-di Stefano Fabbri-
Poi c’è chi non si arrende e ci prova. Magari ripartendo, come si dice oggi, “dai territori”. Francesco Russo, senatore Pd nella legislatura conclusasi il 4 marzo, forse avrebbe preferito proseguire quell’esperienza, ma la candidatura non è arrivata (“Non ero nelle grazie di Renzi…”, dice con un sorriso) e ha fatto di necessità virtù: “Ho scelto di tornare ad impegnarmi sul territorio, perché è sul territorio che si può ricostruire la politica”. O almeno un centrosinistra che pare al tappeto con l’arbitro che inesorabilmente conta fino a dieci.
Alle elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia, che hanno visto prevalere il centrodestra, è stato il consigliere regionale più votato di tutti gli schieramenti ed ora è vicepresidente del Consiglio regionale. Forte del suo legame con il territorio, a cominciare dai provvedimenti che in Senato hanno consentito la sdemanializzazione del Porto Vecchio di Trieste, 49 anni, docente universitario, non particolarmente in sintonia con tutti gli altri esponenti locali del Pd, è uno dei politici da tenere d’occhio, almeno nel processo di costruzione, in questa fase, di una opposizione che sembra non esserci, segnalata più volte da osservatori come Antonio Polito sul Corriere della Sera.
Sulla mancata ricandidatura al Senato, Russo sembra voler glissare: “Era facile immaginare che il centrosinistra non avrebbe avuto la maggioranza. E comunque io per vivere non ho bisogno della politica: mi basta il mio incarico universitario…”.
La volpe e l’uva?
“No assolutamente. Ho pensato solo che forse sarei stato più utile qui, perché è davvero dal territorio che si può ricostruire la politica”.
D’accordo, ma è difficile pensare di ripartire solo da un’area geografica come il Friuli Venezia Giulia.
“Io – spiega Russo – vedo la possibilità di una rinnovata rete territoriale che può portare a risultati non solo elettorali: si può declinare una politica che abbia la sua base nell’esperienza di una comunità, che si possa toccare con mano. Tra l’altro – aggiunge riferendosi anche al Pd ma non solo – quanto sta accadendo a Roma non mi fa pentire della mia scelta. Parliamoci chiaro: il renzismo ha avuto anche dei meriti, ma adesso sta tenendo in scacco una intera area politica…”, spiega aggiungendo che vedrebbe bene Nicola Zingaretti alla guida del Pd: “E’ un amministratore e nel Lazio ha fatto molte cose buone”.
Ma basta questo a ricostruire il centrosinistra partendo dai territori? Anche Matteo Renzi pensava ad un ‘partito dei sindaci’.
“Si’ certo, poi ha smesso quando non è più stato sindaco”, scherza Russo.
E quindi?
“Vede, siamo in una fase in cui si alternano leadership temporanee ed effimere. E questo vale anche per Di Maio. Servono leadership in cui conti il gruppo. Renzi ha peccato nella costruzione di una leadership di gruppo”.
D’accordo, ma il percorso di ricostruzione del centrosinistra dai territori adesso deve fare i conti anche con le esperienze civiche che hanno dato risultati, come nella Parma di Pizzarotti.
“Certo, serve ripartire da una buona esperienza di comunità, anche sul piano europeo, e non solo da quelle ampiamente falsificabili dei social media, facendo tesoro di queste realtà che ci sono un po’ ovunque”.
E con M5s? Il Pd ha sbagliato a chiudere la porta?
“Occorre ragionare con l’elettorato M5s, dove è finito un pezzo importante dell’elettorato del Pd. Quanto ai dirigenti, le recenti affermazioni di David Casaleggio sul ruolo del Parlamento mi pare parlino da sole… Certo, ci sono temi come la sobrietà della politica, della trasparenza, che sono anche nostri. Ma occorre dire con franchezza che in quel movimento c’è una visione padronale che neanche aveva Silvio Berlusconi con il suo partito”.
Pero’ nella crescita di M5s qualche responsabilità il centrosinistra ce l’ha, no?
“Da 30 anni – risponde Russo – raccontiamo la politica come il luogo degli imbrogli, ed il centrosinistra ha ‘inseguito’ questa visione, come ha seguito l’attacco a Berlusconi sul piano personale spesso a scapito della critica politica. Certo, adesso si apre un processo faticoso”.
E lei come lo immagina?
“Penso all’Ulivo nella sua prima fase, con la sua capacità di mettere a sistema esperienze diverse”, dice Russo che ha lavorato fianco a fianco con Prodi, Veltroni e Letta. “Servono un ‘ombrello’ largo ed una leadership diffusa. Se oggi il Pd si strutturasse con una quindicina di persone da Orlando a Calenda, i quali a loro volta possano circondarsi di 40 presidenti di Regione, sindaci, segretari territoriali del Pd…. Ecco questa potrebbe essere la base di un nuovo patto sociale e la politica”.
Foto per gentile concessione Consiglio Regionale FVG (ITALFOTO, ARC MONTENERO)