-di Stefano Miliani-
Com’è la Biennale d’arte di Venezia 2015? La mostra principale è cosmopolita, vivace, drammatica. E cita Marx senza essere «marxista». Il Padiglione Italia invece ha un tono funereo. Guida, parziale, alle opere- FOTO
La Biennale d’arte di Venezia è un posto complicato per la quantità immane di artisti e di opere pertanto conviene andare subito al dunque: com’è la 56esima edizione, in corso fino al 22 novembre? Quella principale ai Giardini e all’Arsenale è vivace e variegata, il padiglione italiano invece ha un tono troppo funereo.
LA MOSTRA «MARXISTA» DI ENWEZOR? NON SCONVOLGE MA FUNZIONA
Firma la mostra dell’ente, che si dipana al Padiglione centrale nei Giardini dell’ente veneziano e all’Arsenale, Okwui Enwezor: il 52enne nigeriano cosmopolita l’ha intitolata All the World’s Futures dichiarando come filo conduttore una lettura del Capitale di Marx.

Okwui Enwezor. Direttore del settore Arti Visive – la Biennale di Venezia. Curatore della 56. Esposizione Internazionale d’Arte All The World’s Futures. Photo: Giorgio Zucchiatti (particolare)
D’accordo, non è tellurica e sconvolgente, eppure è drammatica, fa trapelare che viviamo in un globo pieno zeppo di ingiustizie, devastazioni e drammi ambientali senza cadere nei proclami o in un’arte didattica. La natura sociale si percepisce, non si proclama. Gli strumenti degli artisti? Dipinti, molti disegni, video, fotografie, sculture e installazioni fatte di tutto quanto potete immaginare, dai tamburi ai cannoni (c’è quello di Pino Pascali del 1968), dai diari ai teli variopinti. Scarseggiano i concettualismi, per fortuna. Certo, una lettura permanente tipo oratorio del Capitale di Karl Marx in inglese in un auditorium rosso fiammante nel Padiglione centrale può stendere anche il marxista più ortodosso, se ne è rimasto uno: eppure se capitate quando il canto di ballate dalla rivoluzione industriale inglese intervalla questa maratona orale qualche brivido di piacere filtra.
IL PADIGLIONE ITALIA? FUNEREO
Non possiamo dire dei Padiglioni delle nazioni, diventati 89 tra quelli soliti ai Giardini, all’Arsenale e i tantissimi sparpagliati per Venezia. Possiamo però dire del Padiglione Italia, il cui curatore viene scelto dal ministero per i Beni e le attività culturali e il turismo e ha quindi un imprinting inevitabilmente politico. Per la Biennale 2015 Dario Franceschini ha voluto Vincenzo Trione. Attento storico dell’arte e docente, esperto tanto di De Chirico quanto dell’immaginario urbano, ha chiamato la sua mostra Codice Italia: all’inseguimento della memoria, squaderna una sensazione funerea senza quell’ambiguità affascinante ed eccessiva di luoghi di morte barocchi quale, per dirne uno, la Cappella di San Severo a Napoli. L’allestimento ricorda un monumentale cimitero metafisico. Forse, va riconosciuto, è il nostro Paese ad avere un tono funereo. Trovate lo spazio italiano in fondo all’Arsenale.

Isaac Julien. Un momento della lettura di Das Kapital, 2013, nell’Arena ai Giardini. 56. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia, All the World’s Futures . Foto Stefano Miliani
DA STEVE MCQUEEN AI COLTELLI: IL MEGLIO TRA GIARDINI E ARSENALE
Dopo aver cercato di dare un senso complessivo alla matassa della Biennale (tanto chiunque ci vada ne darà uno suo personale), si potrà dire delle opere stesse, no? E parliamone, visto che All the World’s Futures conta 136 artisti (di cui 89 debuttanti alla Biennale) da 53 paesi diversi. L’incipit all’Arsenale è efficace, suggerisce che aria tira in parecchi posti del mondo: l’algerino Adel Abemessed conficca una gran quantità di coltelli sul pavimento. L’incipit al Padiglione ai Giardini è funebre senza che si capisca perché: lunghi drappi neri del colombiano residente a Londra Oscar Murillo (lo stesso che all’Arsenale fa mostrare da volontari tanti disegni di bambini da zone povere del globo) stanno appesi sul fronte dell’edificio bianco. Enwezor ha sostenuto che non sono drappi bensì tele. Come se cambiasse qualcosa.
Varcata la soglia, un muro di valigie di migranti del 1993 di Fabio Mauri evoca peregrinazioni infinite, esilio e quel filo di sradicamento che tanti portiamo dentro. A differenza di edizioni passate, in questa Biennale vari video possono affascinare invece di uccidervi di noia: all’Arsenale la star inglese nera Steve McQueen (il regista di film come Hunger e 12 anni schiavo) inquadra un giovane nero in barca mentre in sottofondo qualcuno scava o lavora la terra; chissà perché il video ricorda a chi scrive la poesia del premio Nobel Derek Walcott, si intitola Ashes (ceneri) e allora viene da pensare che si stia seppellendo qualcuno (e ridagli con la morte…). Efficace. Di nuovo ai Giardini: magistrale, seppure lunghissimo (48 minuti, chi ce l’ha il tempo?) il film di John Akomfrah, ghanese che vive a Londra (tantissimi stanno in città occidentali e vengono dal cosiddetto sud del mondo) e che impagina su tre schermi paralleli sequenze di migranti e schiavi su nave, orsi bianchi massacrati a fucilate, meraviglie dell’oceano e dei ghiacci, surreali figure immobili su una costa spoglia. Sempre ai Giardini, sede classica della Biennale, è visionario ed evocativo il video della kenyana Wangechi Mutu (sta a New York). Sempre ai Giardini trovate foto dagli anni Trenta di quel grande che è stato Walker Evans, un telo azzurro fluttuante, ciononostante nel complesso ci pare che il percorso all’Arsenale sorprenda di più.
CHI DELUDE E CHI SI SALVA NEL CODICE ITALIANO
Torniamo infine al capitolo della Biennale che di solito scatena più polemiche, il Padiglione Italia, e alle sue opere. Vanessa Beecroft

Padiglione Italia, veduta dell’opera di Vanessa Beecroft Le membre fantôme, 2015. Fonte della foto: http://www.codiceitalia2015.com/it/press
posiziona sculture di nudi femminili (una con vagina squadernata) tra ricchi marmi screziati; Mimmo Paladino non delude; in Nino Longobardi scheletri e uomini nudi sembrano abbordarsi l’un con l’altro più che specchiare vita e morte (ancora lei!). Positivamente Trione oltre ai soliti nomi ne pesca anche di non troppo frequentati come il duo Alis/Filliol o Luca Monterastelli. Per forse rallegrare il quadro ha invitato tre stranieri perché di casa in Italia. Peter Greenaway scodella scontati dettagli d’arte nemmeno facesse uno spot per un ente del turismo; il regista Jean-Marie Straub richiede attenzione ma se l’è conquistata con anni ai margini della cultura ufficiale; il sudafricano William Kentridge ingigantisce uno schizzo del corpo riverso di Pasolini tanto per rammentarci quanto segnino ancora la nostra storia certi omicidi. In un angolo appartato Umberto Eco in video discetta sulla memoria davanti alla telecamera del regista Davide Ferrario.
INFORMAZIONI PRATICHE PER LA BIENNALE DI VENEZIA
Venezia, Giardini – Arsenale: informazioni utili
Biennale aperta fino al 22 novembre 2015
Orario: 10.00 – 18.00
Orario: 10.00 – 20.00 sede Arsenale – venerdì e sabato fino al 26 settembre
Chiuso il lunedì (escluso lunedì 11 maggio, lunedì 1 giugno e lunedì 16 novembre 2015)
Biglietterie
Giardini – Orario apertura 10.00 – 17.30
Arsenale (Campo della Tana) – Orario apertura 10.00 – 17.30
Dal 9 maggio al 26 settembre venerdì e sabato apertura prolungata della sede dell’Arsenale fino alle ore 20.00, orario biglietterie 10.00 – 19.30
Ultimo ingresso in sede di esposizione – ore 17.45
Ultimo ingresso sede Arsenale il venerdì e il sabato fino al 26 settembre – ore 19.45
Prevendite e vendite on line
Biglietto intero a 25 euro. Alcuni tipi di biglietti e formule alternative sono sul sito www.labiennale.org (previste agevolazioni)
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