– di Giulia Caruso – C’era una volta il pub, e c’è ancora, ma in un futuro non lontano potrebbe non esserci più, dopo che la mannaia del lockdown si è abbattuta su questo luogo che da sempre rappresenta il perno della vita sociale in Irlanda e Gran Bretagna . E allora, ripercorriamone la storia , tra il presente critico, il futuro incerto e il passato forte di una tradizione millenaria.
Nel 2008, all’inizio della grande recessione, solo il Regno Unito vantava 52.500 pub mentre nel 2018 erano 38.750. Tra le le cause della chiusura, l’aumento delle tasse sulla birra e il cambiamento delle abitudini dei consumatori. E oggi, la pandemia, che sta riducendo a zero le speranze di riapertura soprattutto dei pub lontani dalle rotte turistiche, nelle periferie e nelle zone extraurbane di Gran Bretagna e Irlanda.

Secondo le prime stime offerte dalla British Beer and Pub Association, sarebbero già 5000 i pub del Regno Unito che non potranno mai più riaprire i battenti , ovviamente il numero è destinato a crescere sull’onda devastante dell’effetto Covid. Altrettanto catastrofica la situazione in Irlanda, dove i pub riescono ancora a coprire ancora gli stipendi del personale, le spese per l’affitto e i costi di manutenzione durante il blocco ma in molti casi, il sostegno finanziario del governo riesce a far fronte solo al 20% delle spese mensili in un scenario dalle tinte sempre più cupe. Lo rivela una ricerca di Drink Group Of Ireland (DIGI) per cui, un pub su tre sara’ costretto a chiudere definitivamente la sua attività nei prossimi mesi.
In una pinta secoli di storia
Partiamo dalle origini del nome che, come molti sanno, deriva dalla contrazione di Public House, mentre sulla sua data di nascita, ancora si scommette. Per alcuni il termine è stato varato nella prima metà dell’800, quando i pub erano così diffusi e frequentati, soprattutto dalla working class, da costituire una vera e propria casa comune in cui tutti potevano incontrarsi e ubriacarsi allegramente. O cospirare contro il governo come facevano gli United Irishmen i primi indipendendisti dell’Ulster nel 1700, che regolarmente si riunivano presso il Kelly’s Cellar di Belfast, oggi sempre attivo, meta ogni anno, in tutte le stagioni, di centinaia di turisti da ogni parte del mondo.

I pub aprivano nella tarda mattinata e spesso chiudevano prima di mezzanotte, quando l’oste, suonando una campanella sospesa sul bancone, invitava gli ultimi ubriachi ad andare a letto. Usanza che alcuni pub di campagna irlandesi ma anche inglesi, conservano ancora oggi, per la delizia dei turisti.
Un tempo il pub si chiamava tavern, dal latino taberna, che la dice lunga sull’origine.
Difatti furono proprio i legionari romani di stanza in Britannia dal I al V secolo D. C. a contribuire massicciamente alla diffusione delle loro tabernae ai quattro angoli dell’isola, creando un fenomeno destinato a enorme successo per tutti i secoli a venire.
Per tutto il Medioevo, ogni taverna produceva la propria birra doc, spesso seguendo procedimenti che si tramandavano di generazione in generazione.
Nel 1393 Riccardo II obbligò i tavernieri di tutto il regno a esporre insegne al di fuori del proprio locale. «Chiunque abbia intenzione di produrre birra in città, con l’intento di venderla, dovrà appendere all’esterno un’insegna, altrimenti perderà per confisca la propria birra».
I birrai allora si adeguarono all’ordinanza reale appendendo sulla porta, mazzi di luppolo, ghirlande di fiori e frutta o attrezzi usati per la produzione della birra. Solo successivamente, apparvero insegne vere e proprie, dipinte a mano o in ferro battuto, come possiamo vedere ancora oggi in molti pub storici che costellano le isole britanniche. I nomi e le immagini spesso rievocavano eventi storici, simboli naturali o religiosi (“Il Sole”, “La Stella”, “La Croce”) e a volte lo stemma del feudatario locale, spesso l’immagine del re.

Il pub più antico del mondo
Secondo il Guinness dei primati è lo Sean’s Bar di Athlone, contea di Roscommon, sulle rive del fiume Shannon, in Irlanda. Risalente addirittura al 900 dopo Cristo, si è aggiudicato il titolo strappandolo al suo rivale inglese Ye Old Trip to Jerusalem di Nottingham , patria di Robin Hood, che risale al 1189. Il pub, oggi completamente restaurato, si trova all’incrocio con l’Esker Riada, l’antica via scavata nei ghiacciai che ha permesso ai viaggiatori di attraversare le paludi circostanti nel corso dei secoli. E’ una tipica taverna di campagna che ancora oggi, usa la segatura sul pavimento per asciugare la birra che inevitabilmente cade dalle pinte stracolme. Mentre intorno si diffonde l’odore dello stew, lo stufato di agnello e patate, profumato alla guinness
Le pallide imitazioni del presente
La maggior parte dei pub che dagli anni ’80 si sono diffusi nel resto del mondo, Italia compresa, copiano artificiosamente gli originali, essendo in molti casi arredati direttamente dalle compagnie produttrici di birra. Ne sono un esempio, gli Irish Pub presenti nelle maggiori città italiane che riflettono uno stereotipo turistico-sentimentale ben lontano dall’immagine reale dei pub cui pretendono di assomigliare.
L’offerta di musica dal vivo non appartiene alla tradizione, e’ stata infatti introdotta in tempi recenti, alimentata ad hoc dall’industria turistica dustria turistica. Infatti sia in Irlanda che in Gran Bretagna i cosiddetti singing pub sono del tutto assenti nelle aree lontane dai circuiti internazionali, dove i piccoli pub oggi rischiano l’estinzione
