Doris e Hong: la Cina è vicina

INTERVISTA ESCLUSIVA AL REGISTA LEONARDO CINIERI LOMBROSO

-di Tommaso Tronconi-

Così vicine, così lontane. Cina e Italia. Circa novemila chilometri separano geograficamente i due Paesi. Ma spesso sono molto più vicini del previsto. Come accade a Doris e Hong nell’omonimo documentario girato dal regista Leonardo Cinieri Lombroso.

Il regista Leonardo Cinieri Lombroso

Il regista Leonardo Cinieri Lombroso

Doris e Hong pone a confronto due realtà, Cina e Italia, ma anche due generazioni diverse, due culture diverse, insomma due mondi diversi. Diversi? Ma siamo sicuri che ciò che ci separa sia più di ciò che ci unisce. Il documentario di Leonardo Cinieri Lombroso c’interroga proprio su questo, sull’integrazione, sulla convivenza, sul nostro rapporto con quello che troppo spesso, con tono dispregiativo, definiamo “straniero”. Ne abbiamo parlato col regista.

Leonardo, tu vieni da una famiglia inserita da generazioni nel mondo del cinema e dello spettacolo. Tuo padre, Cosimo Cinieri, è un notissimo attore di teatro e cinema, mentre tuo nonno, Henry Lombroso, è stato il primo distributore in Italia di grandi autori come Bunuel, Bergman e Kurosawa. Cosa hai imparato da loro e cosa ti ha spinto a proseguire sulla loro stessa strada?

Ho imparato la ricerca dell’autenticità nel proprio lavoro. In qualsiasi lavoro bisogna ritrovare se stessi ed essere se stessi per essere unici. Non so cosa mi ha spinto a camminare nella loro stessa strada, inconsciamente l’ho presa senza avere un preciso obbiettivo.

La locandina del film

La locandina del film

Prima di Doris e Hong, incentrato sul rapporto tra una donna italiana e una giovane cinese, hai girato altri due documentari, entrambi sul cinema asiatico: Southeast Asian Cinema: When the Rooster Crows (2014) e Through Korean Cinema (2010). È quindi evidente il filo rosso della tua filmografia: la passione per l’Oriente e l’Asia, sia a livello sociale che artistico. Cosa ti affascina maggiormente di questi “Paesi lontani”?

Io sono sempre in cerca dell’irraggiungibile di qualcosa di difficile, e l’Asia l’ho trovata un buon obbiettivo che forse non raggiungerò mai e non capirò mai. È questo che mi attrae e che mi fa andare avanti e mi stimola. È anche una grande ricerca di me stesso nel confronto con l’altro che mi fa arricchire ogni giorno sempre di più. Ed oggi, per me, l’Asia è il posto dove ancora accadono cose interessanti. Dopo il grande momento coloniale europeo, ora è il momento dell’Asia e dobbiamo iniziare a conoscerla.

Tre documentari, dunque. Perché questa scelta, perché sempre questa tipologia di film? Pensi che cederai in futuro ai film di finzione?

Ho iniziato facendo cortometraggi e poi ho fatto la mia tesi all’Università sul regista coreano Kim Ki-duk e da lì ho pensato di fare un documentario sul cinema coreano. Dopo questo documentario mi sono accorto della forza del cinema del Sud Est Asiatico ed ho fatto un altro documentario. Penso che queste cinematografie sono molto importanti per il cinema mondiale di oggi e per me è stato importante raccoglierle in due documentari. Si conosce ancora troppo poco di questo tipo di cinema, si trovano poche informazioni storiche e c’è una limitata distribuzione. Il cinema asiatico ha una grande influenza sul cinema mondiale, ma solo le persone del settore se ne accorgono.
In fondo ho una gran voglia di fare un film di finzione. Doris & Hong è il mio primo tentativo di mischiare i generi documentario e fiction. Ho già due sceneggiature pronte ma non ho trovato ancora un produttore interessato e sto per scriverne altre due.

Veniamo a Doris e Hong. Doris è una settantenne italiana che ospita a Roma la giovane Hong, 23 anni, cresciuta negli anni del boom economico cinese e venuta in Italia per studiare arte. Come hai scoperto la loro storia?

Doris è la mamma di una mia amica che abitava al secondo piano del mio palazzo. Una sera la mia amica mi ha invitato a cena dalla mamma, che già conoscevo, e lì ho incontrato per la prima volta Hong che era appena arrivata a Roma. Quella sera le ho osservate, era interessante vedere le loro interazioni, erano belle e buffe.

Doris e Hong

Doris e Hong

È stato difficile convincerle a farsi riprendere giorno dopo giorno? Per sette mesi se non sbaglio… Quanto hanno percepito la tua costante “presenza invisibile”?

Sono state incredibili. All’inizio ho chiesto separatamente a una e l’altra se volevano fare il documentario, ed ho trovato subito una risposta molto positiva, sembrava che mi stessero aspettando. Neanche dopo un mese avevano capito tutto. Io arrivavo, gli davo i microfoni, loro andavano nelle loro stanze, si posizionavano il microfono e in 5 minuti erano pronte. Mentre giravamo, senza guardare, sapevano esattamente dove ero con la telecamera e se camminavano troppo in fretta, rallentavano per aspettarmi, in modo molto naturale. Doris spesso si dimenticava che stavamo girando e spesso mi chiamava nel mezzo della scena, oppure parlava di me a Hong nella scena che facevano. Era tutto molto spontaneo. Essere stato da solo a girare con loro, senza troupe, le ha aiutate molto a rimanere nella loro intimità. Dico sempre che questo documentario l’abbiamo fatto in tre.

Dal tuo documentario emerge un’interessante riflessione su Cina e Italia, ponendole in un dialogo culturale. Cosa pensi che avvicini e cosa invece allontani Cina e Italia? Dopo due anni in Italia Hong afferma di sentirsi mezza cinese e mezza in costruzione, è un’espressione interessante…

Sicuramente ci avvicina una persona come Hong, una giovane cinese di oggi che si apre con il mondo e si mette a confronto con l’altro. È difficile trovare persone come lei così aperte, nella Cina di oggi. Ci aiuta Doris che anche lei è aperta e curiosa, si mette a dialogare con Hong e cercare di capire una persona che viene da molto lontano con gran pazienza. Ci allontanano i cliché che ognuno ha dell’altro, ci allontanano la nostra cultura occidentale dominatrice, la poca pazienza nell’aspettare l’altro e la paura del confronto. Ci avvicinano le nostre storie: culture imperialistiche, Marco Polo, Matteo Ricci, Giuseppe Castiglione. Abbiamo avuto sempre grandi scambi culturali con la Cina. Il cibo ci unisce molto, perché entrambi abbiamo una grande storia del cibo e tante varianti da regione a regione come in Cina. Il valore della famiglia è forte in entrambi i Paesi.

Credi che in qualche modo noi Italiani abbiamo paura dell’altro, dello straniero? Il timore della Cina a livello economico è anche timore a livello sociale?

Non penso che siamo spaventati dalla Cina, anzi è un’altra grande opportunità per tutti. Un nuovo posto d’immigrazione per chi vuole tentare una nuova vita in un altro paese. Sono investimenti nuovi che arrivano nel nostro paese e che fanno bene a tutti. Tutto questo timore che sentiamo intorno a noi è solo da parte dei governi e non della gente. Sono i politici ad avere paura, perché con l’entrata di nuovi stranieri può rinascere una coscienza nella popolazione che non potrebbero più controllare. Per me i governi non hanno ancora capito che il mondo e le persone stanno cambiando.

Hong dice che se non avesse lasciato la Cina, sarebbe diventata come ogni cinese medio, che pensa solo a lavorare e sposarsi, che sarebbe rimasta bambina e non donna. La seconda parte del tuo documentario, però, l’hai girata proprio in Cina. Che percezione hai avuto del Paese e anche della figura della donna nella Cina di oggi?

Non sono stato molto in Cina, e non riesco a darti un visione chiara della donna di oggi in Cina. Posso dirti solo delle percezioni. Non penso che in Cina ancora la donna abbia raggiunto un forte valore sociale, ma la nuova generazione è completamente altro. Sono fuori dalla storia dei nonni e della rivoluzione culturale e quella dei genitori dopo Tienanmen. Hanno voglia di conoscere il mondo, di riscoprire la loro sofferta storia. Viaggiano molto e iniziano a conoscere altre lingue, tutto questo penso che porterà a breve ad un cambiamento in Cina.

Sempre Hong afferma che gli Italiani sono espansivi e chiacchieroni, a detta sua l’esatto opposto dei Cinesi. Mentre secondo Doris i Cinesi assomigliano molto agli Italiani, che definisce calorosi “come una famiglia del sud d’Italia”. Cultura e integrazione sono in fin dei conti “solo” una questione di punti di vista?

Ma certo. Ognuno vede l’altro con gli occhi della propria cultura. Per quello ho trovato questa storia interessante, perché Doris e Hong sono di diversa cultura, ma anche con un gap generazionale interessante. E qui lo scambio culturale lo si può leggere su diversi livelli.

Progetti futuri: stai già lavorando a qualcosa di nuovo? Magari stavolta ti occuperai del Giappone…

Ho in testa tanti progetti in questo momento, devo far chiarezza e decidere su quale puntare. Il Giappone? Perché no!

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