Cent’anni con Ingrid Bergman: la ricordiamo in Intermezzo, Casablanca e Angoscia.

-di Claudia Porrello-

In occasione dell’uscita nei nostri cinema il 19 e 20 ottobre del documentario Io sono Ingrid (Ingrid Bergman in Her Own Words) di Stig Björkman, Words in Freedom dedica, lungo tutto il mese di ottobre, una serie di quattro articoli per celebrare una delle più grandi attrici di tutti i tempi: Ingrid Bergman. 

L’abbiamo vista ritratta nel poster ufficiale della 68° edizione del Festival di Cannes, splendida, sorridente, e assoluta protagonista dell’ultimo Festival del Cinema Ritrovato che, ripercorrendo la primissima fase della sua carriera, le ha dedicato un’intera sezione. Ingrid Bergman, “icona moderna, donna libera, attrice audace”, nasce a Stoccolma il 29 agosto del 1915: come si legge ormai dappertutto, si celebra quest’anno il centenario della sua nascita, di colei che è stata allo stesso tempo star di Hollywood e protagonista del Neorealismo, capace di cambiare ruoli e paesi adottivi secondo le sue passioni, senza mai perdere grazia e semplicità. A Cannes, l’omaggio alla grande attrice ha visto la proiezione di Ingrid Bergman in Her Own Words‏, un documenintermezzo-a-love-story-movie-poster-1939-1010540455tario presentato nella sezione Cannes Classics e firmato Stig Björkman, realizzato grazie all’archivio di famiglia messo a disposizione dalla figlia Isabella Rossellini. Il 19 e il 20 ottobre sarà riproposto eccezionalmente in alcune sale italiane come documentario-evento.

Ingrid Bergman esordisce come attrice nella sua terra d’origine, la Svezia, dove in soli 4 anni, dal 1935 al 1938, interpreta una dozzina di film tra cui il celebre Intermezzo (1936) di Gustaf Molander, il suo film svedese più famoso che fungerà da passaporto d’oro per Hollywood. Il produttore David O. Selznick era intenzionato a girarne una versione americana, ed è così che la Bergman viene chiamata negli Stati Uniti e le viene offerto un contratto da sogno: per i successivi 7 anni l’attrice sceglierà personalmente i copioni da recitare, i registi e anche i partner. Si trattava di concessioni e privilegi davvero insoliti per l’epoca, ma che danno un’idea precisa del prestigio che aveva raggiunto la classe di Ingrid Bergman in America, ancora prima che vi mettesse piede. Selznick acquistò i diritti della sceneggiatura di Molander e Stevens e nel 1939 produsse il tanto desiderato remake intitolata Intermezzo: A Love Story, diretto da Gregory Ratoff e fotografato dal grande Greg Toland. Fu il primo film americano di Ingrid Bergman, che interpretò lo stesso ruolo di tre anni prima, questa volta al fianco di Leslie Howard. Holger Brandt (Howard), celebre violinista felicemente sposato, tornando a casa dopo una lunga tournée, conosce Anita Hoffman (Bergman), l’insegnante di pianoforte di sua figlia, e le propone di diventare sua accompagnatrice. Tra i due nasce una relazione sentimentale e il musicista abbandona la famiglia. Ma proprio sua figlia, che rischia di morire per un incidente, lo costringe a tornare e a dimenticare la storia d’amore. Ingrid Bergman ha 24 anni ed è qui al suo esordio in lingua inglese dopo i primi film in patria. Le bastò questa intensa e personale interpretazione per dimostrare di essere une delle migliori attrici della sua generazione. Intermezzo è un archetipo delle love story hollywoodiane, condita da lacrime e buoni sentimenti; un melodramma nel senso migliore e più puro del termine, apprezzabile per la sua indubbia classe ed encomiabile concisione. Notevole anche l’interpretazione impeccabile di Leslie Howard e la musica, essenziale per lo svolgimento.

Una scena del film -Casablanca- (1942)

Una scena del film -Casablanca- (1942)

Nel 1942 Selznick cede in prestito Ingrid Bergman alla Warner per la realizzazione di un film a basso costo, accanto a Humphrey Bogart: si tratta di Casablanca di Michael Curtiz, che sancì la gloria dell’immensa diva e divenne un classico imprescindibile del genere drammatico e romantico, tra i più amati della storia del cinema, al di là dei meriti reali, entrato di diritto nel novero dei cult movie. La Bergman è Ilsa, affascinante profuga norvegese che, sullo sfondo della seconda guerra mondiale, rincontra una sua vecchia fiamma, Rick (Bogart), gestore del famoso “Rick’s Bar” a Casablanca. Ciò che rimane immortale della pellicola è la struggente storia d’amore che scaturisce dall’incantesimo Bogart-Bergman, giudicati da molti la coppia più romantica del cinema battendo Via col vento (1939). Del resto Ingrid Bergman non era stata mai così bella e Bogart mai così tenebroso. Efficace il ritratto delle loro personalità opposte: lui un uomo tutto d’un pezzo, cinico e risoluto; lei con la sua radiosa femminilità, fragile e combattuta tra passione e senso del dovere. Famosissima la scena finale con i due amanti all’aeroporto, tra le tante consegnate agli annali del cinema.

E’ con Angoscia (traduzione un po’ sgangherata dell’originale titolo Gaslight), del 1944 diretto dal regista americano George Cukor, che l’insuperabile Ingrid Bergman vinse il suo primo Oscar come miglior attrice protagonista. In una Londra vittoriana, carica di nebbia e inquietudini, il musicista Gregory (Boyer) seduce e poi sposa Paula (Bergman), convincendola ad andare a vivere nella casa dove lei visse con la zia e dove quest’ultima venne uccisa in circostanze misteriose. In breve tempo il carattere freddo e diabolico di Gregory viene fuori in tutta la sua malvagità. Attraverso una sottile strategia psicologica il perfido marito cercherà di far impazzire la sua giovane sposa affinché lei stessa, considerandosi pazza, acconsenta ad essere internata in manicomio. Sarà l’intervento di un bravo funzionario di Scotland Yard (Cotten) che, insospettito dallo strano comportamento di Gregory, fa riaprire il caso sulla morte della zia dangi Paula e smaschera l’assassino e il suo piano perverso. Tratto dal dramma teatrale Gaslight del 1938, Angoscia è un bel melodramma “gotico” che il regista Cukor ha diretto con sapienza ed eleganza. Il fascino retrò del bianco e nero della pellicola, i campi e i controcampi dei primissimi piani sui volti della coppia Boyer-Bergman, rendono ancora più efficace la bravura recitativa dei due attori: l’uno ambiguo e malvagio e l’altra vittima passiva e indifesa che riesce a esprimere con tali accenti di verità il disorientamento e poi il panico del suo personaggio, da comunicare allo spettatore una condizione di vera angoscia. L’atmosfera morbosa che a poco a poco avvolge insidiosamente Ingrid Bergman è costruita con grande eleganza ed efficacia. Sarà la presenza della stessa Bergman, sarà la suspense e l’intreccio da giallo, che spesso e volentieri lo spettatore disattento è portato a credere che quello che sta vedendo sia un film di Hitchcock. Come dargli torto d’altronde, visto e considerato che la stessa attrice svedese sarà la prescelta dal maestro del brivido in altri film che condividono con Angoscia tematiche, ambientazioni e genere: gli indimenticabili Notorius, Io ti salverò e Il peccato di Lady Considine.

Ma del sodalizio Hitchcock-Bergman ci parlerà Simone Soranna la prossima settimana nel secondo pezzo dedicato a Ingrid Bergman in uscita lunedì 19 ottobre su Words in Freedom.

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