A 60 anni dalla morte, avvenuta il 23 agosto 1956, ricordiamo così un artista unico nel panorama dell’arte italiana fra XIX e XX secolo. Un artista immerso nella dimensione europea, che ebbe un’avventura che cambiò il corso della sua arte, e non solo. FOTO INEDITE SCATTATE DALLO STESSO GALILEO CHINI. GRAZIE ALLA NIPOTE DELL’ARTISTA PAOLA PER AVERCI FORNITO QUESTA DOCUMENTAZIONE ECCEZIONALE Leggi anche Il Siam di Galileo Chini
-di Valeria Ronzani-
Ci sono date, appuntamenti nella vita di ognuno di noi che, ancora non lo sappiamo, risulteranno poi fondamentali. Per noi e per l’ambiente intorno a noi. Chissà se Galileo Chini, salpando nell’aprile del 1911 dal porto di Genova alla volta di Bangkok, capitale del favoloso regno del Siam, l’attuale Thailàndia, aveva la percezione del bagaglio di ricchezza creativa che avrebbe portato in Occidente al rientro. Scrivendo un fondamentale capitolo nella storia dell’arte europea.
Era l’aprile del 1911 allorché Galileo Chini salpò dal porto di Genova a bordo della nave tedesca “Derflinger”, direzione Bangkok. Chini forse allora non lo sapeva, ma era in procinto di entrare nella storia thailandese, che lo ricorda come il pittore dei ‘due regni’, dagli ultimi anni del regno di Chulalongkorn (o Rama V) all’inizio del regno di Vajiravudh (Rama VI). Una eccezionale documentazione fotografica scattata dall’artista stesso accompagnerà il suo viaggio e il suo soggiorno. Grazie alla generosità della nipote Paola, pubblichiamo alcune fra le più significative di quelle immagini (in massima parte totalmente inedite), testimonianza non solo dell’occhio infallibile di un reporter eccezionale, ma anche dell’intelligenza nel cogliere l’essenzialità in ogni inquadratura. Sono immagini che nella loro forte sintesi
raccontano: il viaggio, le soste nei vari porti, quel paese lontano che Chini imparò ad amare, che diviene vivo e palpitante, avulso da ogni aura favolistica.
Il profumo orientalista già si respirava nella sua arte, un sogno che accomunò tanti artisti di quegli anni e che si andava per lui a realizzare con una ‘full immertion’ che si imprimerà indelebilmente nel suo lavoro. Per divenire in lui amore e ammirazione per quella civiltà. Testimoniati non solo dal radicamento nella propria arte dei vocaboli della civiltà khmer, ma dalle memorie vergate di propria mano, che l’artista lesse nel 1954, in occasione della donazione della propria collezione di oggetti provenienti dal Siam al Museo di antropologia a Firenze. E pubblicato, col titolo “Ricordi del Siam”, nel 1998 da Maschietto & Musolino in appendice alle memorie dello stesso Chini, titolate “Il tarlo polverizza anche la quercia”.
Chini è forse una delle incarnazioni più sinceramente autentiche di quell’artista universale secondo le teorizzazioni dell’Art Nouveau. La sua avventura in Siam ha davvero tutti i crismi dell’eccezionalità. Chiamato a un’impresa memorabile (e invidiabile) che segnerà la sua arte anche al rientro. Porto Said, Suez, Aden, Colombo, Penang e Singapore le tappe del viaggio sul “Derflinger”. A Singapore si cambia alla volta di Bangkok. Dove Chini giungerà alla vigilia dei festeggiamenti per l’incoronazione di Rama VI. “Il viaggio fu di una bellezza e di una suggestione impensate – ricorda -. Porto Said è una cittadina internazionale di grande movimento. Navi! Navi! Casse! Casse!…”. Sceso dal Derflinger a Singapore per imbarcarsi sul “Delhi”, piccolo battello in servizio fra Singapore e Bangkok, sessanta ore per arrivare alla barra del Ménam, altre venti di navigazione sul fiume, fino a Bangkok, la Venezia dell’estremo oriente, cita Chini. “A chi vi giunge per la prima volta, il Siam suscita una impressione strana. Il grande fiume con le acque sempre gialle, senza arginature laterali…, i canali in cui il fiume scarica le acque, che vanno a irrigare la campagna livellata a perfetto piano…E’ meraviglioso vedere come si svolge la vita su questo fiume!”
Affascinato dai luoghi, ammirato dalla gente: “Il siamese è un popolo sanissimo, di bella struttura anatomica…sono parchi nel cibo…Hanno un senso del pudore molto spiccato”. Forse sorprendente per noi ancora vittime di luoghi comuni: “Il popolo siamese è di grande civiltà, tanto
che si può affermare che nei siamesi puri non esiste l’analfabetismo… I siamesi hanno tendenze artistiche e sono intelligentissimi cultori della musica e del teatro in particolare… Il loro re fu un appassionato raccoglitore di arte antica siamese di grandissimo valore…”. Non mancano le riflessioni sugli aspetti religiosi, “La religione del Buddismo puro è dal popolo siamese quasi totalmente osservata con carattere filosoficamente pacifico”, o sulle abitudini di vita, “I siamesi amano e praticano con grande perizia il nuoto e la pesca..”. Fino ad arrivare al ricordo delle celebrazioni per l’incoronazione di Rama VI. Festeggiamenti che, riflette l’artista, permisero agli europei “di addentrarci un po’ in quello che è il vero spirito dell’Oriente”. Riportandone una quota consistente fino in patria.
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