Il Coro dell’Armata Rossa da Berlino a Sanremo, storia di un mito

-di Valeria Ronzani –

PRIMA STESURA 7 NOVEMBRE AGGIORNAMENTO 27 DICEMBRE 2016

Torna in Italia il Coro dell’Armata Rossa, guidato dal generale Viktor Eliseev. Che del coro è direttore capo, direttore d’orchestra principale e direttore artistico. A Torino, a Reggio Emilia, a Firenze, oggi 7 novembre, domani a Roma. Per poi volare in Israele. Perché i tempi, vivaddio, sono proprio cambiati.

Oggi proviamo a raccontare un mito. Che mito resta a dispetto di tante trasformazioni. Le radici affondano nella grande storia, la storia di tutti noi, e, ora che è crollato il blocco sovietico, se ne può forse ragionare più pacatamente. Il Coro dell’Armata Rossa nasce da un’idea che prese la sua prima forma nel 1928. Fu chiamato a dirigerlo  Alexandre Vasilievitch Alexandrov, che era insegnante presso il Conservatorio Nazionale di Mosca e che, fra l’altro, ha composto l’inno dell’Unione Sovietica. Divenuto ora, cambiando il testo, l’inno ufficiale della Federazione Russa. Il nome di Alexandrov è rimasto legato all’altra delle due compagini che si avvalgono ufficialmente del titolo “Coro dell’Armata Rossa” e che tuttora dipende dal Ministero della Difesa russo. Purtroppo rimasto vittima, la mattina di Natale 2016, del terribile disastro aereo che ne ha decimato i componenti (50), oltre a 14 ballerini e al direttore Valery Khalilov.

L’inno composto da Alexandrov è uno dei più begli inni nazionali.  Che, ci racconta il generale Viktor Eliseev, da anni guida del Coro dell’Armata Rossa MVD (quello in tournée nel nostro Paese, che dipende dal Ministero dell’Interno) , gli ha procurato qualche brivido con il crollo del blocco sovietico. “Ho avuto paura che il coro potesse essere sciolto. Per fortuna però, il nostro coro non solo è sopravvissuto ma ha continuato a crescere. Noi siamo parte dello Stato e per questo riceviamo un finanziamento da parte della Federazione Russa. Grazie a questi contributi, siamo in grado di reclutare artisti, cosa che è molto importante per la nostra compagnia dal momento che ci dà l’opportunità di incorporare giovani musicisti, cantanti e ballerini sempre più talentuosi”.

Se nel 1928  il coro era formato da una dozzina di voci, due fisarmonicisti e quattro ballerini, in breve crebbe fino a contare trecento elementi. Viaggiando per tutta l’Unione Sovietica a sollevare il morale delle truppe. Nel 1939 è stato così creato anche il Coro Orchestra e Balletto dell’Armata Rossa del Ministero degli Interni (MVD). Più di millecinquecento i concerti tenuti per le truppe durante la seconda guerra mondiale. E l’identificazione con alcuni inni legati alla rivoluzione d’ottobre che, a dispetto della realtà dei fatti (ma non è questo  il luogo per materia deputata agli storici) parlano ancora di speranza e uguaglianza. L’Armata Rossa è stata la prima a entrare a Berlino, a lei si è arresa la Germania nazista, gli oltre 26 milioni di morti che fu il tributo russo alla guerra non si cancellano con un colpo di bianchetto o col paragone con le purghe di Stalin. Come non si cancella il fatto (anche se ci hanno provato e ci provano tuttora) che fu l’Armata Rossa la prima a entrare nel campo di Auschwitz. In quel 27 gennaio che è divenuto il giorno della Memoria. Qui potete leggere il racconto di uno che c’era, l’allora diciannovenne Yakov Vincenko. Così tutto questo fa parte non solo della storia di questo ensamble, ma della sua forza attrattiva. In calce a questo articolo potete trovare un approfondimento sull’inno dell’Internazionale, quattro casi emblematici per aiutarci a capire. Inclusa la celebre, e creduta persa per sempre, versione diretta da Arturo Toscanini.

Abbiamo aggiunto in un secondo tempo un doveroso omaggio che mai avremmo voluto fare, con l’ultima esibizione al Bolshoi di Mosca nel 2016 dell’Alexandrov Ensable Coro dell’Armata Rossa. Il fatto che in Occidente sia genericamente identificato anche lui come Coro dell’Armata Rossa ha generato molte confusione, pure a seguito del disastro aereo della mattina di Natale. Probabilmente perché legato al Ministero della difesa, ma certamente anche per scelte direttoriali, delle due compagini è quello rimasto maggiormente legato all’orgoglio militare russo. Riuscendo però a lanciarsi in nuove avventure dopo il crollo del muro. Sono loro a cantare nel 1993 coi Leningrad Cowboys, un concerto ormai entrato nel mito, così come sono loro a cantare a Sanremo con Toto Cotugno (un avvenimento un po’meno mitico). Gli altri invece hanno cantato in Vaticano di fronte a Giovanni Paolo II e nella cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Mosca, oltre che per l’insediamento di Elstin e poi di Putin.

Fra grande storia e cultura pop, con la capacità di rigenerarsi e affermarsi nel mondo. Magari rischiando pure qualche scivolone nel kisth, ma giusto un leggero sbandamento, i Cori dell’Armata Rossa continuano la propria identificazione con la Russia. E sono probabilmente una delle armi migliori nelle mani di Putin. Perché li adorano tutti.

Questo concerto è ormai entrato nel mito: 1993, Helsinki, Piazza del Senato, di fronte a 70.000 spettatori impazziti (era l’Alexandrov Ensamble). E ne avevano ben donde

Guardate il video qui sotto, fine 2015: divertenti e bravissimi il Coro Armata Rossa MVD. Certo di primo acchito si direbbe: hanno proprio vinto gli americani! Ma quando su youtube un ragazzo statunitense commenta: “Perché noi e i russi siamo nemici? Sono così divertenti”. E un altro: “Non voglio fare la guerra con queste persone!”. Fino al verdetto risolutivo: “Meglio dell’originale”. Ecco, forse abbiamo capito almeno una parte del segreto.

Ormai, come ogni rock star che si rispetti, hanno pure la loro cover band. Che però, attenzione, si guarda bene dal lanciarsi in vere cover dei loro cavalli di battaglia.

Perché il segreto vero, e difficilmente emulabile, è la preparazione. Siamo di fronte ad artisti e professionisti mostruosi. Dove la grande tradizione della scuola russa dispiega tutte le proprie potenzialità. Non sta millantando Eliseev quando afferma. “La nostra compagnia è formata da un coro di cantanti straordinari, con i solisti che hanno una voce unica, da un corpo di ballo e un’orchestra costituita dai migliori musicisti e ballerini del nostro tempo. Un gruppo di cinque balalaike ci accompagna sul palco e questo aggiunge colore folkloristico. Credo che il carattere atipico dei nostri spettacoli non manchi mai di attirare l’attenzione del pubblico e questo spiega il successo del nostro complesso militare in ogni angolo del mondo. Con il suo coro di uomini che toccano le corde del cuore di ogni individuo tra il pubblico, le sue coreografie altamente tecniche e la musica di un’orchestra senza pari, nessun spettatore può essere insensibile al potere del nostro spettacolo”.

Mille ore di prove per spettacolo, tutti i giorni dalle 10 alle 14.  Scusate se è poco. I puristi ascoltino la loro di esecuzione di Va pensiero, in Vaticano di fronte a Giovanni Paolo II. Che dire? Chapeau.

Qualche esempio di solista?

Qui per la prima volta dal vivo l’anno scorso a Trieste il tenore Alexey Voljanin esegue “Nessun dorma“, dalla Turandot di Giacomo Puccini. Diploma di conservatorio, vincitore di diversi premi quale miglior tenore, solista del Teatro Musicale di Mosca, ha deciso di far parte di una compagnia celebre ovunque, che si è esibita nelle più prestigiose sale da concerto in oltre 50 paesi nel mondo.

Non poteva essere da meno il corpo di ballo, diretto da Anatolii Radiouk, artista emerito di Russia. Ed è stato creato pure un Ensemble Militaire d’Enfants che prepara i danzatori del futuro.

Vale ancora l’Internazionale?

Probabilmente l’inno più emozionante. Anche se adottato come inno dell’Unione Sovietica prima e del Partito Comunista poi, nasce nell’Ottocento per celebrare la Comune di Parigi e l’ideale socialista. Citando pure la rivoluzione francese.

Qui ve ne proponiamo quattro versioni:

1.iniziamo da quella per noi ormai ufficiale, quella del Coro dell’Armata Rossa

2. un documento prezioso, vero capitolo di storia

3. altro documento incredibile, la versione di Arturo Toscanini per celebrare, nel ’44, la vittoria alleata in Italia

4. la potente scena di Italiani brava gente, in grado di trasmetterci ancora tutta la forza di questo brano simbolo

1. Ecco la versione forse più celebre

2. Un capitolo di storia, con un documento prezioso

3. Un capitolo sorprendente, che non è come molti credono. Grazie alla Library of Congress, solo negli anni Ottanta questa esecuzione memorabile ci viene restituita nella sua completezza. Cosa era successo? Nel 1944, per onorare la vittoria alleata in Italia, Arturo Toscanini, noto esule antifascista (subì anche un pestaggio nel 1931 a Bologna per essersi rifiutato di dirigere l’inno fascista), decide di dirigere il verdiano Inno delle nazioni.  Dove però si omaggiavano solo la Gran Bretagna, la Francia e l’Italia. Così Toscanini, a rappresentare USA, Unione Sovietica e  partigiani italiani aggiunge un arrangiamento di The Star Spangled Banner e dell’Internationale.

Interpreti erano il grande tenore Jan Peerce, il Westminster Choir, e la NBC Symphony Orchestra. Ascoltare questi  brani eseguiti da interpreti di tale levatura, pensare al contesto storico in cui tutto ciò avviene è un’emozione imperdibile. Ma agli inizi degli anni ’50 il “Red Scare”, con lo scoppiare del Maccartismo portarono alla censura e alla rimozione del brano con l’Internazionale. Come se non bastasse, qualche anno dopo, il grande attore Burgess Meredith, che presentava il filmato, finì nella blacklist di Hollywood. Per molto tempo questa parte del film si credette perduta. Finché. all’inizio degli anni ’80, la Library of Congress non ha restaurato la clip censurata, rendendo a tutti noi una magnifica esecuzione dell’Internazionale e onorando una pagina di grande musica per il suo giusto valore.

4. Commuoviamoci con una scena del film “Italiani brava gente”, girato da Giuseppe De Santis nel 1965. La forza di un simbolo, di un messaggio universale e la potenza della musica. Oltre che l’orgoglio di un popolo (gli italiani un po’ spaesati e straccioni, anche se è uno di noi a dare il la ).

Infine: un doveroso omaggio all’Alessandrov Russian Army Ensamble. Ecco il video del loro ultimo concerto al Bolshoj nel 2016. Il coro verrà ricostituito, lo ha annunciato Putin, ma questi artisti non ci sono più. Mentre i loro colleghi più fortunati, il Coro dell’Armata Rossa MVD, probabilmente i più poliedrici, che amano le incursioni nel pop, nel blues e nel gospel, sono in procinto di partire per Israele. Il mondo è davvero cambiato, anche se ancora non sappiamo in che senso.

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