Io, Pilota Kamikaze

Data: novembre 28, 2020

In: PSICOLOGIA NATURALISTA - MARIO TROVARELLI,

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Mario Trovarelli – L’ autore di “Io, pilota kamikaze”

Sono nato nella campagna abruzzese nel pieno della guerra. Dopo l’otto settembre del quarantatré la mia casa fu invasa dalle truppe germaniche. Avevo nove mesi. Terrorizzato e affascinato dagli aeroplani alleati che venivano a bombardare gli occupanti tedeschi, fui segnato da quell’esperienza per sempre. Mio padre si trovava in Dalmazia come Carabiniere combattente. Subito dopo l’armistizio fu catturato dai tedeschi e deportato in Germania come prigioniero di guerra. Lo conobbi al suo ritorno, quando avevo due anni e mezzo. La mia è stata una formazione prevalentemente contadina. Sono nato e vissuto in un mondo medioevale. Una casa di argilla e paglia senza acqua corrente né elettricità. Con tanti alberi e animali, vento. E neve. L’acqua si prendeva alla fonte del villaggio con la concarella di rame. E le sere venivano rischiarate da crepitanti fascine di lauro che rallegravano il focolare sempre acceso, o da solidi rami di quercia capaci di produrre brace e calore. Quando serviva più luce il nonno accendeva il lume a olio o quello ad acetilene. Sotto la grande quercia, in cima alla collinetta, restavo accoccolato per ore ad osservare le pojane. Fu così che imparai a dipingere il cielo.

Mario Trovarelli

Mario Trovarelli

E un giorno lasciai dolorosamente quel paradiso tanto amato per andare a volare. Prima come ufficiale pilota osservatore dell’aviazione dell’esercito, e successivamente come pilota di linea nella compagnia di bandiera italiana. Dopo diciotto anni di servizio, e seimila ore di volo, mi sono accorto che il viaggio intorno al mondo non mi bastava. E decisi di intraprenderne uno dentro il mondo. Così mi sono laureato in psicologia e specializzato in psicoterapia psicoanalitica. Ma non ho mai smesso di coltivare l’orto, né di volare. Vivo e lavoro a Trieste. Una città bellissima che si ferma davanti al semaforo verde. Affascinante e fredda come la Bora. Ho conosciuto anni di duro confronto col dolore. E di riflessione. La mia vita interiore inevitabilmente si è impastata con quelle dei miei pazienti. Finché un giorno mi dischiusi alla narrazione. E riconobbi nella mia scrittura una modalità che riecheggiava la seduta psicoanalitica. Libera, spontanea. Dolorosa.

Per questa ragione la chiamai narrazione espressiva. In lunghi anni d’ascolto ho imparato che crescere significa confrontarsi

col dolore. Perché la vita è dolore. E amore. Quando scrivo amo firmarmi il menestrello. Perché la scrittura è canto, ma anche diletto e gioco. Mi sembra che la vita, se presa troppo sul serio, rischi di diventare un peso intollerabile. Mi percepisco, e spesso vengo percepito, arrogante e sopra le righe, ma anche forte e generoso. Intelligente. A me piace immaginare me stesso come un contadino con le ali. O come un menestrello che canta il dolore. E che continua a stupirsi.

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Presentazione

Scritto nella forma di un percorso psicoanalitico, “Io, pilota Kamikaze” si snoda su due direttrici che spesso, e in vari modi, s’intrecciano e s’incrociano.
Il primo itinerario è modellato dai contenuti presentati dal protagonista
in veste di paziente e riguarda una sua particolare esperienza vissuta
nel corso di un duro addestramento di volo militare. Il secondo è la
terapia stessa e il rapporto tra paziente e terapeuta.
Due fili che costituiscono un insieme integrato di figura e sfondo.
Oggetti che sembrano danzare al ritmo di un motivo delicato e
doloroso. Finendo per scambiarsi alternativamente i ruoli, apparendo
come sfondo quello che poco prima era figura e viceversa.
In altre parole, nel corso della lettura, talvolta sembra prevalere la
storia portata dal paziente, altre volte quella che lega paziente e
terapeuta.
E così dev’essere.
Perché in un rapporto psicoterapeutico proficuo i materiali introdotti
dal paziente rappresentano un punto di partenza e l’occasione per
promuovere nuove pulsazioni nell’anima del paziente stesso ma anche
motivo di risonanza per il terapeuta. È così che le proiezioni transferali
del paziente possono trovare accoglimento nella mente del terapeuta
ed essere restituite sottoforma di contenuti più sani e creativi.
Tutto accade nella stanza di consultazione, ma contemporaneamente
anche fuori. Nel mondo in cui il paziente vive o è vissuto.
Il romanzo “Io, pilota Kamikaze” è una grande metafora. E riserva un finale a sorpresa.
Le vicende narrate in questo libro sono il risultato di un impasto
omogeneo tra fantasia e realtà. Molti episodi sono tratti dalla biografia
dell’autore e riportati attraverso l’uso di numerose figurazioni e
licenze. Ma questo vale unicamente per il tratto che va dalla nascita al
conseguimento del brevetto di pilota osservatore dell’aviazione
dell’esercito. Tutto quello che viene dopo, che nel libro assume la
definizione di ‘addestramento speciale’, è pura fantasia, e attinge
ispirazione dalle competenze conseguite dall’autore nell’esperienza di
volo come pilota osservatore dell’aviazione dell’esercito, e come pilota
civile di linea, ma anche come psicoterapeuta di formazione
psicoanalitica.
Anche il percorso psicoanalitico, ovviamente, è solo un contenitore
immaginario, un espediente narrativo utilizzato per rendere più
suggestiva la storia.

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