Un’altra Intifada? Voi ci vivreste così?
– testo di Valeria Ronzani –
A un anno esatto dall’ultimo conflitto la potente testimonianza fotografica di chi ha toccato con mano le condizioni di vita di quello sfortunato lembo di terra
Eccole le donne di Gaza, fiere di esistere e resistere fra le macerie della propria esistenza. Le ha fotografate Giuseppe Cabras nel settembre 2014, all’indomani del cessate il fuoco dell’ultimo conflitto, il terzo nella zona. In luglio ne ricorre il primo anniversario. Era infatti l’8 luglio 2014 quando le forze israeliane scatenarono la Protective edge, l’operazione Margine di protezione. 51 giorni di conflitto, e un ‘cessate il fuoco’, siglato in Egitto a fine agosto, che prosegue tuttora. Nessun reale trattato di pace all’orizzonte, come nessuna reale ricostruzione nonostante gli impegni presi. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, nel conflitto morirono oltre 2.200 palestinesi, fra cui 1463 civili, di cui un terzo bambini. Sul fronte israeliano, 73 morti, prevalentemente fra i militari, 1.600 feriti.
Poco più di 360 chilometri quadrati, oltre 1,8 milioni di abitanti, di cui il 43% ha un’età compresa fra 0 e 14 anni. Questa è la Striscia di Gaza. L’embargo decretato dalle autorità israeliane dopo la seconda Intifada ha portato a un aumento di disoccupazione, il 38 % della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Secondo il blog ufficiale dell‘IDF (Israel Defense Forces) l’ultimo conflitto è stata la dovuta reazione ai continui attacchi missilistici di Hamas. “In realtà – sostiene Cabras, che nella Striscia è stato più volte – i razzi di Hamas sono deboli, finiscono tutti nella zona cuscinetto. Solo uno fece danni, centrando un distributore di benzina vicino al confine”. Difficile comprendere come armi così sofisticate da eludere i controlli israeliani sarebbero potute penetrare nella Striscia, anche se si parla addirittura di droni. Certo è che i potenti ritratti scattati da Cabras paiono, fatto salvo l’abbigliamento, usciti dal set di un film sulla seconda guerra mondiale ambientato nel ghetto di Varsavia. “La popolazione è molto amichevole, è facile girare per Gaza e raccogliere testimonianze – prosegue il reporter – Durante l’ultimo conflitto la città non è stata particolarmente presa di mira. I danni più consistenti sono stati l’abbattimento di due grattacieli, uno della televisione e l’altro di uffici di Hamas, mentre sono stati duramente colpiti gli agglomerati urbani dei dintorni, nati dalla stabilizzazione dei campi profughi”. Nel rimpallo delle responsabilità incrociate e della propaganda, se la sofferenza della popolazione è sotto gli occhi di tutti quelli a cui è permesso guardare, le autorità israeliane accusano Hamas di farsi scudo degli stessi civili. E le posizioni non sono certo trasparenti, dato che un recente rapporto di Amnesty International denuncia Hamas per le sistematiche violazioni dei diritti umani nei confronti degli stessi palestinesi.
Immagini che parlano da sole, la forza della storia sta già in questi scatti. SU cui ci sarebbe tanto da raccontare e riflettere