A Tommaso Chimenti Il “Chilometri Critici”: premiata la curiosità.

Tommaso Chimenti, collaboratore di Words in freedom, premiato a Bientina per i suoi “chilometri critici”. Ne ha fatti tanti anche per noi e li potete leggere sul nostro magazine

di Valeria Ronzani

Un singolare e curioso riconoscimento è stato attribuito a Tommaso Chimenti, critico teatrale e giornalista. Si chiama “Chilometri Critici” ed è stato ideato da Andrea Kaemmerle, direttore artistico del Teatro delle Sfide di Bientina e del Teatro Verdi di Casciana Terme, nonché del Festival “Utopia del Buongusto” e delle due ultime edizioni del “VolterraTeatro”, e organizzato dal Comune di Bientina, in provincia di Pisa, grazie al Sindaco Dario Carmassi e la delegata alla Cultura Beatrice Pagni.

Andrea Kaemmerle ha avuto l’idea di conferire un premio giornalistico basato sulla curiosità, elemento attitudinale principe di un critico teatrale, a chi in questi anni si è mosso, è andato, ha visto, e recensito, molto teatro non solo all’interno dei confini nazionali ma anche spaziando molto nei festival all’estero. Per Chimenti non è il primo premio teatrale: nel 2017 c’è stato il “Premio Carlos Porto” a Lisbona, nel ’18 l’“Istrice d’Argento” al Dramma Popolare di San Miniato, nel ’19 il “Premio per la Critica d’Arte” a Montalcino.

Facendo un rapido e sommario calcolo, negli ultimi tre anni, Chimenti, ha percorso, con auto, treni e aerei, per andare a vedere spettacoli e recensirli, migliaia di chilometri: 30.000 nella stagione ’16-’17 con il “Festival GIFT” a Tbilisi in Georgia, il “Festival de Almada” a Lisbona in Portogallo, il “Festival FIAMS” a Saguenay in Quebec in Canada, e altrettanti in quella successiva, ’17-’18 con, tra gli altri, la punta del Festival “Open Look” di San Pietroburgo; 60.000 chilometri nella scorsa stagione, ’18-’19, con i viaggi teatrali nuovamente al “FIAMS” canadese, al “MOT Festival” di Skopje, al “Festival Teatrul” di Cluj in Romania, al “Pierrot Festival” di Stara Zagora in Bulgaria. Il suo prossimo passo sarà imminente: a febbraio è stato invitato al “Fujairah International Festival Arts” negli Emirati Arabi.

Le parole e la motivazione del direttore artistico Andrea Kaemmerle: “Nasce a Bientina, nell’attivissimo e corsaro Teatro delle Sfide la prima edizione del premio di critica teatrale “Chilometri Critici”, l’intento è quello di incentivare e motivare chi (rara figura professionale) si accolla l’onere di andare a scovare spettacoli in giro per il mondo e di raccontarli ad un numero più alto possibile di persone. Un omaggio ai giornalisti che ancora fungono da enzima catalizzatore per artisti fuori dai riflettori televisivi o altri più facili trampolini di lancio. Se il motto di chi lavora è “Fare, Saper Fare, Saper Far Fare e Far Sapere”, proprio quest’ultimo passaggio del far sapere è sempre più complicato nell’oceano confuso della comunicazione. “CHILOMETRI CRITICI” ovvero “C.C.” è un premio per chi si mette su ruote e si sposta fisicamente per andare a vedere spettacoli, il vincitore (la giuria è l’intero staff di Guascone Teatro assieme a rappresentanti dell’amministrazione del comune di Bientina) è il giornalista che più ha viaggiato negli ultimi 365 giorni, che più ha scritto e raccontato il suo conoscere. Ovviamente non conta solo il chilometraggio, altrimenti vincerebbero i camionisti”.

Ecco la riflessione invece di Tommaso Chimenti: “Chi dorme non piglia pesci. O meglio, chi non va, chi non corre, chi non pedala, chi non cerca, sicuramente non trova. Rimane al palo. Che se stai a casa la vita ti passa da sotto gli occhi e non puoi far altro che osservarla. Bisogna andare, armi e bagagli, baracca e burattini, prendere e cominciare a scarpinare. Certo è più faticoso ma molto più stimolante. Fare chilometri, che siano in macchina, in treno, in aereo, a piedi. La funzione del critico non è, e non può essere quella di restare, di aspettare che le cose passino da sotto il naso, il critico deve andare a cercarsele, stanarle se necessario, annusarle, abbaiare alla Luna. Il critico deve andare proprio lì dove la produzione è nata, perché è il territorio che l’ha generata, che l’ha partorita, che l’ha stimolata. E quindi, armiamoci e partiamo.

Chilometri sulle caviglie, sui polpastrelli, sui polpacci, e alberghi e occhiaie. La vita del critico che si riflette, proprio perché la rispetta, in quella dell’attore. Ruoli e mestieri attigui, vicini, solidali. La valigia dell’attore diceva De Gregori, cantava Haber. Quella. Proprio quella, che è la stessa del critico. Il taccuino pieno di appunti incomprensibili, segni neri su un voglio vergine, un tempo bianco, pulito. Suggestioni, citazioni. Cronache aliene di un tempo sfuggente e difficilmente fermabile su un pezzo di carta bianco da sporcare. Chilometri sulle gambe, di borse e zaini, di letti sfatti sempre diversi e finestre su parcheggi e cemento. Atmosfere. Chilometri e incontri che danno il senso, tastano il polso, misurano la temperatura. Ritardi e stazioni periferiche, sale d’attesa dove pensare diventa un esercizio ginnico tanto l’intorno è ingombrante e denso. Chilometri che fanno un’autobiografia, momenti, passaggi su scapole e ossa, chilometri che sono tempo e lancette, tabelloni che si rincorrono e schermate luminescenti e tutti sotto con gli occhi in alto aspettando il Messia che indichi loro la retta via. Ritardi e coincidenze, prese e perse. Bisogna muoversi, che non basta più aspettare il cadavere che scorra sotto il nostro fiume. Prendere e spostarsi e andare lì dove le cose nascono, alla radice, alla fonte, alla nascita, che la genesi spiega molto meglio la sua evoluzione futura, il suo percorso, il suo svolgimento.

Essere corsari. Andare in trasferta, essere stranieri, lasciare le comfort zone. Mettere fieno in cascina. Correre. Sperimentare. Provare. Sbagliare. Sbagliare ancora, sbagliare meglio, diceva Samuel Beckett. Lottare con il tempo che bussa forte, il tempo che non ha tempo da perdere. E allora la quantità diventa qualità, diventa forza, diventa costanza, perseveranza. Non mollare è un’attitudine, stancante ma pur sempre sintomo di tenacia, di aggrapparsi al reale. Esserci, constatare, testimoniare con la propria presenza, con la propria penna, seppur virtuale. Veni, vidi, scribi. Andare, vedere, scrivere, questo è il diktat, questo il comandamento. Tradurre in parole gli occhi, le retine piene, gonfie di immagini, colme di colori, le orecchie sovrabbondanti di parole e suoni. Sentire la sedia sotto di noi, la penna nel nero del buio, la parola che scorre illeggibile per bloccare l’eterno dentro un attimo sfuggente. I chilometri danno il senso, il peso dell’esperienza, della conoscenza sul campo. Che cosa saremo senza curiosità? Persone a metà, critici senza penna”.

 

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