INTERVISTA ESCLUSIVA AL COREOGRAFO JOHN NEUMEIER
-di Silvia Poletti-
Un nuovo spettacolo di John Neumeier è sempre un appuntamento importante per il teatro di danza. Il maestro riconosciuto del dance drama contemporaneo ha sempre qualcosa da proporre, nelle modalità di composizione, nell’approccio ai temi che sceglie, nel taglio drammaturgico con il quale concepisce ogni sua creazione.
Quest’anno poi, interessa particolarmente noi italiani, visto che il titolo della novità in prima assoluta alla Staatsoper di Amburgo domenica 6 dicembre è Duse – Fantasia coreografica intorno ad Eleonora Duse– e, insieme all’ Hamburg Ballet, ad interpretare la leggendaria attrice è, come hanno scritto giustamente i media tedeschi, un’altra artista leggendaria, Alessandra Ferri.
Parliamo con John Neumeier a poche ore dall’alzata del sipario e le parole del maestro americano sono subito tutte proprio per Alessandra:
“ Sono assolutamente toccato dalla forza scenica e dall’intensità di Alessandra. In lei non c’è assolutamente alcun senso di glamour divistico, è strepitosamente diretta, essenziale e proprio per questo bellissima.”
E’ una grande sfida per una danzatrice/attrice come Ferri affrontare una figura leggendaria come Eleonora Duse
“ Soprattutto giocando con gli scarti temporali del lavoro, che non sarà una semplice biografia danzata, piuttosto delle fantasie coreografiche intorno alla personalità di donna e di artista della Duse. Una sorta di continuo passaggio tra vari momenti della sua vita, costellata di ricordi, incontri, eventi tra passato, presente e futuro, tutti incastonati dalla scena di un teatro.”

John Neumeier, Alessandra Ferri e Karen Azyatan in un momento divertente durante le prove di ‘Duse’, foto Holger Badekow
Da Nijnsky, ispirato al celebre danzatore, a Morte a Venezia, incentrato sul dramma di un artista in crisi di identità, dalla sua versione coreografica del Gabbiano a questa nuova Duse un tema che sembra emergere dalla sua ricerca poetica è il senso dell’essere artista...
“Assolutamente vero. Specialmente nel periodo più recente è diventato sempre più importante per me cercare di comprendere cosa significa essere artista. Particolarmente con Duse perché la sua straordinaria lezione fu la necessità di totale identificazione con i ruoli che ha interpretato, cosa da cui poi è partito il metodo Stanislavsky. Questa identificazione con il personaggio obbliga un lavoro sulle proprie esperienze come persona; un ascolto e una interpretazione delle proprie emozioni per poi darle al personaggio e questa cosa mi affascina moltissimo.”
Nel lavorare alla documentazione su Duse ha avuto parte importante per lei la testimonianza di un giovanissimo ufficiale di fanteria, Luciano Nicastro, che nel periodo della prima guerra mondiale ebbe un lungo rapporto, quasi filiale, con la Duse. Ancora una volta emerge un altro tema che caratterizza molti dei suoi lavori, da Nijinsky alla Terza Sinfonia di Mahler, per citarne solo due: il tema della Guerra...
Sicuramente. In effetti sia Nijinsky che Eleonora Duse furono profondamente toccati dagli orrori della Prima Guerra Mondiale; penso che per Nijinsky fu proprio uno dei fattori che lo fece precipitare nella pazzia. Era ossessionato dalle morti di ragazzi giovanissimi… per Eleonora fu diverso. Ella ebbe un vero spirito patriottico e sentì fortemente il senso del dovere di Patria. Sospese l’attività di attrice perchè si sentiva impegnata a sostenere praticamente e moralmente il lavoro dei soldati. Lo si vede bene nel libro di Nicastro, che descrive come lei abbia vissuto momento per momento la tragedia.
Ma il suo sentimento nei confronti della guerra? E’ appunto un tema così presente nei suoi lavori…
Continuo a cercare di comprendere l’umanità, anche nei suoi lati più oscuri. Possiamo raggiungere vette insperate nelle conquiste tecnologiche o scientifiche, non riusciamo ancora a vivere in pace. Nella mia giovinezza ho vissuto le ansie e le contraddizioni della Guerra del Vietnam; se solo fossi stato più giovane avrei fatto la leva e forse sarei morto al fronte… Insomma è un tema che non posso, non riesco assolutamente a ignorare.
Tornando a Duse, avrebbe comunque affrontato l’argomento se Alessandra Ferri non fosse tornata in scena?
In realtà è un tema che ho sempre avuto in mente. All’università ho studiato anche recitazione e negli anni della mia formazione il metodo di recitazione non poteva essere che quello di Lee Strasberg e Actors’ Studio, che come si sa deriva da Stanislavsky. In un certo senso Duse era un po’ la divinità dello Studio: basta pensare che ci sono molte foto a casa di Marilyn Monroe dove si distingue chiaramente una sua immagine …
Insomma era una idea che mi passava per la testa ogni tanto, magari ascoltando un brano musicale o altro. Tre anni fa a Mosca, dove eravamo come giurati del Prix Benois de la Danse, Alessandra mi rivelò -forse sono stato tra i primi a saperlo- che aveva intenzione di tornare in scena e mi chiese se avessi voluto fare qualcosa con lei. Eravamo in un caffé, stavamo chiacchierando davanti a una tazza di the. Immediatamente mi tornò in mente Eleonora Duse. E tutto iniziò a combaciare. Anche la Duse, come Alessandra, aveva interrotto l’attività teatrale, nel 1909 per poi tornare in scena alcuni anni dopo…Insomma molte coincidenze.
Dice sempre che quando arriva in sala è la musica a diventare il suo primo compagno di lavoro. Per Duse ha scelto Britten e Part. Come mai?
Ho ascoltato musica italiana del periodo ma non avrebbe veramente funzionato. Del resto il punto di vista con cui guardiamo alla storia è un punto di vista contemporaneo, non c’è da parte mia nessuna intenzione di fare un documentario danzato. Il tentativo è cercare di comprendere l’importanza e il
valore di questa donna attraverso la presenza scenica di Alessandra Ferri e con un modo di fare teatro moderno. Avevo bisogno di trovare nella musica quella dimensione emozionale che credo sia fondamentale per descrivere la vita della Duse, così ho scelto Benjamin Britten e Arvo Part; il primo con una gran profondità emozionale, l’altro più semplice ma ancora più profondo a livello emotivo. Del resto l’immediata semplicità era lo scopo della ricerca espressiva di Duse… Per la verità avevo già usato il brano di Part anni fa per una coreografia creata per lo Stuttgart Ballet, ma in un certo senso questo brano sembrava cercare ancora, e questa è una sensazione importante per me, il suo giusto posto. E io credo che il suo giusto posto sia proprio in Duse.
Tutto ha un suo posto, tutto si ricompone come in un mosaico nella lunga carriera di un creatore. Ma se lei prendesse un attimo le distanze e guardasse in prospettiva tutto il suo lavoro fino ad oggi, cosa vedrebbe nel grande quadro d’insieme?
Non lo so. Non ragiono mai in questo modo. Forse lo potrò fare quando avrò 105 anni e allora guarderò alle mie spalle. Al momento sono ancora interessato all’aspetto creativo della vita, a cogliere idee, emozioni e trasformare tutto in movimento. Ho sempre cercato e ancora cerco di evitare di guardare in retrospettiva per fissare delle ‘categorie’ o delle affermazioni sul mio lavoro. E’ un compito per persone come lei, che studiano la materia. Per ciò che mi riguarda lo farò, come le dicevo, dopo i 105 anni. O, magari, anche dopo.
Gli spettacoli di Duse sono in programma alla Staatsoper di Amburgo il 6, 9, 11,12 dicembre 2015, 9, 15, 16, 28, 31 gennaio, 15 luglio 2016. il 28 e 31 gennaio il ruolo di Duse sarà interpretato da Silvia Azzoni
La foto di copertina è di Holger Bedokow, courtesy Hamburg Ballet