INTERVISTA ESCLUSIVA A ENRICO ZOI E PHILIPPE CHELLINI
-di Tommaso Tronconi-
“Perché il ciclone, quando arriva, non è che t’avverte. Passa, piglia e porta via. E a te, ‘un ti rimane altro che restare lì, bono bono a capire che, forse, se ‘un fosse passato, sarebbe stato parecchio, ma parecchio peggio.”
Ci sono piccole grandi commedie che hanno segnato irrimediabilmente il cinema italiano. Commedie partite in sordina e poi “esplose” come un fulmine a ciel sereno. È il caso de Il Ciclone di Leonardo Pieraccioni, che tra il 1996 e il 1997 portò al cinema milioni di persone. Parola d’ordine: risate a volontà. Un successo enorme, tanto che quando Pieraccioni, alla fine del 1997, presentò nei cinema il suo nuovo film, Fuochi d’artificio, Il Ciclone era ancora in programmazione in un cinema di Roma. A vent’anni da quel clamoroso successo di pubblico e di critica, i giornalisti e cinefili Enrico Zoi e Philippe Chellini hanno dato alle stampe il libro Il Ciclone quando passa. Il film di Leonardo Pieraccioni, 20 anni di ricordi. Tra testimonianze inedite, ritratti degli interpreti ieri e oggi e un singolare referendum sul tema “Il Ciclone 2 sì o no?”, il libro, pubblicato da Porto Seguro Editore di Firenze, è finalmente uscito nelle librerie italiane. Per un cinema non solo da vedere ma anche da leggere, abbiamo intervistato i due autori. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Questo vostro libro esce a 20 anni dall’uscita nei cinema del film di Leonardo Pieraccioni. Come è nata l’idea, o forse sarebbe meglio dire la necessità, di scrivere un libro su Il Ciclone?
Quando un film vale, bisognerebbe sempre narrarne la storia attraverso il racconto del regista e degli interpreti e le testimonianze di chi ci ha lavorato, ma anche degli abitanti dei luoghi in cui si sono svolte le riprese. È un modo per comprendere più a fondo sia la forza dei personaggi e delle situazioni, sia l’impegno e le sane fatiche che devono essere investiti nella realizzazione di un’opera cinematografica. E poi noi siamo un po’ esperti e un po’ maniaci di anniversari, non solo filmici!
Ditemi dell’idea…
L’idea di questo libro nasce nelle nostre menti di cinefili appassionati già in occasione del quindicesimo anniversario del Ciclone, quindi nel 2011, però vent’anni fanno un altro effetto! D’altronde, per noi due, quando siamo nella veste di autori di libri, i quattro lustri sono… un classico! Il Ciclone quando passa, infatti, è il terzo libro che dedichiamo a un ventennale cinematografico: il primo fu Bentornati in casa Gori nel 2010, scritto dal solo Enrico, che racconta il film Benvenuti in casa Gori (1990) di Alessandro Benvenuti, al quale seguì Zitti e Mosca nel 2011, scritto insieme, sull’omonima pellicola del 1991 sempre di Benvenuti. Nel mezzo, anche un libro su un decennale, quello della manifestazione del comune di Bagno a Ripoli Facciamo Canzone, dedicata a Fabrizio De André, e un altro libro che probabilmente uscirà con un po’ di ritardo, forse a primavera, su Ivo il tardivo (1995) di Alessandro Benvenuti.
Il Ciclone fu campione d’incassi nella stagione 1996-97 con oltre 70 miliardi (di lire) al botteghino, e rimase in sala per un anno intero. Fu una vera rivoluzione nel cinema italiano. Cosa ricordate di quando uscì?
Eravamo presenti all’anteprima al Cinema Ariston di Firenze del 12 dicembre 1996, insieme a Cecchi Gori, al regista, agli interpreti, alla Fiorentina. Ricordiamo un gran divertimento immediato e la netta sensazione, poi confermata dalla storia, che, dal giorno dopo, avremmo avuto in giro per le sale toscane e nazionali un autentico… Ciclone!
Quanto pensate che un film come Il Ciclone abbia influenzato il corso della commedia italiana più recente?
Sinceramente non crediamo che Il Ciclone abbia influenzato il corso della commedia italiana. Non scorgiamo epigoni o seguaci di Leonardo Pieraccioni. Diciamo che questo film è arrivato, nella sua felice perfezione, frutto di grande bravura e di alcune congiunzioni astrali, al momento giusto. C’era bisogno di colmare quel vuoto lasciato soprattutto dal precedente golden boy della commedia italiana, Francesco Nuti, che due anni prima con Occhiopinocchio aveva rischiato di far fallire i Cecchi Gori. Si trattava dunque di riempire una casella nel panorama filmico italiano, e Il Ciclone l’ha fatto. Il suo regista si è poi ritagliato uno spazio e un percorso precisi nella cinematografia nazionale, un viaggio che continua a fare con estrema coerenza.
E come vi sembra lo stato di salute della commedia italiana di oggi? Credete ci sia un “erede” di quel cinema toscano che piaceva a tutta Italia?
Non vorremmo fare nomi sinceramente, né cercare eredi. Il Ciclone funzionò anche perché Pieraccioni aveva (e ovviamente ha!) una profonda conoscenza e un grande amore per la commedia all’italiana (non è certo un caso che un maestro come Mario Monicelli abbia accettato di partecipare al film). Perché si circondò di validi collaboratori, a partire da Giovanni Veronesi, perché seppe inventare, seguire il suo istinto e insieme ascoltare, rimontando il tutto in quella sintesi perfetta che ancora oggi riguardiamo ridendo come se fosse la prima volta e che ha influenzato, in questo caso sì, intere generazioni. Chi allora era bambino, giovane, adulto, chi è nato dopo, sono in tanti ad essere cresciuti sapendo a memoria battute e scene del Ciclone. Ecco, chiunque sia il regista delle commedie all’italiana – Johnson, Sibilia, Genovese, Verdone, Miniero, Parenti, Brizzi, Ruffini, gli stessi Pieraccioni e Veronesi e anche chi abbiamo scordato -, il suo film funzionerà (e diversi funzionano!) se non seguirà più di tanto le mode, ma conoscerà la storia di questo grande genere cinematografico e saprà ascoltare la realtà. Realtà, che, come cantava Giorgio Gaber diversi anni fa, “è un uccello che non ha memoria, devi immaginare da che parte va”. E proprio lì sta il bello!
Il libro è impreziosito da cinque disegni originali di Andrea Malcontenti e contiene alcuni documenti originali inediti della lavorazione del film. Studiando il film, i suoi dietro le quinte e i suoi materiali di preparazione, cosa vi ha sorpreso di più riguardo la sua genesi?
Ci ha sorpreso come sia praticamente sbocciato da sé. C’era la mente fervida e creativa di Leonardo che viaggiava, in maniera a volte inconsapevole perfino a se stessa (leggendo il libro si comprende il senso di questa affermazione). E c’era l’intuito di Giovanni Veronesi. Questi i due ingredienti iniziali. Il resto è venuto in maniera automatica: anche questo abbiamo cercato di raccontare nel libro. Pure il titolo è indicativo in tal senso!
E qual è l’aneddoto che ritenete più significativo? Oltre che divertente, immagino…
Se ti riferisci alla realizzazione del film, senz’altro l’appuntamento di Leonardo a Parigi con Ines Sastre, la quale poi non accettò la parte di Caterina, che andò, come si sa, a Lorena Forteza. Se intendi, invece, un aneddoto durante la lavorazione del libro, sicuramente la lunga intervista che Leonardo ci rilasciò a casa sua: registrazione in corso, noi non potevamo rumoreggiare o ridere, lui che snocciolava da par suo storie, personaggi, episodi come in un piccolo grande show. Una sofferenza nel trattenere l’ilarità, ma anche un grandissimo divertimento!
Quanto è stato difficile raccontare un film in un libro? Soprattutto considerando che si tratta di un cinema di grande successo popolare, quindi si ha sempre un po’ di timore in relazione ad un lettore che è stato anche spettatore del film…
Non vorremmo apparire presuntuosi, ma non è stato difficile. Attendiamo ovviamente i riscontri dei lettori sulla qualità del risultato, ma i segnali sono positivi. Il libro piace. Perché non sia stato difficile, sinceramente non lo sappiamo. Forse perché il racconto di Leonardo era preciso ed esauriente, e mentre lui parlava noi già vedevamo le varie immagini formarsi e divenire a loro volta un altro piccolo film. Forse perché noi due ci conosciamo e siamo amici da più di quarant’anni (dalla quarta ginnasio) e collaboriamo in vari modi (scrittura, lavoro, musica) da molto tempo e quindi abbiamo… una guida con il cambio automatico! Forse perché nelle nostre vene scorre il cinema al posto del sangue… chissà!