Un velo di enigmatica curiosità avvolge la scena di “Otto donne e un mistero” al Teatro Bobbio di Trieste. È Natale e tutto sembra apparentemente perfetto, fino a quando non si apre una porta. Chi ha ucciso Marcel? Sua moglie Gaby (Anna Galiena), sua sorella Pierrette (Caterina Murino), sua suocera (Paola Gassman), sua cognata Augustine (Debora Caprioglio), le sue figlie Catherine (Mariachiara Di Mitri) e Suzanne (Claudia Campagnola), la governante Chanel (Antonella Piccolo) o la cameriera Louise (Giulia Fiume)? Dal primo istante ci si ritrova in balia del dubbio. Dubitano i personaggi, dubita lo spettatore che a poco a poco coglie la struttura drammaturgica di Robert Thomas, entrando in una commedia noir che gioca con la morte, condita da una vena ironica che fa tenere il fiato sospeso fino alla fine. Battute velocissime, poche pause, tanta adrenalina. L’identità precisa di ogni donna, diretta da Guglielmo Ferro, rende il gioco più accattivante, proponendo allo spettatore personalità diverse ma unite da alcuni scheletri nell’armadio e da una sintonia scenica. Ed è proprio la passione di Catherine per i gialli a portare la realtà sul piano della finzione, perché tutte fingono, spaventate da quella lama che è la vita, capace di stravolgerti con continui colpi di scena.

Debora Caprioglio in camerino al Teatro Bobbio di Trieste prima dello spettacolo “Otto donne e un mistero”. Ph Nadia Pastorcich
Debora Caprioglio, l’ultima acqua alta è stata proprio un colpo di scena. Lei che Venezia ce l’ha nel cuore si ricorda un episodio analogo di quand’era piccola?
Sì, ricordo qualche carnevale con l’acqua alta e poi uno spettacolo al Teatro Ridotto, un teatro bellissimo, con una cinquantina di posti. È un peccato che non ci sia più: era una delizia. Si trovava in Calle Vallaresso, di fronte all’Harry’s Bar. Quando ci ho recitato, nello spettacolo “Lulù” di Wedekind, c’era l’acqua alta: la gente stava seduta a vedere la pièce con gli stivaloni e l’acqua fino alle ginocchia.
In tempi più recenti, invece, quando ho trascorso un Natale al ristorante “Do Forni” di Eligio ci hanno fatto uscire perché si stava allagando tutto – il ristorante si trova non tanto distante da Piazza San Marco, il punto più basso. I cambiamenti climatici portano anche a questo.
C’era qualcosa che le piaceva di Venezia?
Tutto. Venezia mi è sempre piaciuta tanto e mi manca molto. Mi piacerebbe in vecchiaia vivere là. Io in realtà sono nata a Mestre.
E com’era Mestre?
Un posto carino, mentre Venezia la vedevo come la città più bella del mondo.
La passione per il teatro e il cinema è nata da subito?
Sì, è nata già con le prime recite. C’era la buona abitudine di portare spesso gli studenti a teatro. A volte per noi era un modo per non andare a scuola, altre però era anche molto interessante. Andavamo spesso a La Fenice e al Teatro Goldoni. Lì sicuramente è maturata questa passione, questa voglia che poi, inconsciamente, è venuta fuori. Ho fatto danza classica per tanti anni e i saggi li facevamo proprio al Goldoni. Già allora, da bambina, mi piaceva l’odore delle tavole del palcoscenico. Mi piacerebbe vivere in un teatro come il fantasma dell’opera.
Non solo il teatro, ma pure il cinema per lei è arrivato a Venezia…
Infatti il primo film che ho fatto, “Kinski Paganini” (1989 n.d.r) con Klaus Kinski, è stato girato a Venezia; infatti Klaus Kinski l’ho conosciuto in quella città. Tutti passano a Venezia. Lei sta ferma e gli altri arrivano, perché è talmente unica che tutto il mondo, anche quello dello star system, passa per di là. Chiunque ci è passato.
Ha conosciuto Klaus Kinski dopo un concorso di bellezza?
Sì, lui stava girando “Nosferatu a Venezia” (1988 n.d.r) ed era alla ricerca di comparse per le riprese. Siccome a quell’epoca facevo la comparsa, quando l’ho incontrato al ristorante – ero lì per festeggiare la vittoria del concorso “Un volto nuovo per il cinema” – mi sono fatta avanti. Così ho iniziato.
Qual è la caratteristica di Kinski, dal punto di vista umano, che l’ha colpita di più?
Era molto affascinante. Univa il genio alla sregolatezza – non si sa se fosse più l’uno o l’altra. Era una persona particolare, unica.
Tinto Brass invece aveva visto una sua foto su un giornale e aveva chiamato a casa sua. Rispose sua madre ma non credeva che fosse lui…
Aveva chiamato a casa di mia mamma perché non aveva il mio numero di telefono. Io da giovane sono andata a vivere a Roma, ma c’è sempre stato un legame con Venezia. Tinto Brass viveva lì…
“Paprika” di Tinto Brass è un film erotico…
Sì, sicuramente non è un film per educande (sorride). L’abbiamo girato anche a Trieste.

Debora Caprioglio in camerino al Teatro Bobbio di Trieste prima dello spettacolo “Otto donne e un mistero”. Ph Nadia Pastorcich
Che cos’è per lei l’erotismo?
Se viene espresso al cinema deve essere fatto in una certa maniera, condita da un’autorialità, da un modo di vedere le cose anche un po’ visionario come hanno fatto tanti registi. Se è fine a se stesso non serva a niente.
Come vede invece l’erotismo delle donne di oggi?
È molto espresso. Come dicevo prima se è fine a se stesso – ad esempio per una foto – è come un chewing gum. Se invece una persona ispira erotismo, allora è come la classe: o ce l’hai o non ce l’hai. È una qualità innata. Certamente ogni donna lo esprime in modo diverso: c’è chi ne ha di più e chi di meno, chi non ce l’ha e chi ne ha troppo.
L’importante è non cadere nella volgarità…
Esatto. Se viene preso nel verso giusto è una carica sensuale che può essere molto bella, perché a quel punto fa parte del fascino; chiaramente va utilizzata nel modo corretto.
Ora sta portando in scena “Otto donne e un mistero”…
In questo caso non sono per niente erotica (sorride).
Com’è il suo personaggio?
Augustine è una “zittellaccia” che non ha mai conosciuto un uomo; è un po’ frustrata perché è la sorella povera, il brutto anatroccolo che è rimasto così anche da grande, fino ad un certo punto però…Ma è anche tenera – è una bambina mai cresciuta – che ama la cioccolata. Mi diverto molto. Tanti pensano che ci sia un grande travestimento invece, in realtà, consiste solo in un vestito, dei capelli raccolti e un paio di occhiali. È più un atteggiamento. Tutti possiamo essere un po’ Augustine.

Mariachiara Di Mitri, Antonella Piccolo, Giulia Fiume, Anna Galiena, Debora Caprioglio, Claudia Campagnola, Caterina Murino e Paola Gassman in “Otto donne e un mistero”
Secondo lei che ruolo dovrebbe avere la donna?
Il ruolo che meriterebbe di avere sempre di più. Secondo me, per quanto si possa aver raggiunto certi obiettivi, non è mai abbastanza. Con tutti questi orrendi fatti di cronaca che riguardano le donne – tra l’altro spesso avvengono in famiglia, il luogo che dovrebbe proteggere la donna e non solo lei – capiamo che probabilmente l’emancipazione a qualcuno fa paura. Questo brutto aspetto va assolutamente combattuto.
Bisognerebbe educare i giovanissimi affinché diventi naturale rispettare una donna. Non dovrebbe essere un problema come lo è adesso…
È un grosso problema, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. È come se facesse un po’ paura la figura femminile, questa sua pseudo superiorità. Molto però dipende dalle famiglie. Non ho figli, ma se avessi un figlio maschio cercherei di inculcargli, per quanto possibile, il rispetto per la donna.
Il teatro può aiutare. Nella sua vita è arrivato presto…
Sì, il teatro è arrivato nel ’90 con lo spettacolo che ho fatto al Teatro Ridotto e poi nel ’97 con con “Una bomba in ambasciata” per la regia di Mario Monicelli con Carlo Croccolo e Isa Barzizza. Da quella volta non l’ho più lasciato. Tutti gli anni ho dedicato gran parte del tempo a lunghe tournée. All’epoca erano lunghissime: si iniziava ad ottobre e si finiva a maggio. Adesso, invece, sono molto più spezzettate.
Sta portando in giro anche lo spettacolo “Notte di follia”, prodotto da La Contrada, con Corrado Tedeschi…
Riprenderemo questo spettacolo subito dopo “Otto donne e un mistero”. È la quarta volta che recito in coppia con Corrado. Ormai siamo una coppia di fatto (sorride)! Assieme abbiamo recitato ne “L’anatra all’arancia”, in “Spirito allegro”, in “Amore mio aiutami” e ora in “Notte di follia”. È molto bello!
Com’è Corrado Tedeschi?
Lo trovo uno straordinario compagno di lavoro. Andiamo d’accordo perché ormai ci conosciamo molto bene e in scena ci capiamo al volo. Fuori dal teatro siamo due gaudenti. Corrado è bravissimo a trovare ristoranti e alberghi. È proprio una guida Michelin!
La cucina infatti è una sua passione. Ama pure cucinare?
Sì, mi piace molto. Adesso cucino più spesso perché lo faccio anche per mia mamma. Quando posso adoro ricevere le persone. Cucinare mi rilassa.
Dolce o salato?
Salato, con i dolci sono un disastro (sorride): a me la ciambella non viene mai con il buco, devo farlo a parte.
L’altro anno è stata al Teatro Bobbio con “Alla faccia vostra” insieme a Gianfranco Jannuzzo, mentre ancora prima con “Lei è ricca, la sposo e l’ammazzo”. Non c’è due senza tre…
Speriamo! Gianfranco è un ottimo compagno di lavoro. Chissà, vediamo cosa succederà in futuro!
La prima volta che è venuta a Trieste?
Da bambina, però me la sono goduta di più venendoci con il teatro. Con lo spettacolo alla sera ti rimane molto tempo libero per andare in giro di giorno a visitare la città. Questa volta sono andata a vedere il Castello di Miramare che avevo visto tanti anni fa da fuori ma non ero mai stata dentro. È molto, molto bello. Volevo prendere la residenza lì, però purtroppo non me l’hanno concessa…
Dicono che dormire a Miramare porti sfortuna…
Allora preferisco dormire nel mio residence (sorride); senz’altro non è come Miramare ma almeno è più sicuro!
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Lo spettacolo resta in scena al Teatro Bobbio di Trieste ancora questa sera, lunedì 25 novembre, alle 20.30, per proseguire domani, martedì 26, alle 21, al Nuovo Teatro Comunale di Gradisca d’Isonzo.
La foto di copertina è di Nadia Pastorcich.