Antonio Riva, le spose nel dna

Data: dicembre 21, 2015

In: GLAMOUR E FASHION,

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-di Silvia Gigli- 

Quando si dice la vocazione. Antonio Riva, celebre couturier, architetto globetrotter, progettava abiti da sposa fin da bambino. “Era una passione insopprimibile – racconta -. Da piccolo disegnavo abiti da matrimonio in continuazione. Ricordo che la maestra chiamò mia madre per segnalarle questo fatto che a lei evidentemente appariva singolare”.  VEDI ALTRE CREAZIONI DI ANTONIO RIVA

Antonio Riva

Antonio Riva

E la mamma che cosa disse?

“Niente. Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia un po’ artistoide. Mia nonna dipingeva, era un ambiente molto stimolante. Ed essere nato a Lecco, nella patria delle sete, mi ha fatto conoscere fin da piccolissimo la straordinaria magia di questo tessuto”.

Un destino segnato, insomma. Ma lei ha scelto di studiare architettura, fatto non strano ma raro nel mondo dei couturier.

“Sì, mi sono laureato in architettura ed è stato un bene perché mi ha aiutato a capire con maggiore precisione i volumi e le strutture ma ho sempre continuato a disegnare abiti. Ricordo che ne realizzavo per le amiche anche durante gli studi”.

Poi cosa è successo?

“Dopo la laurea sono volato a New York per uno stage con la stilista Adrienne Vittadini. E’ stato un periodo altamente formativo. Sono tornato in Italia, ho realizzato qui la mia prima piccola collezione di abiti da sposa che ho portato negli Usa dove sono stati venduti tutti”.

Da allora sono stati vent’anni di lavoro e di continua crescita.

Antonio Riva, collezione 2015

Antonio Riva, collezione 2015

“Sì e non me ne sono quasi reso conto. Facevo quello che mi piaceva, assecondavo il mio sogno di bambino e intanto quasi a mia insaputa sono entrato nel grande mercato dei leader del settore sposa di fascia alta. Adesso lavorano con me quaranta persone, abbiamo da quattro anni una boutique a San Pietroburgo, da poco uno show room a Dubai e in aprile uno spazio in Qatar. Senza contare il grande mercato che abbiamo in Giappone e negli Usa”.

Il suo prodotto però continua ad essere italianissimo.

“Certo. E’ il nostro punto di forza. Abbiamo il quartier generale in Corso Venezia a Milano e l’intera filiera di produzione, dal tessuto all’abito finito, viene realizzata esclusivamente sul lago di Como”.

Antonio Riva, collezione 2015

Antonio Riva, collezione 2015

Ovvero nella patria italiana della seta più bella.

“Sì. Lì la seta è un culto, una religione, un universo parallelo. Entrare nelle grandi seterie comasche è ogni volta un’emozione straordinaria”.
Sappiamo che è un tessuto che conosce infinite declinazioni. Lei in quale versione la preferisce?
“Senza dubbio la mia passione è la seta Mikado. E’ il mio segno distintivo. E’ una seta pesante che mi permette di esprimere al meglio il mio istinto di architetto, è un tessuto che sa valorizzare il tratto architettonico dei miei abiti”.

SAMSUNG CSCE il colore? Fin dove osa?

“Di solito scelgo un bianco seta naturale ma il must è un cipria molto tenue, un bianco con piccolissime sfumature di rosa che dona in maniera incredibile”.

Uno dei paesi nei quali i suoi abiti fanno furore è il Giappone, mercato raffinato e non dei più facili.

“E’ vero. I clienti giapponesi sono raffinatissimi; è stato un banco di prova molto duro ma anche molto formativo. Così come lo è stato affrontare il mercato russo o quello mediorientale”.

Nel nostro immaginario la sposa russa o quella araba hanno gusti e orizzonti culturali assai lontani da quelli italiani. Conferma?

“In effetti in passato era così. Amavano molto gli abiti stracarichi e ricchissimi, adesso, complice il fatto che spesso si tratta di giovani donne che hanno fatto i loro studi in Occidente e che viaggiano moltissimo, hanno maturato invece una passione per le linee più pulite e rigorose.

Insomma, oggi anche le spose di paesi lontani scelgono di vestirsi all’italiana e ne sono fiero perché, diciamocelo, il nostro gusto è straordinario”.

In tempi di matrimoni in crisi, di convivenze dilaganti e di unioni di fatto reali (all’estero) o auspicate (in Italia), sposarsi è ancora un must?
“Direi proprio di sì. Anzi, la tendenza è proprio quella di fare il mega matrimonio all’americana. Lì a volte ci sono anche ottanta damigelle e non solo, come si potrebbe pensare, nel profondo sud degli Usa ma anche nella modernissima New York. Negli Usa le spose hanno poco più di vent’anni, in Italia in media dieci anni di più ma sembrano condividere adesso il gusto per l’abito importante che rientri nei canoni classici del matrimonio comme il faut”.

Antonio Riva, collezione 2015

Antonio Riva, collezione 2015

Fino a qualche anno fa, almeno alle nostre latitudini, imperava la sposa sexy, molto scollata e fasciata. Adesso?

“Quella stagione è finita, per fortuna. Se il 2015 è stato l’anno del pizzo, il 2016 vedrà il ritorno dei volumi esagerati, tipo abito da ballo degli anni Cinquanta con una grande attenzione alla tradizione e al buon gusto”.

Dopo tanti vestiti da sposa, non ha mai pensato di disegnare qualcosa di diverso?

Antonio Riva, collezione 2015

Antonio Riva, collezione 2015

“Le mie clienti mi hanno chiesto spesso abiti per la mamma della sposa e per le damigelle e adesso ho una linea interamente dedicata a loro. Ma mi chiedono anche abiti da sera. A Milano, per esempio, è tornato di moda vestirsi molto eleganti per la prima della Scala o per i party. Forse è un modo per uscire da un lungo periodo buio ma l’aria che si respira è decisamente più frizzantina”.

Non è mai stato tentato dal pret à porter?

“Direi di no. Il nostro è un atelier molto di nicchia che non andrebbe d’accordo con i ritmi del pret à porter. Semmai nel nostro caso parlerei di pret à couture”.

Il suo occhio di architetto quanto l’ha aiutata nella professione di couturier?

“E’ stato fondamentale. Mi ha permesso di valutare a colpo d’occhio i volumi di un corpo e decidere all’istante quale sarebbe stato l’abito ideale per lui. E’ quel quid che fa la differenza”.

Antonio Riva, collezione 2015

Antonio Riva, collezione 2015

Le foto del servizio sono state gentilmente fornite da Antonio Riva

 

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