-di Andrea Chimento-
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Alfonso Bergamo, giovane regista campano classe 1986, già autore di due lungometraggi: Tender Eyes del 2014 e Il Ragazzo della Giudecca, distribuito pochi mesi fa nelle nostre sale.
Sei ancora molto giovane ma hai già avuto la possibilità di dirigere due lungometraggi: quanto è difficile per un regista esordire in Italia? Ci sono spiragli?
È un’impresa, bisogna essere artisti e manager di se stessi allo stesso tempo. Le produzioni indipendenti hanno sempre meno soldi, che tradotto significa poco tempo per il set, mezzi tecnici limitati e numerosi ostacoli da dover superare per portare a termine un progetto. Dovrai poi essere fortunato se il tuo “piccolo” film riuscirà ad avere una distribuzione theatrical. E, per finire, verrà giudicato al pari di film costati dieci volte di più. In altre parole è difficile ma non impossibile, devi amare più di ogni altra cosa l’Arte Cinematografica.
Come hai affrontato il cambio di registro tra il tuo primo lavoro – un thriller a tutti gli effetti – e il secondo, più vicino al biopic?
Nonostante all’apparenza queste due opere possano sembrare appartenere a due registri diversi, in realtà sono espressione del mio unico intento, ovvero la ricerca e il racconto del Tempo. In questo senso, non c’è stato un vero e proprio cambio di registro fra le due.
Il ragazzo della Giudecca è un film ispirato alla vita del noto cantante partenopeo Carmelo Zappulla, con quest’ultimo che veste i panni di se stesso. Come mai hai scelto questo soggetto per il tuo secondo film?
In quanto emergente, all’epoca non ero nella posizione di poter scegliere il soggetto del mio secondo film. Tender Eyes è partito da me e dalla mia amica produttrice Erica Fava che ha creduto in me e nelle mie idee, mentre Il Ragazzo della Giudecca è un progetto che mi è stato proposto e che, visti i tempi che corrono, ho deciso di accettare. Questo ha ovviamente significato dirigere un progetto pieno di paletti produttivi, primo fra tutti l’obbligo di avere Carmelo Zappulla come protagonista. Ho cercato di limitare i danni e metterci del mio, soprattutto tenendo conto che c’era il rischio di una nuova sceneggiata. Mi reputo soddisfatto del risultato.
Nel cast de Il ragazzo della Giudecca ci sono anche nomi del calibro di Franco Nero e Giancarlo Giannini. Puoi spiegarci in generale il tuo rapporto con gli attori e i tuoi metodi per dirigerli?
Sono solito affrontare, come anche in Tender Eyes, lunghe preparazioni dove, attraverso sedute a tu per tu con l’attore, avvio un confronto a 360 gradi sul personaggio e la storia che deve abitare. Nel caso de Il Ragazzo della Giudecca l’ho potuto fare solo con gli attori “emergenti” tra cui Stelluti, Samaras, Paradiso Jr., Pintore, Fasano e Cavallaro. Gli unici attori di quel calibro che si sono prestati seriamente alla preparazione sono stati Franco Nero e Tony Sperandeo. Giannini l’ho conosciuto sul set il giorno prima dell’inizio delle sue riprese, ed ha altresì dichiarato al Tg1 di aver “aiutato i giovani”. Concedimi di dire che non credo i giovani si aiutino con cachet così alti.
Sappiamo che tra i tuoi prossimi progetti c’è Crisalide: puoi parlarcene?
È la cinematografia che tanto amo. Libertà di espressione. Un gruppo di persone speciali. Una storia profonda – grazie alla Virginia Production che ha permesso tutto ciò. Queste realtà vanno promosse. Crisalide è una dichiarazione d’Amore, l’inizio di un lungo viaggio cinematografico. Siamo partiti con questo cortometraggio che affronterà i circuiti festivalieri e che è la base su cui si edificherà il mio prossimo lungometraggio.
Una domanda sul cinema italiano di oggi: cosa ne pensi? Ci sono registi (anche giovani) che ti stanno particolarmente a cuore?
Penso che finalmente si intravedono le prime luci dell’alba di un nuovo giorno. Gabriele Albanesi e Nicola Sorcinelli per una nuova era.
Infine, quali sono le cinematografie che ti hanno influenzato e gli autori che ti hanno ispirato?
La cinematografia è figlia della fotografia, e c’è una frase di Stanley Kubrick che mi ha accompagnato durante questi primi anni della mia carriera: “il cinema è la fotografia della fotografia della realtà”. Apprezzo molto il cinema di Ozu, Fellini, Lynch e Ophüls, oggi invece seguo con interesse Refn, P.T. Anderson e James Gray.
Immagine di copertina: Il ragazzo della Giudecca: Luigi Diberti con Alfonso Bergamo e Giancarlo Giannini in un m omento della lavorazione del film ( http://movieplayer.it/foto/il-ragazzo-della-giudecca-pietro-delle-piane-enrica-pintore-loretta-rossi-stuart-chiara-iezzi-luigi-_400035/)