Atena e la moderna valutazione: quale tessitura?

Data: febbraio 1, 2016

In: TOP, ECONOMIA DELLA CULTURA,

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Volentieri pubblichiamo la lettera apparsa su Il Corriere della Sera di sabato 30 gennaio 2016, scritta da Eugenio Mazzarella, Ordinario di Filosofia Teoretica all’Università degli Studi di Napoli Federico II, e rivolta al Presidente della Repubblica. La questione sollevata va ben oltre gli specifici e pur delicatissimi temi trattati, ponendo una riflessione etica, fondamentale in tempi di crisi e di necessari tagli allo Stato Sociale. L’appello di Mazzarella al Presidente della Repubblica intercetta i punti cardine di questa rubrica di Wordsinfreedom dedicata a un approfondimento ad ampio spettro sulle fonti, le dinamiche e gli sbocchi di una sana “Cultura dell’economia”.

In linea di principio, lo strumento del budget e, quindi, il rigore nella gestione dei conti, è un mezzo oppure un fine? In base a quali criteri si chiedono sacrifici a certi gruppi di cittadini, di professionisti o di dipendenti pubblici e non ad altri? Come orientare le decisioni del Legislatore facendo economia con un orientamento allo sviluppo sostenibile, senza spinte, a rischio di esplosione, verso gli ismi? L’economic-ismo, innanzitutto, fonte di ulteriori possibili crisi e di probabili restrizioni; conflitti e tensioni sociali potenzialmente dannose per l’intero sistema!

 -di Eugenio Mazzarella-

Illustre Presidente Mattarella,

mi rivolgo a Lei su una questione dell’università italiana, che, per i motivi che Le illustrerò, rasenta l’umiliazione. Questione che conosce, per una lettera a Lei firmata da oltre quattordicimila docenti. Prima di arrivare al punto più dolente, riepilogo la situazione. La Pubblica Amministrazione, nella crisi del Paese, ha fatto sacrifici importanti: un pressoché generale blocco del turn over e un altrettanto pressoché generale blocco degli stipendi dal 2010. In concreto si è percepito per sei anni gli stessi emolumenti. Con l’ultima Legge di stabilità questa stagione di “fermo immagine” al 2010 per il pubblico impiego si spera si avvii a chiudersi, riattivando una fisiologia della dinamica salariale che chi vive di reddito fisso sa quanto pesi. I sacrifici fatti sono stati consolidati, con senso di responsabilità dei diretti interessati: di un quinquennio di arretrati neanche l’ombra, ma solo il riconoscimento giuridico, agli effetti economici del quinquennio di blocco, ai fini del ricalcolo retributivo. Ma non per tutti. Ne sono esclusi i professori universitari. Per loro lo sblocco salariale non comporta riconoscimento giuridico del quinquennio trascorso. I danni che ne derivano sulla prospettiva di una carriera media dei docenti sono quantizzabili sulle due voci a più di 90.000 euro netti (il calcolo è su un professore che abbia adesso 55 anni). La maggior parte dei docenti dovrà peraltro aspettare fino alla fine del 2017, quasi due anni, per l’aumento previsto, che si avrà scaglionato nel tempo: mediamente 105 euro mensili invece dei circa 365 se fosse riconosciuto giuridicamente il periodo 2011-2015; una perdita di 260 euro mensili. Oltre al danno la beffa: nello stesso tempo gli stessi docenti devono impegnarsi in una procedura di valutazione del loro lavoro­ – per gli addetti VQR, valutazione qualità della ricerca – per un quinquennio che agli effetti giuridici ed economici non esiste! Più che uno schiaffo economico e giuridico, è uno schiaffo morale a studiosi, docenti e ricercatori, già decimati dai tagli all’università. Ma il peggio è il motivo per cui mi sono risolto a scriverLe. Per far valere le loro ragioni, migliaia di docenti hanno scelto il rifiuto di sottoporsi alle procedure di valutazione scientifica. È sembrato essere lo strumento di pressione meno penalizzante terzi incolpevoli (studenti). Che cosa sta succedendo? Poiché ai dati della VQR è legata la ripartizione delle risorse agli atenei, e quindi il budget per assunzioni e progressione delle carriere, si è creata la seguente situazione, più o meno chiaramente proposta negli atenei: “se volete, potete non fornire i dati della ricerca, però così rischiate di danneggiare voi stessi e i vostri allievi”. Come ricatto fattuale e morale, che vanifica ogni dialettica negoziale negli atenei, non c’è male. La cosa è talmente indecente che il Presidente della CRUI ha scritto al Ministro perché si diano risposte al malessere dei docenti. Presidente, Lei è stato un autorevole docente universitario. Sa di che cosa si parla. Usi la sua moral suasion perché il Parlamento metta riparo ad un’ingiustizia che i professori universitari italiani non meritano.

 

in copertina: Atena (1993), di Mimmo Jodice (particolare).

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