.-di Valeria Ronzani –
“Se ami l’arte, è l’arte che ama te; se sfrutti l’arte è l’arte che sfrutta te”, è l’insegnamento di Giuseppe Panza Di Biumo che il collezionista Giorgio Fasol ha fatto suo. Ecco la storia di Agi Verona.

Nari Ward
Wishing Arena, 2013, cestini di plastica, legno, lumini, lattine, 462 x 344 x 158 cm
Courtesy AGIVERONA Collection, GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
Veduta Pellegrinaio, Santa Maria della Scala, Siena
PH. Michele Alberto Sereni
Se passate per Siena, ancora fino al 15 ottobre, avrete l’occasione di visitare al Santa Maria della Scala, con ramificazioni pure al Palazzo Pubblico e all’ Accademia dei Fisiocritici, una mostra che fa riflettere. Perché in ambienti così pieni di storia vediamo collocate opere di giovani artisti contemporanei e scopriamo che ci stanno benissimo. Anzi, nell’interscambio spazio temporale sia lo storico che il contemporaneo si arricchiscono di significati e suggestioni. Ma proprio tanti! Sarà merito della bravura dei curatori, Luigi Fassi e Alberto Salvadori, che fin dal titolo dell’esposizione “Che il vero possa confutare il falso” paiono orientarsi verso una mostra a tesi, ma non sarà soprattutto perché ci pongono davanti a un dato di fatto a cui i più non vogliono arrendersi? I sentieri dell’arte viaggiano senza soluzione di continuità. Ciò che viene dopo, anche il ribelle, anche chi distrugge, ha sempre debiti coi predecessori. Non stiamo parlando di stile o di linguaggio, stiamo parlando del dare voce alla civiltà di cui tu, artista, incarni la più intima e profonda espressione.
Uno che al potere dell’arte si è da tempo arreso, totalmente e definitivamente, è lui, Giorgio Fasol, vero deus ex machina di questa esposizione. Perché le opere in mostra sono dalla sua collezione. “Le ho acquistate tutte per amore”, ci chiarisce. E racconta di come fin da bambino aveva la passione delle collezioni. Ma se in tanti nell’infanzia hanno condiviso con lui la passione per le figurine dei calciatori, meno probabile che una volta diplomati sognassero di comparsi un Morandi. “Era il 1958 – ci racconta -, avevo risparmiato, mettendo da parte i soldi per premiarmi così. 365mila lire, era una bella cifretta all’epoca. Sono entrato nella Galleria e ho chiesto ‘Quanto costa? Un milione e mezzo, fu la risposta. Ho detto ‘buongiorno’ e sono uscito.”
(l’articolo prosegue dopo il video)

Adrian Paci
Home to go, 2012, polvere di marmo e resina, corda, tegole, legno, 165 x 90 x 120 cm
Veduta Pellegrinaio, Santa Maria della Scala, Siena
Courtesy AGIVERONA Collection, Galleria Kaufmann Repetto, Milano
PH. Michele Alberto Sereni
Ma l’incontro col destino era solo rinviato e si personalizza 2 o 3 anni dopo nella figura dell’artista veronese Renzo Sommaruga. Che ha dato un bello scossone a Giorgio e alla moglie Anna: “Non dovete guardare alle croste, solo alle cose belle!” Sommaruga era scultore, ma stampava pure libri d’arte. “Diventammo amici – prosegue Fasol – e fu proprio un libro fresco di stampa che mi mostrò a casa sua che mi fece scattare la scintilla, grazie a un’incisione di Capogrossi“. Iniziò così il periodo che lui chiama della ‘consapevolezza’. “Mi innamorai di Fontana, ne volevo uno. A Brescia c’era una grande mostra dell’artista, io andai lì e chiesi il prezzo del più piccolo. ‘Tre milioni!’ Io ne avevo solo uno, così mi misi d’accordo col gallerista. Gli lasciai il milione e il quadro e negli anni me lo sono portato via”. Una passione devastante. “Mia moglie è molto più pacata di me (ovviamente la consorte non può che condividere la passione del marito, ndr). Se non mi scatta la scintilla non prendo l’opera. Ma se mi scatta è un vero innamoramento”.
Pare quasi un paladino dell’arte e degli artisti Fasol: “Bisogna essere anche romantici per godersi la vita. Ora sono in pensione, facevo il commercialista, ma non ne voglio più sentire parlare. La mia in fondo è una sfida col tempo. Normalmente acquisto dalle prime due o tre mostre che fa un artista. Poi non me lo posso più permettere. Questa è una passione che mi dissangua, viaggio molto, i chilometri percorsi sono oramai incalcolabili, ma l’adrenalina mi permette di non essere mai stanco”.
Dagli anni Ottanta, proprio per motivi di disponibilità finanziaria, Fasol decide di puntare sui giovani. Ed è qui che viene fuori il fiuto dell’intenditore. “Occorre grande passione e conoscenza. Decido io cosa acquistare, e per quasi il 90% delle opere la data di creazione coincide con quella di acquisizione. Sono stato fortunato, molti degli artisti su cui ho puntato si sono affermati”.
Per volontà dei coniugi Fasol nasce nel 1988 AGI Verona, associazione culturale senza fini di lucro per promuovere progetti di arte contemporanea e sostenere giovani artisti. La collezione conta ormai più di cento pezzi ed è stata esposta in molte prestigiose istituzioni, dal Mart di Rovereto nel 2010 alla Maison Particuliere a Bruxelles. “Incrementarla comporta dei sacrifici – sospira Fasol -. Ogni anno sono costretto a vendere un’opera per acquisirne di nuove. Non sono io che scelgo cosa, ma gli acquirenti interessati che mi fanno delle proposte. Abbiamo creato l’Associazione in modo tale che quando facciamo mostre cerchiamo anche di sponsorizzare artisti in cui crediamo”.
Un alieno nel sistema dell’arte?
“Rispettiamo molto il sistema dell’arte, ma il mercato drogato è dovuto ai grandi capitali. Che comprano per investimento, una cosa che per me non ha senso. Negli ultimi venti anni molti acquistano quello che è di moda. A me non interessa, per me deve essere un atto d’amore. Tutti e cento, li ho acquistati tutti e cento per un atto d’amore”. Perché, con un motto di Giuseppe Panza Di Biumo che lui ama citare: “Se ami l’arte, è l’arte che ama te; se sfrutti l’arte è l’arte che sfrutta te”.