Alla scoperta dei mieli dell’Alto Adige

– di Maurizio Melani –

Non solo vino. L’Italia è al vertice mondiale anche come produzione e qualità di nettari monofloreali. Proviamo a conoscere e a degustare quelli altoatesini, in particolare il Tarassaco.

Ogni regione italiana ha i propri prodotti enogastronomici tipici. Forse non tutti sanno che l’Alto Adige, già rinomato per i vini bianchi (leggi dello stesso autore l’articolo dedicato alla “Weinstrasse”), così come per lo speck, i formaggi di malga, i canederli, gli splendidi dolci, il pane nero o bianco creato – come da antica tradizione – con tutte le farine e i semi possibili, ha anche un’altra particolarità: la produzione di miele di montagna.

Come il miele di corbezzolo è un figlio della Sardegna, quello di agrumi o di timo il biglietto da visita di Calabria e Sicilia, il castagno della Lunigiana il primo DOP italiano in assoluto, anche l’alta montagna ha i suoi fiori da cui le api traggono il nettare per produrre il proprio capolavoro. Tipici del nord e delle zone alpine sono i mieli di lampone, rododendro, tiglio; più strettamente tipico dell’Alto Adige (e della Val Pusteria), il miele di tarassaco. Ebbene sì, quei piccoli fiori gialli e non troppo pregiati di cui sono disseminati i prati e i pascoli in quota.

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 (foto da www.ilsole24ore.com)

Per chi non è un intenditore ma solo un amatore al mattino, vale a questo punto fare una piccola introduzione sul principale figlio delle api. Così come non esiste una sola qualità di vino, con odore, sapore, aroma, abbinamenti standard, allo stesso modo ogni miele (come il vino) ha le sue particolarità derivanti dal fiore o dalla pianta di origine. Tanto per fare un divertente paragone: il miele d’acacia (il più consumato) è il Sangiovese italiano, il citato corbezzolo un Cannonau (per mantenere l’abbinamento regionale), il millefiori potrebbe essere un Chianti o una Barbera, l’agrumi un Primitivo ma anche un Montecucco o un Gewurztraminer, il miele di coriandolo una Falanghina.

I nettari si dividono infatti in sette famiglie a seconda del proprio profumo e aroma (per i vini vi sarebbero invece addirittura undici o dodici categorie). Vogliamo provare a scoprirle insieme? Se siete curiosi tanto quanto golosi, cercherò di guidarvi con piacere alla conoscenza del figlio maggiore delle api. La prima famiglia che incontriamo è quella floreale, che accomuna come odore e aroma la divina acacia – dea delle trasparenze – e i fratelli agrumi, timo, cardo, edera, nespolo. La seconda è la fruttata, a cui appartengono girasole, ailanto e lampone. Seguono la vegetale (corbezzolo, erba medica, rododendro, sulla), la famiglia cosiddetta calda (melate, erica, ciliegio), quella aromatica (tiglio, coriandolo, rosmarino) e la chimica, di cui fa parte l’amarognolo e apprezzato castagno. Chiude il cerchio il gruppo animale, quello al naso più sgradevole, che vanta nella sua squadra i mieli di eucalipto, colza e il benemerito tarassaco.

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Un favo (foto da www.greenstyle.it)

Limitandosi in questa sede ai quattro citati nettari di produzione alpina e altoatesina, inizierò il percorso dal rododendro che, con acacia, sulla e girasole, viene anche inserito nel sottoinsieme dei mieli “deboli di intensità”. Cosa significa? Che la sua particolarità è quella di non alterare i sapori e la sua funzione principale si limita – di conseguenza – ad addolcire le bevande a cui viene aggiunto. Un consiglio a questo punto calza a pennello: se potete, utilizzate sempre il miele al posto dello zucchero, soprattutto quello bianco. Oltre a un fatto di linea (il nettare dolcifica con minor quantità), gli zuccheri semplici che lo compongono (glucosio e fruttosio) sono meno aggressivi e dannosi per i denti. Ovviamente siete esentati quando bevete un buon caffè!

Se del profumo e dell’aroma debole (ricorda un po’ la parte bianca dell’anguria) abbiamo già parlato, il miele di rododendro può riscontrare il favore del pubblico che seleziona i mieli al supermercato solo in base alla consistenza (liquida) e alla trasparenza. Questo è il motivo principale per cui il consumatore medio sceglie sempre e comunque la “sbiadita” acacia. Senza comunque dimenticare che, secondo alcuni esperti, questo nettare sarebbe utile nella cura dell’artrite. Un ultimo consiglio: comprate sempre miele di rododendro italiano. Alcune qualità del fiore (per l’esattezza il “pontico” e il “flavo”) sono infatti velenose, ma tipiche però della Turchia.

09-la-neve-lascia-il-posto-ai-rododendri-katia-mazzoleniPianta di rododendro (da www.girogiromondo.com)

Il miele di lampone è quello che ha una produzione più di nicchia, probabilmente dovuta al fatto che il periodo di fioritura è ristretto ai soli mesi di maggio e giugno e che si deve ricorrere al cosiddetto “nomadismo” (spostare le arnie dalla propria magione alle macchie dove crescono le piante). Il risultato è che non lo troverete in vendita nella GDO di tutta Italia ma solo in queste zone. Con un colore (da liquido) ambrato e tendente al rossiccio e un odore e un aroma fruttato, caratteristico di marmellate e sciroppi, il lampone cristallizza abbastanza velocemente. Ma non preoccupatevi: la cristallizzazione è un fenomeno naturale nel miele e non un segno di scarsa qualità. In cucina non riscuote particolari encomi (a parte la classica aggiunta a yogurt, dolci da infornare, torte di frutta da guarnire), ma il frutto di per sé è molto ricco di vitamina C e acido ellagico che l’Holling Cancer Institute (South Carolina) ha definito “potente anti-ossidante e anti-tumorale”.

Ora, è vero che l’unico miele per cui al momento è stata dimostrata una funzione antitumorale è quello proveniente dalla pianta australiana manuka, ma vi chiedo: se tra qualche anno verrà scoperto che anche le qualità mediche del lampone vengono trasferite nel relativo nettare? Cominciare sin da subito a degustarlo (un cucchiaio da cucina ogni giorno a colazione da solo o su una fette di pane) non sarebbe cosa sbagliata.

pianta_lamponiLamponi (da www.greenstyle.it)

Avvicinandoci ai posti di pregio, medaglia d’argento la consegno con piacere al tiglio, in assoluto uno dei miei nettari preferiti. Motivo? Appena aperto, sprigiona profumi freschi, balsamici, quasi mentolati che trasferisce anche in bocca. Non esistono studi scientifici sulle qualità mediche del miele, ma i fiori di questo albero (sacro in molte mitologie e culture) vengono utilizzati in erboristeria come calmante per il trattamento degli stati di agitazione, isteria e mal di testa.

Il miele di tiglio ha certamente un posto d’onore nelle cure autodafè e nell’enogastronomia. Oltre, infatti, a una funzione sedativa per la tosse (vista l’alta aromaticità) e all’utilizzo nelle insalatone e negli hot drinks (es. vin brulè), l’avete mai provato coi formaggi? Se volete fare un figurone a tavola, consiglio l’abbinamento con stagionati (riattiva la salivazione) quali il pecorino di fossa o – per restare ai prodotti regionali altoatesini – gli ottimi wurziger kaese o almkaese alt, di cui è fornita ogni buona latteria sociale di alta montagna. Accompagnate infine il tutto con un buon Lagrein, vino intenso, profumato e corposo, e il gioco è fatto!

 

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 apiIl tiglio e i suoi fiori (da www.laltramedicina.it)

E adesso non storcano la bocca tutti i puristi e falso moralisti dei mieli italiani: la piazza d’onore l’assegno al tarassaco. Lo so, sono un anticonformista e pure un mezzo misantropo…e so che certamente mi attirerò le antipatie di chi lo considera un nettare volgare e senza troppi pregi, vista la rapida tendenza a cristallizzare e un odore che gli esperti definiscono “di stalla, di botte, di piedi”. Ma il sottoscritto, abituato a contraddire la filosofia del kalakagathos, vi domanda: non ha anche lui il diritto di sentirsi importante? E ancora: prima di limitarvi all’apparenza del colore giallo intenso (come il fiore da cui proviene) e del forte odore, avete mai provato a lasciarlo sciogliere in bocca come una crema e a sentire il fantastico contrasto tra volgare profumo e scintillante aroma di camomilla? Il mio consiglio è provarlo a fianco di una bella cappella di fungo porcino cotto alla brace, oppure come antipasto su fette di pane nero (anche croccante) e speck. Da non scartare neppure una carezza su crackers o salatini ai semi di sesamo, girasole, papavero. Risultato garantito anche a una tavola che conta.

Alcune curiosità su questi fiori: le foglie giovani vengono ancora raccolte dai contadini e consumate fresche o cotte come verdura. Motivo? Secondo l’antica arte delle erbe (e delle streghe), hanno proprietà rinfrescanti, depurative e stimolanti per le funzioni epato-biliari. Dalla radice si ricava, invece, un succo diuretico usato contro colesterolo e calcoli renali mentre, se tostata e macinata, viene ancora usata come surrogato del caffè. I boccioli fiorali, infine, possono essere trattati come quelli dei capperi per ottenerne un uso analogo.

tarassaco-01I fiori di tarassaco (da www.adama.it)

Voglio concludere questo mio intervento con una curiosità e un invito. Che il miele abbia sempre avuto un posto d’onore nel panorama enogastronomico altoatesino, lo dimostra anche che in un maso sopra Bolzano, a Renon, è stato creato il Museo d’Apicoltura con strumenti e arnie della splendida tradizione contadina. Il maso val bene una visita, anche perché è curato da un noto e prelibato marchio di nettari locali.

Nel salutarvi, ecco l’invito che vi rivolgo: davanti allo scaffale del supermercato, non scegliete mai il primo miele che avete davanti – per il vino lo fareste? – ma imparate a saper selezionare bene. Primo perché molti prodotti provengono dalla Cina o dall’Europa dell’Est (acacia in primis, basta leggere l’etichetta), secondo perché ogni nettare – come ho cercato di spiegarvi – ha in sé un profumo, un sapore, un aroma…insomma una particolarità che lo rende diverso dagli altri. Anche come abbinamenti o funzione “curative”. Ma di questo aspetto ne parleremo certamente in un altro intervento.

Ape_1(foto da www.nuesnoas.it)

 

L’autore, già collaborate su questa testata giornalistica per altre rubriche, è iscritto all’associazione nazionale “AMI-Ambasciatori dei Mieli” e tiene interventi, conferenze e corsi didattici, cosmetici e gastronomici sul miele. Per saperne di più è possibile contattarlo utilizzando il sottostante spazio COMMENTI.

 

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