità di un approccio cognitivo al problema disodia disfunzionale, tanto più accurato in relazione alle necessità fonatorie del paziente. Non sempre, infatti, egli può realisticamente evitare elementi di surmenage e malmenage, tanto che alcuni modelli di comportamento, all’interno di generi performativi specifici, possono influenzare l’incidenza del disturbo vocale.

Quando i fattori scatenanti (condizioni acute o prossime che possono slatentizzare una potenziale situazione di alterazione vocale), dopo un iniziale meccanismo di sforzo vocale compensativo, subiscono l’azione di fattori favorenti (condizioni croniche perduranti nel tempo che inducono situazioni di disfunzionalità) il paziente ha difficoltà a ricondursi ad un bilancio eufonico di prestazione. Lo sforzo vocale si protrae e la prestazione si stabilizza in aumento incosciente della pressione sottoglottica con alterazione della dinamica respiratoria e posturale e aumento delle forze tensoadduttorie laringee (diminuzione del rendimento vocale e alto costo vocale): i fattori favorenti protraggono perciò uno stato di incoordinazione pneumofonica che conduce al manifestarsi della alterazione vocale disfunzionale, a meno che il soggetto non riduca la produzione e l’intensità della voce fino al ripristino di condizioni, fisiche e tecniche, più favorevoli.

Tra i fattori scatenanti ricordiamo: tutte le affezioni della sfera otorinolaringojatrica (laringite acuta, laringiti traumatiche, edema transitorio laringeo premestruale o da variazioni climatiche, faringotonsillite, diatesi allergica), fattori psicologici quali tensione psicomotoria e muscoloscheletrica, surmenage recente o malmenage acuto, astenia per malattie debilitanti, ipotonia addominale post-partum o jatrogena.

Tra i fattori favorenti elenchiamo: gli obblighi professionali, la fonazione prolungata nel rumore, le turbe dell’emotività e i conflitti prolungati, una immaturità tecnica vocale, un precoce affronto di repertorio non confacente alle attuali doti tecniche, un alterato feedback audiofonatorio (traumi acustici, presbiacusia), abitudini voluttuarie (alcool e tabacco), l’esposizione a polveri e vapori irritanti.

Il malmenage e il surmenage del professionista vocale sono elementi particolarmente legati alla prestazionalità d’organo di questi soggetti. Foniatra, fonochirurgo e logopedista, per procedere ad un razionale d’intervento basato sul ripristino migliore delle funzioni, devono chiarire quali atteggiamenti o atti vocali possono essere implicati nel danno laringeo, e in che modo arrecano danno alle strutture.

I più comuni comportamenti gravati da alto costo vocale, antieconomicità e rischio di patologia organica, in questa categoria di pazienti, sono quelli che implicano una vocalità artistica gravata da eccessiva tensione muscolare e alta pressione sottoglottica. Essi sono rilevabili: in vocalità liriche tecnicamente carenti, nel ricorso a utilizzi estremi, o unidirezionali, delle metodiche dette di “affondo” o “a sorriso”; in tipologie stilistiche particolari quali il “belting”; nei trascinamenti del registro pieno con consonanza di petto molto oltre il limite tonale superiore della sua giurisdizione; in modalità “dure” di attacco vocale; in posizioni laringee costantemente elevate con elevazione frequenziale formantica (accorciamento del vocal tract) e alterazioni posturali; utilizzi abituali di “registri” estremi (ipertono adduttorio ventricolare e “vocal fry” per gli estremi gravi, ipercinesia laringea e registro di fischio per il settore acuto e sovracuto).

Comportamenti classificabili come malmenage e surmenage vocale sono (Fussi e Magnani, 2003; Magnani, 2005):

-Accresciuta tensione:

colpo di glottide

Nel video seguente: ATTACCO BRUSCO E, SUBITO DOPO, ATTACCO MORBIDO O SIMULTANEO (in high-speed laringoscopia, cinematografia ultrarapida) 

posizione laringea elevata

ipertono delle false corde

CICLO VIBRATORIO CON IPERTONO DELLE FALSE CORDE

CICLO VIBRATORIO CON IPERTONO DELLE FALSE CORDE

accorciamento laringeo anteroposteriore (solo quando accompagnato da ipertono delle false corde ed elevazione laringea)

atteggiamenti di ‘spinta’ vocale (ipercinesia extralaringea) da imperizia tecnica

elevazione del ‘meccanismo pesante’ di registrazione in ‘voce di petto’ oltre i limiti tonali

-Improprio livello di altezza tonale:

altezza elevata persistente in registro uniformemente modale (‘meccanismo pesante’)

tessiture inadeguate al proprio range di estensione

mancanza di variabilità prosodica dell’altezza tonale nel parlato (“monopitch”)

muta vocale non risolta (“puberphonia”)

utilizzo abituale del “vocal fry” nel parlato (“fry register”)

-Utilizzo di intensità vocali elevate protratte, ma anche momentanee, senza abilità di “proiezione”

-Fonazione parlata protratta in condizioni di disfonia psicogena, stati di ansia, flogosi faringolaringee, post-fonochirurgica

-Necessità di uso di persistenti intensità elevate per scarsa portanza fisiologica (voci ‘piccole’) o per permanenza in ambienti rumorosi

-Utilizzo vocale intenso o professionale in corso di flogosi prime vie aeree

-Tosse prolungata

-“Raclage” abitudinario

-Uso vocale abitudinario sotto sforzo fisico

-Espressioni vocali artistiche fisiologicamente improprie (per eufonia stilistica) su un substrato tecnicamente carente o in quantità eccessiva.

Infine, oltre a cause primarie e secondarie di gestione di funzione esistono cause intrinseche di funzione che caratterizzano le vere disodie funzionali (differenziate dunque dalle disfunzionali) indotte da influenze sulla tecnica vocale per carenze maturative del sistema-voce (residuati di disturbi della muta, puberphonia nel periodo post-adolescenziale, ecc.) o per disagio psicologico (ansia da prestazione e reazioni di conversione psichica). Le disfonie funzionali pure derivano dunque da una alterazione non delle capacità di gestione eufonica, ma della funzionalità in senso stretto: induzioni psichiche o rimaneggiamenti fisiologici evolutivi inducono l’alterarsi della funzione indipendentemente dalle abilità prattognosiche di gestione; le capacità performative del soggetto vengono ad essere pertanto deteriorate, in un periodo protratto (come nel caso delle cosiddette disfonie psicogene), o in uno specifico momento (ansia di prestazione), o in un periodo di cambiamenti organici fisiologici (come nel caso dei disturbi funzionali della muta vocale), o ancora per le involuzioni fisiologiche nella senescenza.’ FINE

PARTE 1

PARTE 2

Nella foto di copertina: Mario Lanza

 

 

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