Donnarumma, un predestinato da 50 milioni di euro

-di Nicola Calzaretta-

Di cognome fa Donnarumma. Diciamocelo: un cognome da bidello, con tutto il rispetto ovviamente per la categoria (non sia mai), che non da campione dello sport. Figuriamoci per un portiere.

È alto, lungo, esplosivo. Il colorito è olivastro. Ha un naso imponente sotto il ciuffo che gli copre la fronte. È nato il 25 febbraio 1999. Viene dal Sud Italia, Castellammare di Stabia per la precisione, provincia di Napoli. È il portiere titolare del Milan. Lo hanno battezzato Gianluigi, ma lo chiamano Gigio. Di cognome fa Donnarumma. Diciamocelo: un cognome da bidello, con tutto il rispetto ovviamente per la categoria (non sia mai), che non da campione dello sport. Figuriamoci per un portiere. Vuoi mettere il monosillabo saettante di Zoff? Una vocale sola. La “zeta” iniziale a tracciare la rotta in cielo, la doppia “effe” a chiudere il plastico volo con un tuffo sull’erba verde. E in mezzo la “o” del pallone. Protetto nella presa sicura di mani che, in una magica notte spagnola, solleveranno nel cielo la Coppa del Mondo, anno domini 1982. Zoff, dunque. Quattro lettere in fila, un caso quasi scolastico di onomatopea, che non è una parolaccia, né una malattia. Più semplicemente è una figura retorica dove nome e suono vanno a braccetto. Come scroscio (per l’acqua che viene giù) o rimbombo (per il rumore che rimbalza e si propaga con forza). Donnarumma si diceva. Nome da funzionario pubblico (solito rispetto di cui sopra, bla bla…) piuttosto che da fuoriclasse guantato. Non regge neanche con l’altro mostro sacro del ruolo, Buffon. Una sillaba in più di Zoff, la doppia “effe” di “tuffo” stavolta è nel mezzo, con la consonante finale a chiudere con il botto. Come le sue uscite alte a respingere il pallone con forza; una presa mancata per gli osservatori superficiali o romantici, in realtà una mossa studiata per far ripartite subito l’azione, direzionando la respinta dove è già piazzato il compagno-complice in attesa. E anche per lui, stavolta sotto le stelle parigine nel 2006, l’onore di tenere alta la Coppa della nazionale più forte del mondo. Alla faccia di tanti.

Donnarumma, insomma. Troppe lettere. Eppure oggi il presente e, soprattutto, il futuro del più poetico dei ruoli passa da questo ragazzone, altissimo e lunghissimo, che non ancora maggiorenne ha ereditato la maglia che fu anche di Enrico Albertosi e Giovanni Galli. Un predestinato. Un talento precoce, precocissimo. È poco più di un bambino, ma chi lo osserva parare rimane letteralmente impressionato dalle sue qualità. E fatica a credere ai propri occhi. Il Milan ci vede meglio e prima di tutti, anche perché ha già arruolato tra i suoi boys Antonio, il fratello maggiore, portiere anch’egli, classe 1990. Il resto è storia recente, anzi è cronaca. Con Sinisa Mihajlovic che già in estate coltiva la pazza idea di lanciare il giovanotto (solo per l’anagrafe), dopo i test del precampionato. Non è un pazzo il mister rossonero. Non ne ha ontologicamente le caratteristiche. Piuttosto un sergente di ferro, petto in fuori e lingua tagliente. Mihajlovic ci crede perchè sa di calcio. E perché si fida di chi, in questi anni, si è occupato della crescita di Gigio nel vivaio del Milan: su tutti Alfredo Magni, il preparatore dei portieri, che scommette a occhi chiusi sulle doti del ragazzone. Che di grande non ha solo il fisico (quasi due metri dai tacchetti al ciuffo), ma soprattutto la testa. Regge il colpo, ha una forza mentale che fa a cazzotti con la sua carta d’identità. Il suo è un profilo psicologico da giocatore adulto e scafato. E allora, sai che c’è? Alla prima occasione utile, spazio tra i pali per il baby prodigio, dopo l’antipasto estivo.

Gianluigi Donnarumma

L’esultanza di Gianluigi Donnarumma

25 ottobre 2015. A San Siro c’è il Sassuolo. E nella porta rossonera c’è proprio lui, Donnarumma. 16 anni e otto mesi. Record sfiorato. Il baby portiere per eccellenza è ancora Gianluca Pacchiarotti, che nel 1980 debuttò in A a 16 anni e mezzo. Solo che il biondo arquero del Pescara giocò gli ultimi 10 minuti, peraltro gli unici in Massima Serie, sostituendo un altro debuttante, in una stagione che vide il Pescara coinvolto nello scandalo del calcioscommesse. Insomma una sorta di gita-premio e poco altro. Gigio, invece, la partita la inizia. Per scelta tecnica. Preferito a Diego Lopez, uno dei pochissimi eroi positivi della stagione precedente. Senza dimenticare Christian Abbiati. Gioca tutti i novanta minuti più recupero. Il Milan vince, lui prende un gol così così. Ma caspita, c’è. Eccome se c’è. E ci sarà per tutte le altre gare dei rossoneri. Numero uno fisso, anche se sulle spalle compare un roboante 99, l’anno della sua nascita, l’anno che a noi quarantenni rimanda a uno dei più famosi telefilm di fantascienza trasmessi negli anni ’70: Spazio 1999. E che in questo Big Jim del ruolo ci sia qualcosa di strabiliante e spaziale è sotto gli occhi di tutti. Debutti a San Siro, a neanche 17 anni, e sembra che tu sia già alla centesima in A. E quando incontri la Juve – e solo una prodezza di Dybala ti può incenerire – ecco l’immagine di fine partita che tutti aspettano: l’abbraccio con Gigi Buffon con annesso scambio di maglie per un passaggio di consegne “in pectore”, differito solo dalla straordinaria longevità del Gigi nazionale che sulla soglia dei 40 anni è ancora il miglior portiere del mondo.

Gigio Donnarumma e Gigi Buffon, dunque, per un parallelo diretto e immediato. Anche Buffon è stato un predestinato. Anche lui è un portiere costruito, che non significa artificiale. Significa che ha potuto godere di allenamenti specifici, di cure mirate, di esercizi ad hoc perché le sue qualità naturali potessero trovare la loro sublimazione. L’esordio in A con il Parma a 17 anni, scavalcando primo e secondo portiere. Contro il Milan, facendo il fenomeno. A seguire, due anni dopo, la porta della Nazionale. Ma la storia del pallone è ricca comunque di esordi precoci. Qui da noi in Italia ecco comparire la spessa sagoma di Angelo Peruzzi debuttante in A minorenne a difesa della porta della Roma, anche lui contro il Milan il 13 dicembre 1987. Una prima volta assurda, entrato dopo l’intervallo al posto del titolare Tancredi stordito da un petardo lanciato dagli spalti di San Siro. Una non-partita, la sua, nel senso che fu poi annullata dal Giudice sportivo con la vittoria a tavolino per la Roma. Anche Giovanni Galli può vantare una prima volta da giovincello, alla sua prima stagione in A: 19 anni e poco più, in un Juventus-Fiorentina del 23 ottobre 1977 finito alla fine 5-1 per i bianconeri, con il nostro subentrato al 46’ al titolare Carmignani stordito dai 3 gol subiti nel primo tempo. Qualche domenica di tiramolla, poi il lancio definitivo grazie a mister Carlo Mazzone che già in estate aveva in mente il passaggio di consegne. In giro per il mondo tanti i nomi di portieri esordienti in età scolare: Peter Shilton che a neanche 17 anni spodesta il mito Gordon Banks tra i pali del Leicester. Jean Marie Pfaff, debuttante nel 1969, a 16 anni, alla guardia della porta del Beveren. Quindi Ilker Casillas, ancora oggi il più giovane numero uno del Real Madrid avendo difeso la porta delle Merengues per la prima volta a 18 anni. Senza dimenticare i tedeschi Andreas Kopke, Bodo Illgner e Oliver Kahn che hanno dato inizio alle loro prestigiose carriere appena diciottenni.

Gianluigi Donnarumma

La concentrazione di Gianluigi Donnarumma

E allora? Ma non si diceva una volta che il portiere, proprio per la delicatezza del ruolo, voleva interpreti più esperti e robusti? Un vecchio adagio, che talvolta ha richiesto al guantato di turno, un percorso di formazione lungo e frastagliato, tra panchine giovanili, prime maglie da titolare nelle serie minori per poi, finalmente, avere l’occasione della vita. È successo ad alcuni big del ruolo. Per esempio a Enrico Albertosi: avvio precocissimo nelle Serie minori, poi esordiente in A con la Fiorentina a 19 anni, quindi una buona fetta di stagioni viola come vice Sarti, prima di ereditarne maglia e ruolo da titolare nel 1963, a 24 anni abbondanti. Percorso di formazione a step anche per Franco Tancredi, baby prodigio con il Giulianova in Serie C a 18 anni, quindi un biennio al Milan proprio come vice Albertosi, dal 1974 al 1976: panchina, qualche tribuna, mai in campo. Titolare in B con il Rimini in Serie B nel 76-77, quindi la Roma come secondo a Paolo Conti, all’epoca nel giro della Nazionale. Due anni a mordere il freno prima del lancio definitivo nel 1979, alla soglia dei 25 anni, grazia al Barone Liedholm, lo stesso che anni dopo lancerà il già citato Peruzzi. Tirocinio forzato anche per Walter Zenga che diventa titolare dell’Inter nel 1983 a 23 anni dopo aver fatto tre anni di gavetta nelle serie inferiori e uno sulla panchina nerazzurra come vice Bordon. Stefano Tacconi arriva alla Juventus del dopo Zoff a 26 anni, con quasi cento partite in A a difesa della porta dell’Avellino, tanto per dire.

Buffon e Donnarumma

Buffon e Donnarumma, l’oggi e il domani

Regole, principi, teoremi. Nel calcio ci sta tutto. Ed è il suo bello. Non esistono regole fisse. Neanche in materia di divise dei portieri, purtroppo. Ma adesso con l’avvento di Gigio Donnarumma, una moda ormai dilagante, che da una decina di anni ha contagiato tutti i portieri italiani di ogni grado e specie, potrebbe subire la spallata necessaria per un doveroso ritorno al futuro: addio mezze maniche e bentornate maniche lunghe. Ma di questo, se volete, ne parleremo la prossima volta.

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