-di Claudia Bianconi-
A Mosca il Parco Muzeon è il più grande cimitero di statue al mondo. E il destino delle statue di Mosca pare essere quasi un barometro della politica.
Ecco dove la curiosità mi ha portata, un giorno di quattro anni fa, appena arrivata a Mosca: al Parco Muzeon, il più grande parco all’aperto di sculture al mondo. Ghiaccio, neve per la stagione invernale, statue buttate disordinatamente in mezzo ad altre in posizione eretta, senza nessuna logica, stilistica o cronologica, tutto sembra maledettamemte triste e in abbandono. La giornata è grigia e umida. La guida ci porta davanti alla statua di Lermontov, poeta erede di Pushkin, il Dante russo: anche lui muore in duello come Pushkin, ma a 27 anni, non a 37.
Si continua con il gioviale, almeno nella statua, Lomonosov, fondatore dell’Università di Mosca, scienziato, naturalista, poeta, spesso considerato il Leonardo da Vinci russo….inizio a distrarmi. Il monumento dedicato alle vittime dei Gulag risveglia la mia attenzione. Davanti c’è la statua di Stalin, uno Stalin ammaccato, senza naso, e di fronte tante teste di pietra con i volti disegnati, ammassate dietro del filo spinato…Brr…Una scultura di Stalin che si trovava nel parco di Izmailovo, a Mosca, dove ora sorge una statua dello Zar Pietro il Grande. Mi allontano un po’ e noto di fronte Sacharov, premio Nobel per la pace, in lontananza Gandhi, rannicchiato nei cespugli e poi alta, molto alta, la statua del terribile
Feliks Dzeržinskij, il fondatore e simbolo della Čeka, l’apparato di polizia politica precursore del KGB. Il bene e il male.
La guida ci racconta che il 22 agosto del 1991, nel periodo del crollo dell’Unione Sovietica, un gruppo di persone radunate in Piazza della Lubjanka, dove sorge l’imponente edificio del KGB, aveva già passato un cappio al collo della statua di «Feliks di Ferro» per buttarla giù, ma furono convinti a desistere da un portavoce del governo. Poche ore dopo, con l’aiuto di una gru, la statua fu smontata e portata intonsa qui, in questo «Cimitero dei monumenti smantellati», come amano chiamarlo i russi.
Da quel primo tour turistico non ho fatto altro che seguire vicissitudini e andirivieni di queste statue e di altre statue che nascevano o rinascevano in giro per Mosca. Tutti i miei amici in visita a Mosca avevano l’obbligo del pellegrinaggio al parco delle statue.
Muzeon è stato fondato nel ’92 per raccogliere un mix etereogeno di arte contemporanea e moderna, incluse le statue, smantellate, di «eroi sovietici». Infatti, in Russia, le statue «scomode», a partire dal ’91, sono state sbullonate in modo «civile» e non distrutte con la violenza come in alcune repubbliche ex sovietiche e, più di recente, in Ucraina. Forse per conservare un simbolo del potere sovietico? O per salvaguardare opere d’arte realizzate da scultori famosi? O per dare un giusto riconoscimento alla storia del paese? Senza distruggere le statue, come fu con la fusione durante la rivoluzione bolscevica del 1917.
Lo stato di caos del Parco Muzeon, il suo aspetto di non finito, di non allestito, della mia prima visita, ha portato il timore che le statue fossero, come dire, parcheggiate, per poi tornare ai loro posti. Timore che è diventata paura concreta quando è stato proposto da un parlamentare di rimettere la statua di «Feliks di Ferro» sulla Piazza della Lubjanka. In quel periodo si è vissuto un vero thrilling. La statua non era ancora tornata al suo posto originario, ma non era più neanche al Parco. Finalmente gli animi si sono calmati quando, in seguito a un bellissimo lifting (2013/14) con erezione su piedistalli delle statue abbandonate in terra e posa delle loro targhe, il Muzeon ha riaperto i battenti. Di lì a poco anche Feliks è tornato al suo posto con i graffiti sul piedistallo «sbiaditi».
Se è vero che quando cambiano i regimi cambiano le statue, in Russia si verifica una sorta di corso e ricorso «statuario» che, in un certo senso, dovrebbe rassicurare i preoccupati sul fatto che le statue degli eroi sovietici possano tornare dove erano. Al momento c’è infatti un’attenzione quasi maniacale a ripristinare l’ordine di prima dell’ascesa di Lenin al potere, seguendo un trend già iniziato con la fine dell’era sovietica. Così sulla Piazza della Lubjanka rimetteranno una fontana, mentre la statua dello Zar Alessandro II, distrutta dai bolscevichi, è stata eretta davanti alla Cattedrale di Cristo il Salvatore.
Con metodo e perseveranza, ufficialmente in nome della ristabilizzazione della giustizia storica, oggi Putin depone o ripristina statue di Principi e Zar. Alcuni sostengono che ciò avvenga per un posizionamento della Russia di Putin come successore dell’Impero russo. Ad ogni buon conto, la statua dello Zar Alessandro I, distrutta nel 1918, è stata nuovamente posta, nel 2014, nel giardino di Alessandro, a ridosso
delle mura del Cremlino e, sempre nello stesso giardino, l’Obelisco ai 400 anni della dinastia Romanov ha ritrovato la sua antica veste, dopo essere stato, sotto il dominio sovietico, dedicato ai filosofi socialisti. Particolare attenzione è data alla statua del Principe di Kiev Vladimiro, divenuto Santo, che ha introdotto nel 988 il cristianesimo ortodosso in Russia. Una statua che doveva inizialmente misurare 24 metri, ergendosi sulla collina di fronte all’Università, come il Cristo di Rio de Janeiro. Ma si sono resi conto che il peso di Vladimiro poteva far crollare la collina. Così la statua è stata ridimensionata a 16 metri e la sua posa a sud del Cremlino, sulla piazza Borovitskaya, in programma per il 1 maggio di quest’anno, in occasione della Pasqua ortodossa, è stata spostata al 4 novembre, quando si celebra la Giornata dell’Unità Nazionale. Vedremo in che formato sarà.
Tutti questi monumenti riesumati dal passato sono stati eretti soprattutto intorno al Cremlino. Forse per seguire un particolare disegno astrale, come per le «Sette Sorelle» di Stalin, i famosi grattacieli di Mosca? Oppure per contrastare la presenza dei simboli sovietici, presenti soprattutto in Piazza Rossa? Simboli che per ora non si vogliono o non si possono scardinare, cari a molti nostalgici sovietici, che sono per Putin un elettorato importante. Le stesse persone che, nel giorno della campagna «Città Pulita», si recano a spazzolare le statue dei politici sovietici al Muzeon.
Morale: il rispetto del passato è segno di civiltà, ma qui l’equilibrio è a volte stabile, a volte precario. Così, in questo contesto, cosa accadrà nel Mausoleo di Lenin in Piazza Rossa? La salma di Lenin, sottoposta a continui andirivieni per applicazioni di nuove tecniche di conservazione, verrà un giorno rimossa, come è accaduto a Stalin nel 1956? Forse accadrà quando l’elettorato di nostalgici sovietici non ci sarà più.
Ove non diversamente segnalato, le foto sono di Claudia Bianconi