Femminielli, ovvero dell’apprendere ai margini

di Luigi Maria Sicca

I femminielli sono un’altra cosa. Una esperienza culturale e sociale, innanzitutto. Incardinata nel centro storico di Napoli. I femminielli sfuggono alle categorie acquisite in letteratura. Non sono, come propone il pensiero prevalente, una terza via rispetto alla concezione duale dei sessi. No.

E, per questo, hanno molto da insegnare al pensiero e alle pratiche, specie in tempi di crisi.

È per questo che chi, come noi, intenda lavorare su una cultura dell’economia (vecchia e rinnovabile, prima ancora che nuova a tutti i costi), che provi (comunque) a sottrarsi alla violenza delle ripetizioni, molto ha da imparare dai contesti liminali. Luoghi di periferia, centrali per comprendere le contraddizioni.

La ricerca curata da Paolo Valerio e Eugenio Zito (Genere: femminielli. Esplorazioni antropologiche e psicologiche, a cura di E. Zito e P. Valerio. Libreria Dante & Descartes, 2014, pp. 282. Euro 15,00) è una proposta di metodologia della ricerca: mettere sotto la lente del microscopio un tema di nicchia, per vedere ingrandite dinamiche dell’agire organizzativo in realtà presenti anche altrove, lontano dal contesto di partenza.

I femminielli di Valerio e Zito, per una volta occupano uno spazio non marginale. Viene loro data voce e, quasi per dispetto, chiedono in cambio un confronto a più voci. Come dire: “Se di noi, per una volta, si deve parlare, lo si faccia per bene, in modo corale e plurale”. I protagonisti di questa antologia sfondano i rigorosi linguaggi interni a specifiche aree accademiche invitando al confronto: dalla psicologia clinica, alla storia della lingua italiana; dalla antropologia culturale, alla drammaturgia, dalla storia del teatro, alla psicoanalisi. I femminielli chiedono alle scienze di mettersi in gioco. E di “transitare”. Si, transitare i propri confini verso nuove frontiere. Avanti o altrove, in una visione non riduzionista della complessità.

Con taglio trasversale all’intera silloge, questa ricerca pone il tema della “identità” ad ampio spettro: coinvolgendo non solo chi si occupa, per professione, delle questioni legate al sesso o al genere o all’affettività. Ma tutti noi, al cospetto della tendenza alla stasi, innervata nel sistema di crescita, economica e non. Senza chiare prospettive. Una crisi che coincide con l’implosione da un lato e il crollo, dall’altro, dei modelli che il Novecento aveva consegnato alle economie occidentali per costruire alleanze sociali e politiche. Questa ricerca sull’identità interessa, dunque, chiunque voglia capire, per poi decidere, come costruire modelli di società, modi alternativi di stare insieme per produrre valore. E la napoletanità dei femminielli, restituendo peso ai territori e alle radici da esplorare, va proprio in questo senso. Ribaltando, in modo assolutamente inaspettato, le logiche anche più elementari del senso comune. È questo il caso, per esempio, del matrimonio nella Baia di Napoli, nell’analisi di Pino Simonelli, cui è dedicato il libro. Qua, la sacralità del travestimento, immerso nelle specificità del contesti, trascende il dato immanente, per trans/formare. Chi? Donne/uomini, la società, in lenta, lentissima evoluzione. Una società, ed una economia, con eterogenee, friabili e non sempre lineari dinamiche che orientano il comportamento delle organizzazioni formali, più o meno in crisi. Quelle che ogni giorno abitiamo e viviamo e cerchiamo, faticosamente, di decifrare.

In copertina: foto di Raffaela Mariniello (particolare)

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