-di Valeria Ronzani-
Le stragi, ancora una, ancora un attentato. Ad Ankara stavolta.Ma ogni volta è lo stesso. Non vogliamo più vederlo, non vogliamo più sentirlo, mai più. .mai più. Il senso di vuoto che attraversa le nostre menti, spaesati, perduti, in lacrime, il cuore a brandelli. Cortei di pace e bombe, giovani che cantano, festanti nei loro ideali. Come devono essere i giovani, messaggeri di speranza, portatori di luce. Poi lo scoppio, l’insulto, le lacrime, il sangue. Le stragi, sì sì, le stragi, i cortei, le immagini si affollano, si affastellano i ricordi. Da ieri, da Suruc, ricordate? Morire per una biblioteca, morire per la vita, in tanti, in troppi, da sempre. Da sempre giovani e ideali, solo carne da macello, materia da cannone. Ma cosa siamo tutti, tutti tutti noi, un rigetto di morte, vite senza senso?. Il senso lo danno loro, lo dà quell’offesa intollerabile, quel mostro che li inghiotte. Guardate questa foto, guardate il video dell’altro Chissenefrega, identico, IDENTICO, lo stesso fermo immagine. Basta, basta, ora è il momento del dolore e dello stordimento, domani riprenderemo il cammino. Desiderando il vuoto e l’assenza da esso. Con la paura, forse, che non porti altro che dolore e distacco. Non sappiamo, non sentiamo, oggi no, non possiamo. Perché oggi è solo il momento del lutto, è il momento dello strazio per quell’offesa intollerabile a qualcosa che chiamiamo umanità. Se esiste. Se ha un senso.